Calabria sempre più vecchia e in crisi, Confartigianato: pronti a intervenire
Dai dati Istat e di altri centri di indagine, si rileva una situazione generale molto preoccupante che è l’esempio lampante di una situazione socio-economica difficile; in Calabria purtroppo queste condizioni negative sono poi ulteriormente evidenti.
Al 1° gennaio 2016 la popolazione in Italia è di 60 milioni 656 mila residenti (-139 mila unità). Gli stranieri sono 5 milioni 54 mila e rappresentano l'8,3% della popolazione totale (+39 mila unità). La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55,6 milioni, conseguendo una perdita di 179 mila residenti. In funzione del livello di reddito, le famiglie italiane sono praticamente separate in due metà uguali.
E’ possibile affermare infatti che il 50% delle famiglie residenti in Italia ha percepito un reddito non superiore a 24.310 euro (2.026 euro al mese). I redditi mediani più elevati si osservano per le famiglie settentrionali. Quasi la metà dei residenti nel Sud e nelle Isole (45,6%) è a rischio di povertà o esclusione sociale, contro il 22,1% del Centro e il 17,9% di chi vive al Nord. In tutte le Regioni del Mezzogiorno i livelli di povertà arrivano al 50% e sono superiori alla media nazionale, viceversa i valori sono molto più contenuti nel nord est.
In questa situazione, spiegano da COnfartigianato, "Il Mezzogiorno d’Italia e la Calabria in particolare rischiano un vero default, paradossalmente nel silenzio assordante della politica che evidentemente ritiene di fare altro. Una considerazione veramente deprimente nel mentre quotidianamente riceviamo note stampe, dichiarazioni positive che nel concreto contrariamente a come pensano gli estensori, stanno diffondendo una sfiducia difficile da recuperare se la situazione non viene stravolta veramente in positivo".
Purtroppo da un approfondimento dei dati a disposizione dell'associazione artigiani sull'occupazione e povertà della nostra popolazione, "la prima cifra che dovrebbe far riflettere profondamente un po’ tutti è un dato che a ben vedere molti stanno sottovalutando: ci riferiamo in particolare alle rilevazioni sulla povertà assoluta che è raddoppiata, infatti se dal 2005 al 2008 i poveri assoluti in Italia non raggiungevano i due milioni di persone, nel biennio 2013-2014 si sono superati i 4 milioni. In particolare la povertà assoluta sul totale è passata dal 2008 al 2013 dal 2,7% al 5,6% nel Centro-Nord, e dal 5,2% al 10,6% al Sud. Secondo tali medie, in Sicilia sono a rischio povertà oltre 4 persone su 10, in Calabria 5 su dieci. Nelle altre regioni del Mezzogiorno sono a rischio oltre il 30% dei cittadini con i campani che raggiungono invece il 37%. Una condizione generale da rabbrividire a cui si aggiungono le situazioni negative di mortalità e nascite quasi evanescenti se non ci fossero gli extra comunitari".
Se non saranno adottate misure speciali, sia sostenendo le Famiglie per aumentare le nascite e curarsi come dovuto, sia per poter dare la possibilità a tutti di lavorare sul territorio nazionale alle stesse condizioni, spiegano sempre da Confartigianato, il tessuto produttivo calabrese rischia di non raggiungere mai quelle condizioni tali da permettere innovazione, crescita e miglioramento delle condizioni socio-economiche.
Confartigianato Imprese KR e CZ e il Centro Studi si dicono pronti a fare la loro parte. "Certo - affermano - non è possibile continuare su questo trend che potrebbe far esplodere una situazione socio-economica molto pericolosa. Ultimo dato tanto, a fini di esaustività: Una persona su quattro rischia l’esclusione sociale; non possono permettersi un pasto a base di carne o pesce ogni due giorni o una spesa imprevista di 800 euro. I mezzi ordinari non sono più sufficienti, crescere una famiglia in estrema povertà alimenta un altro fenomeno come la solitudine che crea comunque altre situazioni negative di cui non possiamo far finta di niente".
