Censis: servizi per l’infanzia, Calabria al palo
Nel 2012-2013 solo il 54,6% dei Comuni italiani ha attivato servizi per l'infanzia, arrivando a coprire appena il 13,5% dei potenziali utenti. E' quanto emerge dal Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese, che ricorda come già nel 2002 l'Unione europea sul fronte dei servizi prescolari abbia individuato come obiettivi la copertura del 33% dei bambini sotto i 3 anni e del 90% per quelli dai 3 anni all'età d'ingresso nel ciclo primario.
In nessuna regione si raggiunge l'obiettivo comunitario e si va dal 27,3% dell'Emilia Romagna al 2,1% della Calabria. Il numero di posti disponibili nelle scuole dell'infanzia, statali, comunali e paritarie, è invece sufficiente a coprire la domanda, coinvolgendo ormai quasi la totalità degli aventi diritto, ma non senza criticità. I primi risultati di un'indagine Censis sull'offerta prescolare su 1.200 dirigenti di scuola dell'infanzia statale e non statale mostrano che nel 2013-2014, se il 56,6% delle scuole intervistate non ha dovuto predisporre liste d'attesa, più di una su tre ha avuto liste d'attesa, comunque via via assorbite dalla scuola (25,5%) o anche da altri istituti (7,4%). Vi è poi il 10,1% di dirigenti che dichiara di non essere riuscito in ogni caso a rispondere alla domanda espressa dal territorio di riferimento, valore che sale al 16,2% nelle regioni del Nord-Ovest.
Tra il 2008 e il 2013 gli iscritti alle universita' statali sono diminuiti del 7,2% e gli immatricolati del 13,6%. L'andamento decrescente ha interessato tutti gli atenei tranne quelli del Nord-Ovest, dove gli iscritti sono aumentati del 4,1% e gli immatricolati dell'1,3%. E' quanto si legge nel Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese, secondo cui nelle universita' del Nord-Est la contrazione dell'utenza e' stata piu' contenuta: -2,3% di iscritti e -5,9% di immatricolati. Al Centro invece il numero degli studenti iscritti si è contratto del 12,1% e quello degli immatricolati del 18,3% e al Sud dell'11,6% e del 22,5%. L'indice d'attrattività delle università sembra premiare non solo quelle del Nord-Ovest (da 3,9% nel 2008 a 8,6% nel 2013), ma anche del Nord-Est, che, sebbene abbiano ridotto l'utenza complessiva, hanno comunque accresciuto quella proveniente da fuori regione, passando dall'11% all'11,8%.
L'ulteriore contrazione dell'indice di attrattività degli atenei meridionali (da -21,8% nel 2008 a -22,8% nel 2013) sembra confermare la presenza di criticità strutturali note, a loro volta inserite nell'ambito di contesti territoriali segnati - scrive il Censis - da derive di sottosviluppo economico di lungo periodo. Il dato che invece sembra essere più allarmante è la caduta nei cinque anni di riferimento dell'indice di attrattività delle università del Centro Italia, che è passato da 21,8% nel 2008 a 12,4% nel 2013, marcando un'apprezzabile riduzione del capitale reputazionale di tali istituzioni. Aumenta inoltre l'incidenza delle tasse d'iscrizione sul totale delle entrate delle università: da un valore intorno all'11% dei primi anni 2000, le entrate contributive si attestano al 13% nel 2010, per poi raggiungere nel 2012 quota 13,7%. I dati disaggregati per ripartizione territoriale indicano una separazione netta nel tempo degli andamenti delle entrate contributive tra le università settentrionali da un lato, e quelle centrali e meridionali dall'altro. Le prime si pongono, infatti, al di sopra delle medie nazionali e oltre la soglia del 15% sia nel 2011, sia nel 2012; le seconde, invece, al di sotto. (AGI)