San Francesco da Paola, la lettera dei vescovi: “corruzione, denunciate il male”
“Dio vi aspetta a braccia aperte”. Questo il titolo della lettera pastorale che i vescovi calabresi rivolgono a tutti i fedeli della regione in occasione del VI centenario della nascita di San Francesco di Paola, patrono della Calabria. I vescovi presentano il Santo di Paola come esempio e proposta di misericordia ricordando che San Giovanni XXIII, nel proclamarlo patrono della Calabria lo definì “Luce della Calabria”: egli – scrivono i presuli – “ha irradiato luce con la sua vita, muovendosi nella società del suo tempo come costruttore di speranza e di giustizia tra i più poveri; costruttore di pace tra le nazioni; promotore e profeta di conversione all’interno della Chiesa”.
I vescovi della nostra regione ricordano il patrono coniugando in vari modi il termine misericordia nella sua vita e come messaggio alla nostra terra che va amata come l’ha amata San Francesco di Paola che a “malincuore” ha lasciato la regione per andare in Francia, dove poi è morto, su ordine del Papa.
Poi ricordano i due Sinodi sulla famiglia degli ultimi due anni che hanno richiamato l’attenzione, in questo momento di “grave crisi di valori”, sull’importanza “nel piano di Dio” della famiglia, fondata sull’amore tra uomo e donna e aperta al dono della vita”. Da qui l’invito ai genitori ad impegnarsi “fortemente nella trasmissione della fede”, per offrire ai figli “il vero volto di Dio, che è amore misericordioso; e per educarli ad una cultura di misericordia e di carità. Abituateli allo spirito di fraternità e alla condivisione sin dalla più tenera età; non cedete alla cultura consumistica, che trasforma l’amore in uno sforzo di far affogare i figli in beni di consumo, che non riempiono mai il cuore, anzi generano nuovi disagi”.
In questo anno giubilare i vescovi calabresi invitano a “riscoprire il valore della preghiera che ci apre alla comunione con Dio” e a “scoprire la grazia di tutti i sacramenti, desiderati come partecipazione alla vita di Cristo e non solo come ossequio alla nostra tradizione cattolica”. I pastori della Calabria ricordano, quindi i “troppi scandali, troppe incoerenze, troppi errori, troppe connivenze” che hanno offuscato il volto della Chiesa e le hanno “tolto alcune volte anche la credibilità”: la Chiesa – scrivono nella lettera – “esige sequela di Gesù, impegno concreto nella vita personale e in quella sociale. Essa non può tollerare altri scandali, anche se questi, purtroppo, hanno accompagnato e accompagneranno sempre la vita di ogni istituzione a causa della fragilità umana. Dobbiamo essere misericordiosi verso la nostra Madre Chiesa, non tollerando il peccato, ma distruggendolo, e tuttavia offrendo una possibilità di perdono ai peccatori”. Da qui l’invito al perdono e alla riconciliazione: “con l’odio e la vendetta non si costruisce né una famiglia, né una società serena e tranquilla, e né si crea benessere. Noi calabresi non dobbiamo dimenticare le faide, che hanno insanguinato tanti nostri paesi, creando morti, paure, fughe dai propri territori d’origine. Non possiamo permettere che ciò si ripeta”.
Quindi i vescovi invitano, sull’esempio di San Francesco di Paola, a denunciare il male: “spirituale, morale, sociale, politico, economico”. “In questo Giubileo della misericordia, l’amore che portiamo al bene comune e alla nostra terra, la speranza di un futuro diverso, da realizzare anche mediante oculate scelte politiche, economiche e amministrative – si legge ancora nella lettera - ci liberi finalmente dalla paura della ‘ndrangheta e da ogni altra forma di oppressione fisica e morale! Evitiamo ogni forma di collusione con il male, educhiamoci al coraggio della verità e a denunciare ogni forma di peccato presente in mezzo a noi, soprattutto la corruzione, i condizionamenti, le estorsioni e le minacce dei mafiosi. Sarà un atto prezioso di misericordia verso la comunità religiosa e civile”. E ricordando San Francesco che mette al centro il rispetto per la dignità della persona umana, anche di chi ha sbagliato, i vescovi sottolineano l’importanza di “accostarsi al colpevole con lo stile di Gesù, che si è accostato alle nostre debolezze con pietà e compassione, sino a condividere lo stesso dolore e la stessa afflizione”.
