Fondi Ue. La Calabria potrebbe bruciare 1,9 mld di euro
"La spesa certificata è pari a 1,7 miliardi di euro. Restano da rendicontare all’Unione Europea ancora 974 milioni di euro fino al 31 dicembre 2015. Rilevanti criticità anche sul Piano di azione per la coesione". E' quanto E' quanto emerge dallo studio "Fondi europei. Calabria in default" realizzato dall'Istituto Demoskopika.
"Massiccio - continua la nota - il ricorso ai progetti sponda pari, ad oggi, a 646 milioni di euro. La perdita di risorse mette a rischio numerosi progetti che interessano alcuni settori “sensibili”: politiche sociali, lavoro, contrasto alla ‘ndrangheta, sviluppo economico, sanità, ambiente e lavori pubblici. Quattro le direttrici principali del ritardo nell’attuazione dei programmi comunitari: irresponsabilità politica, freni burocratici, assembleari conferenze dei servizi e una miriade di ricorsi.
La Calabria rischia di perdere ben 1,9 miliardi di euro di fondi comunitari. Attualmente, secondo i dati aggiornati al 31 dicembre 2014 dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica e a seguito della riprogrammazione legata al Piano di Azione per la Coesione, le spese certificate dall’Unione Europea, a valere sui fondi Fesr e Fse, ammontano a 1,7 miliardi di euro pari al 63,8% della dotazione complessiva di 2,7 miliardi di euro. Ciò significa, in valore assoluto, che la Regione Calabria ha tempo fino al 31 dicembre del 2015 per certificare i rimanenti 974 milioni di euro, pena il disimpegno automatico per il periodo 2007–2013. A questo tesoretto vanno aggiunte tra le risorse a rischio anche quelle riallocate nelle varie fasi di riprogrammazione del Piano di Azione per la Coesione pari complessivamente a 897 milioni di euro. É quanto emerge dallo studio “Fondi europei. Calabria in default” realizzato dall’Istituto Demoskopika.
"Bene ha fatto il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio – dichiara il presidente dell’Istituto Demoskopika, Raffaele Rio – a ribadire, nei giorni scorsi, la massima attenzione per evitare il disimpegno delle risorse comunitarie. Adesso, però, oltre alla delibera della Giunta regionale che sarà esecutiva soltanto a seguito dell’approvazione del Consiglio regionale, è obbligatorio procedere a passo spedito e concreto poiché a rischio, oltre ad un miliardo di fondi europei, ci sono anche altri 900 milioni di euro del Piano di azione per la coesione. Un’operazione che, nata per accelerare l’attuazione della programmazione 2007-2013, corre il concreto pericolo, ad oggi, di imboccare la stessa via della disattenzione. Come dire che al danno del ritardo accumulato si aggiungerebbe la beffa del mancato o parziale impiego delle risorse finanziarie in dotazione al piano di azione per la coesione. È bene chiarire, infine, – conclude Raffaele Rio - che per ridurre il disimpegno automatico di una parte consistente dei fondi europei si continua ad abusare dell’artificio contabile dei progetti sponda a totale discapito del valore aggiunto che i progetti comunitari dovrebbero avere sul territorio in termini di rilancio economico e sociale".
Il borsino dei fondi strutturali: Fesr al 59,7% e Fse al 75,8%. La spesa complessiva certificata all'Unione Europea al 31 dicembre 2014 è pari a 1.715 milioni di euro, con un incremento di 342 milioni di euro rispetto alla precedente scadenza intermedia del 31 ottobre 2014 e di 510 milioni di euro dall’inizio dell’anno. Il target di spesa comunitario è stato raggiunto sia per Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) che per il Fondo Sociale Europeo (FSE). Analizzando il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale emerge, in particolare, che la quota di spesa certificata dalla Regione Calabria all’Unione Europea è del 59,7% pari a 1.192 milioni di euro, valore di poco superiore sia al target comunitario che a quello nazionale (58,9%). Una performance che colloca la Calabria al terzo posto tra le Regioni dell’Obiettivo Convergenza che riguarda le realtà regionali il cui prodotto interno lordo pro capite è inferiore al 75% della media dell’Unione Europea allargata. Ad ottenere un tasso di realizzazione migliore la Puglia (75,3%) e la Basilicata (72,8%). Sul versante opposto la Sicilia e la Campania rispettivamente con un risultato pari al 56,5% e al 55,7%.
