Corigliano, Geraci e Fini a confronto sull’immigrazione
Parlare di integrazione in uno scenario globale che, anche a causa del terrorismo di matrice jiadista, muta contorni e prospettive ogni giorno, significa affrontare inevitabilmente una questione molto complessa di non facilissima soluzione.
E sulla quale serve, da parte di tutti, istituzioni in primis, massima sobrietà sia nell'analisi, sia nelle decisioni. Lo stesso dibattito nazionale ed europeo sul cosiddetto jus soli (rimesso in discussione anche in Usa) va affrontato tenendo in debita considerazione l’altrettanto importante questione della definizione, della tutela e della condivisione dell’identità e dei valori propri e fondanti dei territori destinatari di flussi migratori. Altrimenti uno dei rischi possibili e paradossali che si corre è quello che a dover integrarsi, nelle dinamiche del necessario governo dei sempre più imponenti ed ingestibili fenomeni migratori, si ritrovino ad essere soltanto le comunità accoglienti.
È quanto ha affermato il sindaco Giuseppe Geraci intervenendo ieri, mercoledì 25, all’incontro di studio con Gianfranco Fini promosso dall’Università della Calabria, sul tema dell’emigrazione e dell’integrazione. Moderati dal giornalista Attilio Sabato, hanno portato il loro contributo anche la docente Unical Rossana Adele Rossi, il ricercatore Giancarlo Costabilee Ciro Palmieri. Le conclusioni sono state affidate a Gianfranco Fini.
"Il Comune di Corigliano – ha ricordato il primo cittadino – è stato e rimane doppiamente interessato dalla questione. Da una parte, la comunità convive da decenni con un numero d’immigrati cospicuo; dall’altra, il Comune, essendo sede di porto di dimensioni e posizione strategiche, ha già ospitato 5 operazioni di sbarchi nell’arco di 8 mesi, da gennaio 2015. - Sono 1600 gli immigrati registrati all’anagrafe; ma - ha chiarito - il numero reale dei migranti sul territorio coriglianese supera le 2000 presenze. - Dai primi magrebini che si stabilirono a Corigliano intorno alla metà degli anni ’70, abbastanza integrati; alla presenza dei nuovi migranti provenienti per lo più dai paesi dell’Est con i quali, in termini di sicurezza, la situazione ha oggettivamente assunto connotati più preoccupanti. E poi il fenomeno grave della prostituzione d’immigrate soprattutto sul tratto coriglianese del SS 106.
GERACI ha spiegato come il problema riguardi da vicino, anche da un punto di vista delle strutture e dell'ordine pubblico, la Città di Corigliano ed il territorio circostante. - Il Primo Cittadino si è quindi detto d’accordo con chi sostiene la necessità di estendere lo jus soli, ma a condizione però - ha scandito - che si equilibri questo approccio con una intensificazione del contrasto all'immigrazione selvaggia e clandestina. Non ci può muovere in una sola direzione. Soprattutto dopo i recenti fatti di Parigi non possiamo cedere in nessun caso alla tutela della massima sicurezza e serenità delle nostre comunità. Ed anche alla difesa della nostre identità.
Nel corso del suo articolato intervento il Presidente FINI ha sottolineato la necessità di preferire sul tema un approccio che parta dalla profonda conoscenza della Storia. A partire da quella di una nazione, quella italiana, che ha vissuto emigrazione ed integrazione. Al di là della crisi che viviamo - ha detto - l'Europa nel resto del mondo viene comunque interpretata ed ambita, attraverso i social, come l'Eldorado. La Legge Bossi-Fini - ha proseguito - è ormai superata, atteso l'aumento dei Paesi dai quali si emigra ed il numero di quelli ulteriormente destabilizzatisi di recente, a dimostrazione - ha spiegato - che la democrazia non nasce con la caduta di una tirannia.
Pertanto - ha argomentato - o la risposta a quanto sta accadendo è europea o non vi sarà risposta. La vera sfida culturale resta far percepire come patria (concetto diverso dal nazionalismo) anche una terra che non è quella dei propri padri, stimolando e praticando una adesione sostanziale ai valori fondanti ed ai tratti distintivi della cultura dei paesi ospitanti. Rispetto - ha concluso FINI - alla evidente crisi del multiculturalismo britannico e dell'assimilazionismo francese (approcci figli delle due rispettive importanti esperienze coloniali) proviamo ad affermare un modello italiano di integrazione. Ecco perché parlerei di jus culturae più che di jus soli.