Amp Capo Rizzuto: pesca subacquea in apnea vietata in tutte le aree marine protette
In riferimento all’articolo il cui estensore si è identificato con “Il gruppo pescatori “nomadi” di apnea”, fermo restando la particolare acredine con cui si rinvia ad un non meglio precisato “articolo di stampa” per esprimere considerazioni gratuite in merito alla gestione complessiva dell’AMP, dimostrando evidentemente una non piena conoscenza delle azioni e delle iniziative sino ad ora realizzate, si ritiene necessario ed opportuno rappresentare le dovute motivazioni di natura tecnica e giuridica che, di fatto, determinano l’impossibilità di praticare la “pesca subacquea in apnea” nelle AMP italiane, oggetto dell’articolo stesso. – Lo scrivono in una nota stampa Il Dirigente AMP Capo Rizzuto Antonio Leto e l’Istruttore direttivo AMP Simone Scalise
Innanzitutto, occorre precisare che tale divieto, in vigore in TUTTE LE AMP, trova la sua motivazione giuridica nell’art. 19, comma 3, della L. 6.12.1991, n. 394 – “Legge quadro sulle Aree Protette”, il quale espressamente prevede che ”nelle aree marine protette è vietata la cattura, la raccolta ed il danneggiamento delle specie animali…., nonché l’introduzione di armi, esplosivi ed ogni altro mezzo distruttivo e di cattura”.
Di conseguenza, esiste un divieto generale alla pesca subacquea in apnea, esteso anche al trasporto dei fucili subacquei, in quanto intesi, in senso lato, come “mezzi di offesa automatici, capaci di notevole pericolosità anche a distanza…”.
Detto ciò, - continua la nota - si evidenzia il fatto che il divieto generale della pratica di tale attività nelle AMP italiane ha trovato una sua motivazione tecnica nelle osservazioni e nel report effettuato nel 2004 dal competente Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, nel quale si riportano anche le motivazioni di natura scientifica e socio – economica per le quali si è ritenuto come la “pesca subacquea in apnea” non rientri tra le attività compatibili nelle AMP.
In questo report sono evidenziati, in particolare, i seguenti punti:
• Le specie ittiche che più sono sottoposte allo sforzo di pesca da parte dei subacquei (in particolare le cernie) sono vulnerabili a causa del loro ciclo biologico, che non permette un rapido turn - over degli esemplari perduti a seguito di un eccessivo prelievo da parte dei pescatori in apnea.
• Nella aree protette dove non è consentita la pesca subacquea (la grandissima maggioranza a livello mondiale) si assiste ad un aumento di densità e di taglia media delle popolazioni delle specie ittiche maggiormente predate dai pescatori subacquei.
• Le aree marine protette ove è vietata la pesca subacquea sono un efficace strumento per restaurare le risorse ittiche depauperate nelle aree circostanti in cui è consentita la pesca.
• La pesca subacquea sportiva compete per la stessa risorsa con la piccola pesca professionale.
• L’attività di pesca subacquea potrebbe arrecare un danno all’immagine promozionale di un’area marina protetta, con potenziali ricadute negative sul gradimento da parte di altre tipologie di fruitori…”
Posto quanto sopra, si ribadisce ulteriormente come l’impossibilità dell’esercizio di questa pratica sportiva non dipende da una “scelta” politica e/o amministrativa dell’Ente Gestore, ma da chiare disposizioni normative!
Peraltro, la Provincia di Crotone ha più volte formalmente rappresentato al Ministero la possibilità di poter disciplinare e regolamentare l’attività di pesca subacquea in apnea all’interno dell’AMP, raccogliendo così le istanze che più volte i rappresentanti dei pescatori hanno sollecitato all’Ente Gestore, senza ottenere alcun risultato, proprio per le osservazioni sopra esposte!
Pertanto, ci stupisce quanto è stato riportato dall’estensore dell’articolo, stante il fatto che il tutto è stato più volte evidenziato, anche in sedute pubbliche, agli appassionati del settore!
Per quanto riguarda, poi, le ricadute socio – economiche e turistiche, si ritiene concordare con quanto riportato in uno studio effettuato nell’Area Marina Protetta di Port Cros (Francia), una delle più rinomate aree marine protette del Mediterraneo, che evidenzia come “…la presenza di esemplari vivi non cacciabili di specie ittiche crei un maggiore indotto economico per il territorio, in quanto costituiscono un elemento di attratività per i subacquei e gli appassionati di fotografia naturalistica.
Le cernie, ad esempio, possono fungere da elemento di richiamo per più fruitori, mentre la sua cattura restringerebbe il godimento esclusivamente al pescatore subacqueo che ne effettua il prelievo. In particolare, lo studio ha stimato che il valore economico locale di un singolo esemplare adulto di cernia bruna, una delle specie ittiche più rappresentative e caratteristiche del Mediterraneo, non è paragonabile al valore derivante dalla visita dei subacquei che praticano immersioni guidate, senza calcolare le ricadute economiche indirette derivanti dalla ricettività alberghiera, dalla ristorazione, ecc. …”
Inoltre, si rende necessario evidenziare come, in generale, le prede più ambite dai pescatori sono quelle di determinate specie e di dimensioni maggiori. A riguardo, va ricordato che molti “serranidi” (famiglia a cui appartengono le cernie) sono caratterizzati da ermafroditismo, fenomeno per cui lo stesso individuo cambia sesso nel corso della propria vita.
E’ facile quindi immaginare che, se la pressione maggiore della pesca subacquea si rivolge verso individui più grandi, esiste il rischio di determinare nello stock ittico un forte squilibrio tra i sessi. Tale situazione è maggiormente delicata per quanto riguarda le cernie che presentano una fertilità mediocre, proprio perchè l’inversione sessuale da femmina a maschio avviene dopo 10 – 12 anni. Senza limitazioni di prelievo è chiaro che le probabilità di avere dei maschi in un’area diminuiscono sensibilmente!
Certo, il nostro territorio non è paragonabile ad altre zone del Mediterraneo dove la cultura del rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali non è sicuramente paragonabile alla nostra, soprattutto per quanto riguarda la pratica degli “abusivismi”, dall’edilizia alla pesca di frodo, alla fruizione indiscriminata dell’AMP, da noi tutt’altro che sconfitti, nonostante gli sforzi della locale Capitaneria di Porto.
Pertanto, - conclude la nota -un atteggiamento propositivo e collaborativo nel contrastare i suddetti fenomeni, aiuterebbe molto la crescita e lo sviluppo dell’AMP, nell’interesse generale di tutti.