Le Province tra polemiche e confusione, Viscomi: “facciamo chiarezza”

Calabria Attualità

Dopo le polemiche di questi giorni sullo stato delle Province e la confusione sulle molte questioni tirate in ballo il vicepresidente della Giunta regionale, Antonio Viscomi, è voluto intervenire personalmente ritenendo “opportuno ed urgente” afferma “mettere un po’ di ordine e dare ai cittadini informazioni corrette e rispettose della realtà dei fatti”.

Per Viscomi occorre distinguere almeno quattro livelli di questioni. Il primo, spiega, è quello nazionale, “dal momento che i tagli alle risorse delle Province sono stati voluti dal governo nazionale e che l’esposto cautelativo alle Procure, alle sezioni delle corte dei conti ed alle prefetture è stato fatto dai presidenti di tutte le province italiane per richiamare l’attenzione sulle loro condizioni: i soldi per le strade devono venire da Roma perché non rientrano nella competenza delle regioni”.

“È sempre a livello nazionale che qualcuno dovrà dire cosa si vuole fare delle province – spiega ancora Viscomi - dopo l’esito negativo del referendum costituzionale, stabilendo, se del caso, quali funzioni – e quindi quale personale e quali risorse – debbano eventualmente ritornare alle stesse province. Peraltro, anche le regioni hanno intenzione di aprire a livello nazionale un contenzioso con il governo, dal momento che i soldi che prima venivano date alle province per svolgere alcune funzioni non possono essere trattenute a Roma ma devono essere riversate a beneficio delle regioni che sono state chiamate a svolgere quelle stesse funzioni”.

IL LIVELLO REGIONALE

In Calabria, rileva il vicepresidente della Giunta, “le regole della legge Del Rio sono state rigorosamente rispettate: le funzioni non fondamentali sono state riportate in capo alla Regione che ha assunto circa cinquecento unità di personale provenienti dalle province. Dopo il trasferimento delle funzioni e del personale era da completare il trasferimento delle risorse finanziarie, strumentali e patrimoniali utilizzate dalle province per esercitare le funzioni trasferite alle regioni”.

“Questo trasferimento – prosegue - è in corso di completamento con i tavoli tecnici bilaterali, presenta le stesse difficoltà tecniche di tutte le regioni italiane (tra accatastamenti immobiliari non fatti al tempo giusto e mutui da iscrivere in bilancio), ed è stato ripreso dopo il recente svolgimento delle elezioni in due delle quattro province interessate ed è reso più complicato dai problemi correlati alla dichiarazione di dissesto in una delle altre. Inoltre, la Regione ha inteso approfittare di questo trasferimento per chiudere una volta per tutte le partite lasciate aperte negli anni passati nei rapporti debito/credito tra regione e province (legge 34, fondi comunitari, fondi speciali...), con l'obiettivo di arrivare, sulla base di una puntuale ricognizione dei rapporti pregressi tra regione e ciascuna provincia, alla stipulazione di accordi definitivi che consentano ad ogni ente interessato di poter predisporre bilanci attendibili e veritieri.”

LE FUNZIONI “RESIDUALI”

Il terzo livello, evidenzia ancora Viscomi, riguarda le funzioni cosiddette residuali e che erano state messe da parte, anche a livello nazionale, in attesa dell’esito referendario: centri per l’impiego, beni culturali e così via. “Ognuna di queste – spiega - presenta aspetti differenziati: ad esempio i centri per l’impiego sono pagati per due terzi dallo stato e per una terzo dalle regioni mentre per i beni culturali il ministero competente stava individuando quali portarsi a casa e quali lasciare ad altri enti. La Regione sta facendo la sua parte e non intende sottrarsi a quanto le compete, anzi sta facendo più di altre Regioni, fermo restando che su alcune questioni (quali i centri per l’impiego) la discussione è ancora aperta a Roma, non a Catanzaro”.