Spostando l’attenzione sul tasso di realizzazione del programma legato al Fondo Sociale Europeo, si registra una spesa certificata di 523 milioni di euro pari al 75,8% della dotazione complessiva. Meglio della Calabria soltanto la Basilicata con un risultato pari all’82,4%.
Ora, il governo regionale ha tempo fino alla fine dell’anno in corso per certificare i rimanenti 974 milioni di euro scongiurando la perdita delle risorse per il periodo 2007-2013.
Artifici contabili: ben 646 mln di euro di progetti sponda per ridurre la “mannaia europea”. Ad oggi, ogni 100 euro di spesa certificata dalla Regione Calabria all’Unione Europea nel periodo 2007-2013, circa 40 euro hanno poco a che fare con la programmazione dei fondi comunitari. Dai dati disponibili, infatti, il massiccio ricorso ai progetti retrospettivi ammonta a poco meno di 646 milioni di euro pari al 37,6% sul totale della spesa certificata al 31 dicembre 2014. Si consolida, dunque, a l’impiego “senza misura” dei cosiddetti “progetti sponda” che hanno cambiato denominazione in “progetti retrospettivi” ma la cui sostanza non cambia: per ridurre il disimpegno automatico di una parte rilevante delle risorse comunitarie, anche la Regione Calabria, con il tacito consenso dell’Unione Europea, usa fondi statali o regionali per rendicontare spese “spacciate” come risultato dell’attuazione di programmi finanziati precedentemente con fondi europei e, quindi, per ottenere nuovi fondi sotto forma di rimborsi comunitari.
Il sistema dei progetti sponda consiste, di fatto, in un artificio contabile che permette di creare una base di risorse da cofinanziare con i fondi europei e di rendicontarne la spesa nei termini richiesti dalla Commissione Europea. Tali fondi possono, quindi, essere utilizzati in maniera discrezionale dalle amministrazioni regionali che li ottengono e non necessariamente riutilizzati per cofinanziare progetti europei. In altri termini, si crea un tesoretto che può servire a riattivare canali di spesa svincolati dai controlli e dalla rendicontazione utilizzata per i fondi europei e che avrebbero dovuto imporre trasparenza.
Piano di azione per la coesione: senza agenda politica, a rischio 900 mln di euro. La riprogrammazione dei fondi comunitari transitati dal Por Calabria 2007-2013 al Piano di azione per la coesione ammonta a ben 923 milioni di euro. Ma procediamo con ordine: cosa è il Piano di azione per la coesione, in acronimo diffuso “PAC”? Si tratta di uno strumento avviato nel 2011, d’intesa con la Commissione Europea, per accelerare l’attuazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali per il 2007-2013, per rafforzare l’efficacia degli interventi e per avviare nuove azioni da riprendere nella programmazione per il 2014-2020. Un impegno preciso, definito e attuato attraverso fasi successive di riprogrammazione, mirato a rilanciare i programmi comunitari in forte ritardo.
In Calabria, il Piano di azione per la coesione ha aderito ad alcune fasi, le più rilevanti delle quali riguardano la terza fase pari a 377 milioni di euro e la quarta fase per 546 milioni di euro.
Sulla terza fase pesa l’ultimatum imposto dalla Legge di stabilità per il 2015: se al 30 settembre 2014 non risultano risorse impegnate sui Piani di azione per la coesione delle Regioni, i fondi verranno assorbiti dallo Stato centrale "al fine di promuovere forme di occupazione stabile". La norma, attualmente vincolante, prevede che "ai datori di lavoro è riconosciuto, per un periodo massimo di trentasei mesi, l’esonero del versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua».
