Allarme della LIPU: “In Calabria chi vigilerà sull’apertura della caccia?”
Con le due domeniche del 4 e dell’11 settembre prossime, vi sarà la preapertura della caccia in Calabria solo, si fa per dire, a determinate specie (Tortora, Colombaccio, Cornacchia grigia, Ghiandaia e Gazza esclusivamente da appostamento),in vista dell’apertura generale che in è prevista poi per il 18 settembre. Il Coordinamento regionale della vigilanza LIPU calabrese, fa seguito all’allarme lanciato in queste ore dal Presidente della Lipu, Fulvio Mamone Capria, che teme stragi in molte regioni tra cui si segnalano la Toscana, il Lazio, la Basilicata, la Campania e la Calabria.
La LIPU segnala un caos e una situazione di carenza gestionale generalizzata, tale da provocare ingenti danni al patrimonio ambientale e faunistico. Sempre secondo LIPU-Birdlife: ”si denuncia anche la mancanza, o le gravi carenze, dei piani faunistici venatori delle Regioni: vecchi, prorogati o addirittura inesistenti, tale da far concludere che la caccia italiana è nel suo complesso totalmente illegittima, ovvero priva delle condizioni di base per la sua sostenibilità”. Una situazione resa ancor più grave in alcune regioni, specie del Sud, dove a seguito delle recenti riforme pastrocchio in materia di province e ancor più in tema della riorganizzazione delle forze di polizia, si è assistito dopo 193 anni di onorata storia, allo smantellamento del Corpo Forestale dello Stato, oltre allo svilimento degli storici presidi antibracconaggio: i corpi di Polizia provinciale.
In Calabria, fino a ieri, era proprio la Polizia provinciale, l’istituzione dedicata al contrasto del bracconaggio e di controllo sull’attività venatoria e piscatoria, vigilanza oggi lasciata al puro caso e a qualche guardia volontaria (che però non hanno mezzi, risorse e soprattutto poteri di legge per intervenire). Nei mesi scorsi numerosissimi appelli, lettere, inviti e quant’altro erano stati lanciati non solo dalla LIPU ma anche dal WWF Calabria e da alcune associazioni venatorie che auspicavano, nell’interesse generale, un intervento nella direzione del ripristino dei controlli da parte proprio dei corpi di Polizia provinciale calabresi. Da registrare anche le diverse mozioni e interrogazioni in seno al consiglio regionale, finalizzate tutte alla stipula di una convenzione per dare mandato preciso alla vigilanza da parte delle polizie provinciali.
Per il Coordinamento regionale del Servizio Nazionale Vigilanza Ambientale- Ittica-Venatoria della LIPU, diretto da Domenico Laratta, la Calabria sarebbe tra le prime regioni per reati di bracconaggio e fino al 2014, proprio la Polizia provinciale di Cosenza, accertava quasi il 90% di tutti i reati nella più grande provincia calabrese, nel segno dell’efficienza, poiché l’autorevole organismo internazionale CABS, l’aveva proprio presa ad esempio come corpo virtuoso, in una regione tristemente nota anche per l’assenza di controlli in materia. Lo stesso CABS, l’anno scorso aveva scritto al Prefetto di Cosenza, segnalando la carenza di vigilanza sul territorio a seguito delle notizie di bracconaggio proprio nel cosentino.
“Facciamo un appello accorato al Presidente della Provincia di Cosenza, al fine di predisporre nell’immediato un minimo di vigilanza sul territorio finalizzata al contrasto del bracconaggio poiché pur in assenza di una convenzione tra la regione e le polizie provinciali, di certo, essendo la Polizia provinciale, un corpo di polizia, può e deve perseguire ogni illecito penale e/o amministrativo, anche in materia venatoria, tra gli altri, la legge quadro nazionale sulla caccia e sulla tutela della fauna selvatica non è stata modificata è certamente tra i soggetti istituzionali competenti a vigilare si può senza alcuna ombra di dubbio annoverare ancora la Polizia provinciale. La Polizia provinciale, storicamente è l’organo di controllo in materia, possono vigilare pure tutte le altre forze di polizia, locali e nazionali, ma si capisce bene, che occorre innanzitutto una precisa e dettagliata conoscenza del territorio rurale, unita alla preparazione su numerosissime norme specifiche regionali, nazionali e internazionali, oltre al sapere le varie e articolate dinamiche che gravano sul territorio e sulla fauna selvatica, tutti elementi a oggi, solo in possesso ai poliziotti della Polizia provinciale e alle guardie forestali e non ad altri soggetti istituzionali, se non altro, per storia, professionalità, formazione ed esperienza.
"Nella stragrande maggioranza delle regioni italiane, tramite legge regionale o apposita convenzione, la vigilanza ittico e venatoria è stata riallocata alla Polizia provinciale, di fatto, sancendo la continuazione nei controlli, mentre in Calabria, nonostante i numerosissimi solleciti delle associazioni e della politica, aspettiamo di conoscere il da farsi. Ci chiediamo chi vigilerà sul corretto esercizio della pesca e della caccia nella nostra regione, quando sulla carta lo potrebbero fare in tanti ma che poi nei fatti lo faceva come noto a tutti e come ampiamente detto, proprio la Polizia provinciale, che oggi si occupa là dove ancora presente, in particolare di reati ambientali, controlli alla circolazione sulle strade, di ordine pubblico e di controllo del territorio in genere.
“Nel riordino delle funzioni amministrative, le competenze in materia di caccia e pesca dalle province sono ripassate alla regione, ma la vigilanza (che non è l’aspetto amministrativo) è caduta nel vuoto, c’è un serio e concreto rischio che aumenti il bracconaggio e che vengano introitati meno tributi nelle casse regionali, tenuto conto che dalle lamentele che raccogliamo quasi ogni giorno, molti pescatori sportivi e cacciatori, sono affranti dal fatto che non ci siano controlli e che proprio per ciò possa essere depredata la fauna selvatica addirittura prima ancora che apra la stagione di caccia, a tal punto da annunciare, come estrema ratio, il mancato rinnovo delle licenze e di conseguenza l’abbandono dell’attività a favore invece di chi giova di questa paradossale situazione.
"Chiediamo nel modo più accorato, l’intervento immediato della Regione Calabria e di tutti i presidenti delle province calabresi, affinché possano attuare una sinergica presa di coscienza del problema che si è venuto a creare con le confuse riforme, che oggi però non possono più essere un alibi, giacché in gran parte d’Italia vi è stato un adeguamento, tra le altre cose previsto dalle stesse norme e, tutto incentrato verso la ricollocazione nei corpi di Polizia provinciale, dei compiti di controllo e vigilanza sulla caccia e sulla pesca”.