Gestione rifiuti. Legambiente: senza impianti la regione è sotto scacco dei privati
Legambiente Calabria, in collaborazione con Zerowaste Calabria, ha convocato una conferenza oggi a Cosenza, per illustrare alla stampa le Osservazioni al Piano regionale sui rifiuti inviato la scorsa settimana al Governatore Oliverio e all’assessore all’ambiente Rizzo.
All’incontro hanno preso parte Francesco Falcone, presidente di Legambiente Calabria; Aldo Perrotta del Comitato Scientifico di Legambiente e Pasquale Allegro di Zerowaste Calabria.
Tra i diversi punti evidenziati nel documento che è elaborato, quello sulla produzione dei rifiuti fa porre a Legambiente una serie di domande: “innanzitutto – spiegano - non si comprende come mai la Regione abbia utilizzato i dati del 2014 (trascrivendoli anche in modo approssimativo ed impreciso) e non quelli aggiornati al 2015 relativi all’elaborazione dei Mud (Modello Unico di Dichiarazione ambientale) dove, infatti, da una prima analisi, risulta una produzione di rifiuti indifferenziati di 591.078 tonnellate con una diminuzione del ricorso alle discariche di 58.652 t., passando da 650.433 a 591.078, che porta la Raccolta differenziata al 27%.
Nel 2016 è del 72%, viene sottolineato ancora, la popolazione calabrese che ha avviato la raccolta differenziata. Dati che confermerebbero la necessità di potenziare le raccolte domiciliari e di realizzare una adeguata impiantistica di supporto finalizzata a valorizzare i flussi (frazioni secche riciclabili e frazioni biodegradabili).
Altro punto è la nuova pianificazione sulla gestione dei rifiuti urbani. Le Aree di Raccolta Ottimali (ARO) sono indicate nel Piano con tutte le società miste che sono, in larga parte, fallite e che, sempre per Legambiente “hanno dimostrato la totale incapacità di un tale sistema di gestire il ciclo integrato dei rifiuti”.
“Riproporre quanto fatto dalla gestione commissariale – sostengono ancora dall’associazione - non è più sopportabile e condivisibile. La gestione dei rifiuti muove ingenti risorse e attira gli interessi anche delle ecomafie e non possiamo permettere che il territorio sia ulteriormente devastato da affaristi di ogni genere che hanno già, per tutta la gestione commissariale, sperperato un miliardo di euro senza portare ad una gestione accettabile della raccolta degli RSU, i rifiuti solidi urbani”.
Sul tema caldo degli impianti, poi, nell’attuale sistema gestionale la cronica carenza impiantistica riguarda in massima parte gli impianti pubblici di smaltimento. “Se continuiamo a non realizzare impiantistica pubblica a supporto della raccolta differenziata – affermano da Legambiente - la Regione e i calabresi saranno sempre sotto scacco della mano privata. Anche gli impianti di compostaggio pubblici non soddisfano la domanda regionale, e quindi vi è la necessità di ricorrere a impianti privati o extraregionali, senza i quali anche la frazione umida da raccolta differenziata, Rd, sarebbe stata riversata nel tal quale indifferenziato e smaltita in discarica, vanificando così gli sforzi che stanno compiendo i comuni per rilanciare la RD”.
Dall’associazione si evidenzia che non pare siano previsti interventi per la realizzazione di impianti di compostaggio. “Nel Piano – viene spiegato - si prevede ancora l’attivazione della discarica di Melicuccà sottoposta a sequestro rispetto alla quale non ne condividiamo le ragioni di riattivazione stante le problematiche ambientali che il sito pone. Questi impianti cambiano nome e diventano ‘Ecocentri’, come se bastasse cambiare nome per diventare un diverso modo di riorganizzare la dotazione impiantistica al servizio della raccolta differenziata. Il sistema di creare degli ecodistretti concentrati aumenta i costi, diminuisce l’attenzione nei luoghi di produzione dei rifiuti e diminuisce l’efficienza”.
La proposta di Legambiente è che il sistema di valorizzazione dei rifiuti debba essere distribuito a livello territoriale, i centri di raccolta e selezione a livello comunale o di unione di comuni debbono essere invece il cuore della raccolta differenziata e conferire alle piattaforme convenzionate con il Conai e diffuse sul territorio.
“Non è più tollerabile – ribadiscono ancora da Legambiente - arginare il collasso del sistema di gestione dei rifiuti con l’incremento della capacità di trattamento degli impianti pubblici e il contestuale utilizzo di quelli privati dichiarati di interesse pubblico, o attraverso la sottoscrizione di intese con altre regioni (Campania e Toscana), continuando a sversare il tal quale senza alcun pre-trattamento”.