Quindi un pensiero “affettuoso a tutti i carcerati” con l’invito “a fare tesoro della grazia del Giubileo per un sincero ritorno a Dio, attraverso il pentimento per il male liberamente commesso, la disponibilità al risarcimento dei danni inferti alla società, la promessa di una vita rinnovata” e l’incoraggiamento ai collaboratori di giustizia a “continuare su questa strada di presa di distanza dall’omertà e dal silenzio, che è una prova concreta, dinanzi alla società, della loro volontà di cambiamento e di riabilitazione”. Per i vescovi la misericordia deve avere “un riscontro anche sociale, economico e politico”: la fede nella misericordia chiede “anche a noi di prendere posizione dinanzi ai problemi sociali” a partire dalla formazione delle “coscienze morali, attraverso la normale catechesi in famiglia e in parrocchia, ma anche le varie scuole di teologia, di politica, di dottrina sociale…presenti un po’ in tutte le Diocesi”.
I vescovi ricordano quindi tre ambiti particolari: “la questione del lavoro, la corruzione politica, la piaga della ‘Ndrangheta. Essi – scrivono - metteranno alla prova la verità della nostra volontà di rinnovamento di vita e di adesione al Vangelo, che farà ripartire con certezza la nostra Regione su basi di una speranza raggiungibile e realizzabile. Saranno tre banchi di prova per l’esercizio della nostra misericordia” sottolineando che la “mancanza di lavoro nella nostra Regione è una piaga”: “Se ancora una volta denunciamo una politica cieca in tal senso e imploriamo rimedi normativi ed economici ormai improcrastinabili, dobbiamo anche richiamare l’attenzione di tutti sul fatto che le occasioni di lavoro possono essere create, senza aspettare i miracoli dall’alto e sfruttando al massimo le possibilità che ci sono offerte dal nostro territorio, rinnovando il nostro modo di affrontare il problema del lavoro e guardando alle potenzialità e alle risorse della nostra terra”.
La corruzione, poi, è “una delle componenti del mancato sviluppo della nostra Regione”: “dobbiamo reagire con fermezza e coraggio e S. Francesco di Paola è per noi di esempio in questo Giubileo della misericordia. Abituiamoci a non premiare con il nostro voto politico o amministrativo chi ha mal governato o ha dato prova di corruzione nella gestione della cosa pubblica. Vogliamo approfittare di ritornare a richiamare l’attenzione della politica sulla situazione sanitaria regionale, specialmente quella delle Case di accoglienza di tutte le forme di disabilità. Hanno superato già da tempo il limite della sopportazione”.
E poi la “piaga” della ‘ndrangheta: “anche per gli uomini e le donne di ‘Ndrangheta esiste un progetto di misericordia da parte di Dio e della Chiesa”, evidenziano i presuli sottolineando che questa misericordia, così come per tutti i credenti, “non può essere banalizzata e ridotta a gesti meramente devozionali, che non costano nulla: attraversamento della porta santa e bacio del Crocifisso, processioni e forme devozionali. C’è bisogno di questo, ma soprattutto di altro, di più sostanzioso: c’è bisogno del cambiamento radicale di vita, della richiesta di perdono e della giusta riparazione. E non bisogna avere paura di fare tutto questo: la Chiesa attende e accompagna lentamente chi vuole convertirsi, ascoltare l’appello del Padre misericordioso, conducendolo per mano attraverso tappe, piccole ma efficaci”.
I vescovi della Calabria chiedono a tutti “di tornare ad amare la nostra cultura e le nostre tradizioni, i nostri tesori d’arte, e di rispettare la natura, dataci da Dio” e invitano a combattere “ogni forma di violenza contro l’ambiente, ogni abuso edilizio, ogni abuso agricolo e tecnico. Non si sciupi l’acqua potabile, il grande dono di natura che ancora possediamo. Non si avveleni il sottosuolo con versamenti criminali di rifiuti, anzi si agisca per il riuso, il riciclo, la riqualificazione di ogni tipo di rifiuto” mentre ai politici chiedono che “impostino un serio e articolato programma di sviluppo economico e sociale, creando lavoro per i nostri giovani, nel rispetto del bene comune, contro ogni forma di clientelismo”. “Esortiamo – concludono - chi ha responsabilità educativa, anche nella Chiesa, ad intensificare gli sforzi, perché formando ragazzi e giovani ai valori e agli ideali alti e nobili e trasmettendo amore alla cultura e al bello di ogni tipo, possiamo sperare di avere domani cittadini più maturi e legati maggiormente alla nostra terra e alle sue ricchezze”.
La lettera si chiude con l’invito a “non banalizzare” la fede e a non vivere il Giubileo “compiendo solo alcuni gesti formali ed esteriori con i quali cerchiamo, ma inutilmente, di tenere buone le nostre coscienze”. E poi una preghiera a San Francesco con la richiesta di intercedere per la Chiesa calabrese “affinché mostri sempre un volto senza macchia né ruga”. E ancora una richiesta di aiuto a “sconfiggere i mali” che l’affliggono: “la povertà di mezzi, il sottosviluppo economico, la delinquenza organizzata, l’emigrazione”.