Un articolato legislativo che pesa come un macigno sulla Regione Calabria che, secondo l’ultima informativa sullo stato di attuazione del Piano di azione per la coesione presentata dall’amministrazione regionale al Comitato di Sorveglianza lo scorso 24 giugno 2014, avrebbe maturato impegni giuridicamente vincolanti al 31 dicembre 2013 per poco più di 26 milioni di euro a fronte di una dotazione complessiva pari a 377 milioni di euro e perdendo, di fatto, oltre 350 milioni di euro. Una “rinuncia forzata” dal sapore amaro poiché a farne le spese sarebbero numerosi progetti in diversi settori vitali per il rilancio economico e sociale del tessuto calabrese tra i quali il “rifinanziamento del credito d’imposta per occupati svantaggiati e molto svantaggiati” (25 milioni di euro), il “sistema di incentivazione alle imprese regionali per sostenere gli investimenti e il riequilibrio finanziario” (8 milioni di euro), gli “aiuti alle persone con elevato disagio sociale” (5 milioni di eruo), la “creazione di una rete di accoglienza abitativa e di inclusione sociale nelle aree urbane per i lavoratori immigrati e per le loro famiglie” (13,9 milioni di euro), il “progetto Case della Salute” (67,5 milioni di euro).
Spostando l’attenzione sulla quarte fase del Piano di azione per la coesione, il quadro attuale, pur in assenza di scadenze, necessita di una concreta accelerazione considerata l’importanza strategica della riprogrammazione che prevede una ghiotta dotazione complessiva di ben 546 milioni di euro e che potrebbe incorrere, nella prossima Legge di stabilità, negli stessi vincoli normati per il 2015 ed essere assoggettata al sistema di monitoraggio del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze. In altri termini, le prossime disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2016) potrebbero sancire la scadenza degli impegni al 30 settembre 2015. Per scongiurare la perdita degli oltre 546 milioni di euro, il Governo regionale deve immediatamente verificare, da una parte, l’effettiva cantierabilità dei progetti attualmente inseriti nella quarta fase del Piano di azione per la coesione e, in caso di impossibilità attuativa, riprogrammare, dall’altra parte, le risorse finanziarie su altri progetti. Un processo tanto delicato quanto complesso sia per i tempi ristretti sia per le decisioni da assumere prima dell’invio della proposta dettagliata al Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica.
A rischiare, in questo caso, altri progetti di importanza strategica quali, ad esempio, l’attuazione del Piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, i contratti locali di sicurezza e la seconda manifestazione di interesse sui Beni confiscati alla mafia, la realizzazione del servizio informativo sanitario regionale, gli interventi per la riduzione dei consumi energetici nelle imprese localizzate nell’area industriale Rosarno-Gioia-San Ferdinando facenti parte dell’Accordi di programma quadro (APQ) di Gioia Tauro. E, inoltre, il Grande progetto sulla nuova aerostazione di Lamezia Terme, la Gallico-Gambarie e l’ultimazione dei lavori della Trasversale delle Serre (SS182)".
La cause del ritardo: irresponsabilità politica, freni burocratici, assembleari conferenze dei servizi e una miriade di ricorsi. I dati esaminati non lasciano spazio a dubbi: la Regione Calabria è a rischio default per l’incapacità di programmare spesa comunitaria. Alla scadenza del 31 dicembre 2015 va certificato ancora circa il 40% dei fondi comunitari in dotazione al Por Calabria per le annualità 2007-2013. Ma quali sono le cause principali del ritardo accumulato? Demoskopika ha provato ad individuarne alcune sulla base della documentazione e dei dati elaborati.
In primo luogo, l’incapacità della maggioranza di turno al governo regionale di mantenere o consolidare ciò che di proficuo è stato realizzato innescando un circuito perverso: ogni cambio di maggioranza rallenta o cancella irresponsabilmente tutto ciò che è stato messo in campo dall’avversario politico.
In secondo luogo, la “burocrazia esperta e consolidata” che produce scientificamente tempi biblici dalla pubblicazione del bando, alla graduatoria dei beneficiari fino all’erogazione dei fondi fino ad arrivare alla certificazione della spesa e, in qualche caso, incapace di governare la complessa macchina dei fondi comunitari.
A seguire, ancora, tra le motivazioni indicate figurano le spesso inutili Conferenze dei servizi con assembleari tavoli di partenariato (associazioni di categoria, enti locali, organizzazioni sindacali, etc.) che impiegano tempi irragionevoli prima di trovare un accordo o condividere un documento di programmazione. Infine, ma non per importanza, gli innumerevoli ricorsi dei soggetti esclusi dalle graduatorie di un avviso pubblico che spesso paralizzano la “filiera” della spesa comunitaria.