Per l'associazione, pertanto, è necessario che tutti i settori strategici dei servizi sociali e di produzione (Sanità, Mobilità, Rifiuti, Credito alle Famiglie e Imprese) abbiano le giuste risorse per cercare di risollevarsi da questo baratro. Situazioni gravissime si registrano, infatti, nella sanità, nei rifiuti, nella depurazione, nel porto di Gioia Tauro, nella mobilità (quasi isolati dal reto del Paese), per i fondi comunitari e per la solita burocrazia super devastante. Non parliamo poi del credito, di imprese e di lavoro autonomo e dipendente. Non vogliamo essere catastrofisti ma qui occorre che tutti, dal mondo finanziario, alle istituzioni, alla politica abbiano veramente contezza di queste difficoltà, le nostre famiglie e le imprese sono veramente con le spalle al muro.
Vanno poi considerate per il 2015, 136 mila unità in meno per acquisizioni della cittadinanza italiana, una posta di bilancio che aumenta anno dopo anno (29 mila nel 2005, 66 mila nel 2010) da mettere in relazione al progressivo aumento della popolazione straniera residente. Infine, tra le quote in uscita che riguardano la popolazione straniera è da segnalare la cancellazione per altri motivi(prevalentemente motivi di irreperibilità) di circa 139 mila individui, ossia di soggetti di cui a una popolazione straniera che aumenta, anche se non di molto rispetto al recente passato, si contrappone, come accade stabilmente da oltre un decennio, una riduzione della popolazione di cittadinanza italiana, scesa a 55,6 milioni di residenti al 1° gennaio 2016. La perdita netta rispetto all’anno precedente è pari a 179 mila residenti. Nel caso dei cittadini italiani, il calo è dovuto al saldo naturale negativo (-221 mila unità), al saldo migratorio netto con l’estero anch’esso negativo (-72 mila) e alle poste migratorie interne e per altri motivi, sempre con segno meno (-21 mila). Tali diminuzioni sono compensate solo in parte dalle acquisizioni di cittadinanza italiana (136 mila). 2015, si è rilevato è l’anno del picco di mortalità
Il 2015 è stato caratterizzato da un significativo aumento dei decessi che ha messo in allarme sia gli operatori del settore (medici, epidemiologi, demografi) sia i media. Nel complesso, i morti stimati sono 653 mila, ben 54 mila in più rispetto al 2014 (+9,1%).
L’andamento dei morti per mese nel 2015 evidenzia un costante incremento sul 2014. La variazione relativa è particolarmente accentuata nei mesi freddi e caldi. In particolare nei mesi di gennaio, febbraio e marzo si riscontrano incrementi rispettivamente del 10,4%, 18,9% e 14%. Nei mesi estivi, invece, l’incremento è del20,3% a luglio e del 13,3% ad agosto. Il quadro complessivo del 2015 appare tuttavia meno eccessivo se confrontato con il 2012, anno in cui in complesso i decessi sono stati 612.883 (19.481 in più rispetto al 2011, +3,3%) mentre nel 2013 sono stati 600.744 (-12.139 rispetto al 2012, -2%) e nel 2014 sono stati 598.364 (-2.380 rispetto al 2013, -0,4%). In Calabria si registrano 1139 morti in più dovuti probabilmente a quella incapacità economica a potersi curare come dovuto per mancanza di risorse e di un sistema sanitario non consono alle nostre esigenze.
Per quanto riguarda le nascite nel 2015 sono state 488 mila (-15 mila) a livello nazionale , nuovo minimo storico dall’Unità d'Italia. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. L'età media delle madri al parto sale a 31,6 anni. La Provincia di Bolzano, invece, rappresenta l’unica realtà del territorio nazionale nella quale la natalità si mantiene ancora superiore alla mortalità (+1,9 per mille). In generale, il Nord presenta una fecondità superiore (1,41) a quella del Centro (1,33) e del Mezzogiorno (1,29).La Calabria registra una minima diminuizione delle nascite ma il tutto è dovuto alla presenza di extra comunitari che mantengono la Regione nelle percentuali precedenti che comunque sono pur sempre negative ( più morti che nascite). In sintesi una Regione dove si muore di più e si nasce di meno, quale ricetta per migliorare questa situazione negativissima?
"E’ evidente che se non invertiamo la rotta entro una decina di anni - concludono da Confartigianato - la Calabria diventerà una Regione di soli anziani con le conseguenze socio economiche immaginabili e indescrivibili".