Confesercenti invita alla vigilanza su Home restaurant
“Il Ministero dello sviluppo economico, rispondendo al quesito posto da una Camera di commercio, che chiedeva informazioni inerenti l’apertura e la gestione di un’attività che si caratterizza per la preparazione di pranzi e cene presso un domicilio privato in giorni dedicati e per poche persone, trattate come ospiti personali ma paganti, ha emesso una Risoluzione (n. 50481, del 10 aprile 2015) che attualmente offre l’unica possibile chiave di lettura del fenomeno “home restaurant” dal punto di vista del trattamento giuridico”. È quanto sostiene Confesercenti Raggio Calabria.
“Il MISE ricorda che la legge 25 agosto 1991, n. 287, sulla disciplina della somministrazione di alimenti e bevande, così come modificata dal D. Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i.., distingue tra attività esercitate nei confronti del pubblico indistinto (art. 1) e attività riservate a particolari soggetti (art. 3, comma 6). Detta legge, all’art. 1, comma 1, dispone in particolare che “per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto” che si esplicita in “… tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati”.
Ad avviso del Ministero, l’attività, anche se esercitata solo in alcuni giorni dedicati e tenuto conto che i soggetti che usufruiscono delle prestazioni sono in numero limitato, non può che essere classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto, sebbene i locali in cui i prodotti vengono preparati e serviti siano privati, sono comunque locali attrezzati aperti alla clientela.
Non si può infatti parlare che di clientela, dal momento che la fornitura delle prestazioni comporta il pagamento di un corrispettivo e, quindi, “anche con l’innovativa modalità, l’attività in discorso si esplica quale attività economica in senso proprio”; di conseguenza, essa “non può considerarsi un’attività libera e pertanto non assoggettabile ad alcuna previsione normativa tra quelle applicabili ai soggetti che esercitano un’attività di somministrazione di alimenti e bevande”.
A parere del MISE, considerata la modalità con la quale i soggetti interessati intendono esercitare, devono applicarsi le disposizioni di cui all’art. 64, comma 7, del D. Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i.. Ciò significa che, previo possesso dei requisiti di onorabilità nonché professionali di cui all’articolo 71 del D. Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, detti soggetti sono tenuti a presentare la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) o a richiedere l’autorizzazione, ove trattasi di attività svolte in zone tutelate.
La nota è stata inviata ai Ministeri dell’Interno e delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, nonché alla Regione interessata, al fine di conoscere le eventuali determinazioni al riguardo, ma, fino a diverse indicazioni fornite dalle autorità competenti, essa rimane l’unica linea di indirizzo applicabile per i Comuni e gli interessati all’avvio di un’attività di “home restaurant”.
In definitiva, in linea con quanto affermato dal Ministero, per avviare un’attività di “home restaurant” occorrerà: presentare i requisiti di onorabilità per l’esercizio di un’attività di somministrazione di alimenti e bevande; acquisire i requisiti professionali per la somministrazione di alimenti e bevande; presentare una SCIA o, per le zone tutelate soggette a programmazione, una richiesta di autorizzazione”.
A parere della Confesercenti, “si dovrebbe aggiungere che, trattandosi di attività a tutti gli effetti disciplinata dalle norme in materia di somministrazione di alimenti e bevande, l’interessato dovrebbe anche rispettare la normativa urbanistico edilizia e quella igienico-sanitaria. E ciò porta con sé anche che, fino ad un’eventuale diversa disciplina, l’attività andrebbe considerata attività d’impresa, con l’obbligo di iscrizione al Registro delle imprese e gli adempimenti di tipo fiscale e contributivo. In mancanza, l’attività esercitata dovrebbe essere considerata abusiva, con l’applicazione delle consequenziali sanzioni.
Ci si rende conto che, nella pedissequa applicazione di tale interpretazione, l’esercizio di un home restaurant quale attività che sfugge alle norme di settore della somministrazione di alimenti e bevande sarebbe impossibile: ma la conseguenza è inevitabile, se chi intende svolgere l’attività in questione lo fa con caratteristiche che travalicano l’aspetto di un’occasionalità episodica, realizzando piuttosto un business in diretta - e sleale - concorrenza con le imprese che tale attività svolgono professionalmente e nel rispetto di regole stringenti e onerose”.