Dati Arpacal sui depuratori confermano dossier di Legambiente
Con circa un terzo dei depuratori non ha norma, 40 su 122 sottoposti ad analisi, l’Arpacal conferma un dato già da tempo reso noto da Legambiente Calabria e Goletta verde.
Un dato che indica un’emergenza depurativa per la quale Legambiente indica, alla Regione Calabria, come soluzione il “Portare a termine la vera grande opera pubblica di cui necessita la Calabria: l’attento monitoraggio degli impianti di depurazione esistenti, il loro corretto funzionamento e la corretta gestione”, lavorando in contemporanea a interventi di adeguamento degli impianti che li rendano efficienti. Un’azione di questo genere è indicata dall’associazione ambientalista come la sola in grado di permettere di uscire da un’emergenza che rischia di compromettere una delle maggiori risorse del territorio.
Secondo i numeri raccolti nel dossier di Legambiente “I fanghi di depurazione: la storia continua - A che punto è la depurazione in Calabria?”, presentato lo scorso 6 luglio, la regione ha una potenzialità nominale complessiva di depurazione pari a 2.786.725 abitanti equivalenti su un totale (dati Istat) di 3,7 milioni, cioè il 75 % del totale. Un dato che però si abbassa notevolmente se si analizza la reale capacità di trattare adeguatamente gli scarichi, secondo gli standard previsti dalle normative europee. Stando ai numeri dell’Istat (Censimento delle acque di giugno 2014 con dati al 2012) ad essere trattati in maniera adeguata è il 51,5% del totale del carico generato. Il controllo delle quantità di fanghi prodotti e il loro smaltimento legale è la condizione indispensabile per l’eliminazione di uno dei problemi più rilevanti che ritroviamo nei nostri mari. Ma la mancanza di informazioni sulla quantità di fanghi prodotta crea di conseguenza anche una mancata trasparenza sulla loro gestione, sugli impianti di destinazione finale, dando adito a fenomeni di trattamento e smaltimento illegali che inquina il nostro ambiente sia esso il terreno o il mare circostante.
Per affrontare la situazione dei depuratori è a disposizione delle autorità giudiziarie un nuovo strumento che potrebbe velocizzare l’iter di realizzazione o di messa in efficienza degli impianti di depurazione. La nuova legge sugli ecoreati, prevede per i reati più gravi di inquinamento e disastro ambientale fino a 15 anni di reclusione.
Per i reati ambientali che non hanno comportato danno o pericolo di danno, inquinamenti e disastri alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, il nuovo art. 318 bis del codice ambientale inserito dalla legge 68 sugli ecoreati prevede, invece, un procedimento amministrativo di estinzione della pena attraverso l’emanazione, da parte delle autorità di controllo e repressione, di prescrizioni da impartire ai responsabili. Lo scopo è sanare entro termini fissati gli illeciti (mettendosi in regola con la legislazione ambientale) e con il pagamento di una sanzione pecuniaria (stabilita in una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la stessa contravvenzione commessa) per evitare il procedimento penale ed estinguere così il reato.