“Circa un terzo del quantitativo di Rur (i rifiuti urbani residui) prodotti in ambito regionale è stato smaltito in totale assenza di pretrattamenti. Un ulteriore elemento di riflessione che emerge dall’analisi dei dati di gestione dei RUr – spiegano gli ambientalisti - porta alla considerazione che l’intero ciclo dei rifiuti in ambito regionale è stato improntato principalmente allo smaltimento in discarica, in un contesto di pressoché totale assenza di recupero/riciclo. Infatti, nel 2013, tra conferimenti diretti e scarti di processo, è finito in discarica il 67% dei rifiuti urbani prodotti in ambito regionale, mentre nel 2014 tale quantità si è ridotta al 59%”.
Nella tabella 8-1 del Piano, viene poi evidenziato da Legambiente, “non sono riportate le quantità di rifiuti organici trattati né queste quantità sono rintracciabili in alcuna parte del Piano regionale di gestione dei rifiuti, PRGR, ci si pone, quindi, una domanda: che fine hanno fatto i rifiuti organici differenziati, sono forse finiti in discarica?”
L’impianto di termovalorizzazione di Gioia Tauro, prosegue Legambiente, “ha trattato nel 2014 circa 47.000 t derivanti da RU e 26.000 t da RS, mentre la capacità autorizzata è pari a 120.000 t/a, (vengono trattate 73.000 t e quindi utilizzato per circa il 60,8%) che, però non può essere sfruttata, nelle more di un intervento di efficientamento (cosa conferiamo viste le previsioni di riduzione e diminuzione dei rifiuti? A cosa serve efficientare e spendere altre risorse? Importeremo rifiuti per sfruttare le capacità di termovalorizzazione?). La nostra posizione non è un’avversione strumentale o ideologica, ma basata su dati e proiezioni, non commettiamo gli errori commessi a Gioia Tauro nel passato volendo realizzare una seconda linea che era già sovradimensionato rispetto ai dati 2002”.
Fin dalla fase iniziale di predisposizione del Piano per lo smaltimento dei rifiuti, nel 1998, Legambiente ha criticato aspramente l’intenzione di voler realizzare due impianti di incenerimento in Calabria, scelta ritenuta inutile e sbagliata per il territorio.
“Occorre porre riordino nel sistema e rendere trasparente la gestione degli impianti” affermano Falcone e Perrotta. “Dopo il fallimento, economico e politico, delle esperienze delle società miste – aggiungono - è quanto mai urgente approvare un piano che metta mano all’organizzazione e alle forme di gestione che dovranno ripartire replicando le esperienze positive messe in campo dalle gestioni pubbliche, coinvolgendo quelle realtà private virtuose da scegliere secondo criteri di trasparenza e legalità, con gare ad evidenza pubblica, rilanciando tutto il ciclo dei rifiuti sui principi di economicità, efficienza ed efficacia. Un piano che ponga le basi per una idonea ed efficace pianificazione, che governi il ciclo integrato dei rifiuti e definisca gli ambiti territoriali ottimali”.
“In merito agli obiettivi del Piano regionale – ha sottolineato poi Pasquale Allegro di Zerowaste Calabria - ribadiamo l’esigenza di maggiore chiarezza soprattutto nel sentire accostare al concetto di Rifiuti Zero il concetto di Discariche Zero. Possibile che in Calabria non si riesca ancora a parlare di una Exit Strategy per uscire dall’obsoleta e dannosa pratica d’incenerimento? Crediamo sia importante – ha detto ancora Allegro – approfondire i casi di studio virtuosi e replicabili nella nostra regione”.
Per Legambiente, dunque, è necessario sostenere la raccolta differenziata “porta a porta” e fornire sostegno economico e tecnico ai Comuni. Per aumentare in poco tempo le quantità (oltre alla qualità) dei rifiuti riciclabili raccolti in modo separato, occorre inoltre puntare alla frazione organica dei rifiuti e agli imballaggi, prodotti in ambito domestico.
Alla luce dell’evidente carenza di impianti per trattare le frazioni compostabili dei rifiuti per la produzione di compost di qualità e facendo una stima sommaria, e considerando che circa un terzo dei rifiuti urbani prodotti sono costituiti da frazione compostabile, l’associazione sostiene via sia la necessità di impianti di compostaggio per i comuni al di sotto di 10 mila abitanti e di almeno 10 impianti, distribuiti su tutto il territorio regionale, per trattare circa 300.000 tonnellate all’anno di rifiuti biodegradabili (senza considerare che a questi impianti potrebbero essere conferiti anche altri rifiuti come quelli agroindustriali, i reflui zootecnici, i fanghi di depurazione). Occorre incentivare il compostaggio domestico e di comunità e far leva sulla premialità fiscale per fermare l’utilizzo delle discariche e incentivare le virtuosità di Comuni e cittadini.