Candido, Gilda Catanzaro: “Scuola, referendum, diritto alla conoscenza e Stato di Diritto”
"Ancora una volta la Rai, radiotelevisione italiana concessionaria del servizio pubblico e alla quale siamo obbligati per legge a pagare il canone, continua a negare ai cittadini l'informazione, il diritto di conoscere per deliberare indispensabile, condizione sine qua non, per avere una democrazia fondata sullo Stato di Diritto". E' quanto sostiene Giuseppe Candido, responsabile comunicazione e dirigente provinciale Gilda insegnanti Catanzaro.
"Depositati in Cassazione - continua la nota - lo scorso 17 marzo 2016, dal 9 di aprile è iniziata la raccolta delle firme su 4 quesiti referendari abrogativi di alcuni degli aspetti considerati più negativi e anticostituzionali della legge 107/2015: abrogazione del potere discrezionale dei dirigenti scolastici di scegliere e confermare i docenti sulla sede; abrogazione del potere discrezionale dei presidi di premiare economicamente solo alcuni docenti (che tra l'altro rimangono tutti con un contratto scaduto dal 2009 e stipendi da fame); abrogazione dell'obbligo di alternanza scuola lavoro; abrogazione della possibilità di dare soldi alle singole scuole pubbliche o private.
Ne avete sentito parlare in televisione? Sapete di cosa si tratta?
Una riforma della scuola voluta dal Governo Renzi (dopo la sentenza della Corte di Giustizia europea che imponeva la stabilizzazione del personale utilizzato con contratto a tempo determinato per oltre trentasei mesi) ed imposta alle Camere - mentre scioperi e manifestazioni di protesta provenivano dall'interno mondo della scuola - con voto di fiducia e la "tecnica" del maxi emendamento tanto da risultare ridotta, alla fine dell'iter parlamentare, ad un unico articolo ma composto da oltre duecento commi necessari ad aggirare il dettato costituzionale che imporrebbe la discussione delle leggi articolo per articolo.
Ora si tenta di abrogarne le parti più deleterie e si prova ad aprire nel Paese un minimo di dibattito. E ci sono anche altri referendum sui quali si stanno raccogliendo le firme: legge elettorale, nuove trivelle, inceneritori. Ma se i cittadini neanche sanno che è in corso una campagna di raccolta firme, se minimamente conoscono quali sono "i temi" sui quali si vuole discutere, è chiaro che non c'è democrazia né Stato di Diritto e che lo strumento referendario è destinato a diventare uno strumento di plebiscito par fare esprimere "il popolo bue disinformato".
Tutti sappiamo che il partito del premier è già pronto a far banchetti per sostenere il SÌ alla riforma costituzionale; sui referendum abrogativi che i cittadini tentano faticosamente di indire su scuola, inceneritori, legge elettorale e nuove trivelle in terra e mare, invece, non c'è un minimo di informazione e non è possibile sapere neanche di che cosa si parli. Ci hanno insegnato che la democrazia è informazione e che non c'è democrazia senza diritto di conoscere.
Da oltre quarant'anni abbiamo subito la truffaldina sottrazione del diritto di esprimerci con la scheda referendaria su temi e questioni importanti. Non solo è stata limitata la possibilità di indirli comprimendo l'informazione. Ma per impedire che si votassero si sono sciolte anticipatamente le Camere e, quando invece i referendum sono passati, i partiti sono sempre stati pronti a tradire la volontà popolare espressa come è accaduto per i referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, sul finanziamento pubblico dei partiti e sull'acqua pubblica.
In tutto ciò oggi è chiaro che anche il solo indirli, il solo raccogliere mezzo milione di firme, sarà missione impossibile senza che su questi temi si apra un serio dibattito e se il servizio pubblico radiotelevisivo continuerà a latitare, a non informare i cittadini e a negare quel diritto di "conoscere per deliberare".