“Tuttavia – prosegue - a cautela di tutti, la Regione reputa necessario fare una ovvia e necessaria verifica puntuale dei costi e dei contratti per ciascuna delle funzioni residuali presentate dalle province (e neppure da tutte, per la verità): per questo ha chiesto ai tavoli bilaterali di operare anche al fine di verificare se vi sia e quale sia la migliore soluzione per ridurre i costi a carico delle tasche dei cittadini. Se poi, per meglio definire meglio le competenze su alcune materie di confine, è necessario una legge, allora è auspicabile che l'Osservatorio regionale sulla legge "Del Rio" ne indichi le linee guida, così come concordato nell'ultima riunione dello stesso.”

IL PERSONALE DELLE PROVINCE

Il quarto livello, dice ancora Viscomi, riguarda il personale provinciale transitato nella burocrazia regionale. “A parte il fatto che la Giunta ha già approvato la revisione organizzativa delle cinque Uot, e la relativa delibera è in carico al segretariato per la necessaria formalizzazione, deve dirsi che le stesse unità, assolutamente legittime, hanno avuto la funzione di assicurare la continuità del servizio ai cittadini: come era in provincia così doveva essere in regione proprio nell’interesse dei cittadini. E così è stato”.

“Non a caso – commenta il vicepresidente - il personale delle Uot è rimasto in gran parte nelle sedi dove già lavorava in ciascuna provincia e alle Uot sono stati preposti gli stessi dirigenti provenienti dalle province, cioè quelli che conoscevano le cose da fare e le persone chiamate a farle. D’altronde, non poteva che essere così: l’organizzazione del lavoro, infatti, non è una competenza della politica, ma dei dirigenti; sono solo costoro che hanno il potere e il dovere di organizzare i lavoratori ed il lavoro da fare; in questo caso, per assicurare i miglior servizio ai cittadini, ai dirigenti ex provinciali è stato chiesto di gestire il personale proveniente dalle province e organizzare il lavoro che già veniva svolto in sede provinciale e che ha continuato ad essere svolto nella stessa sede”.

“Peraltro – continua - che l'ingresso del personale provinciale nella regione dovesse necessariamente prevedere una fase transitoria di inserimento è dimostrato dal fatto che la legge "Del Rio" dispone che, fino alla stipulazione del primo contratto nazionale di lavoro (ancora non avvenuta), il trattamento economico del personale provinciale sia disciplinato da regole specifiche e sia contabilizzato su fondi autonomi e differenziati per ciascuna provincia. Anche per quanto riguarda il personale non dirigente, la Regione ha rispettato la legge nei dettagli: il personale da trasferire è stato formalmente individuato e certificato dalle province (e non dalla regione, che nulla avrebbe potuto sindacare in merito) come personale assegnato di fatto, alla data prevista dalla legge, alle funzioni trasferite, qualunque fosse il profilo professionale originariamente posseduto”.

“Per chi ricorda le manifestazioni dei dipendenti sui tetti – aggiunge Viscomi - non dovrebbe essere difficile capire per quale motivo la soluzione scelta dalla Regione Calabria è stata sempre apprezzata, anche in sede nazionale; se così non fosse, sarebbe difficile spiegare perché mai ancora recentemente circa cinquanta dipendenti delle varie province hanno chiesto di transitare nei ruoli della Regione.”

“Insomma - conclude il vicepresidente - , la Regione è consapevole dei problemi che le Province hanno sollevato a livello nazionale e contro i tagli del Governo ed è con esse solidale; ma questi problemi sono diversi dalla situazione di attuazione della legge “del Rio” a livello regionale. A questo livello, la Regione e le Province condividono l’intenzione di mettere ordine nei conti degli ultimi dieci anni e perciò stanno lavorando affinché il trasferimento delle risorse strumentali e finanziarie connesse alle funzioni trasferite si affianchi alla definizione complessiva dei rapporti di debito-credito, al fine di garantire la chiarezza e la solidità dei bilanci di tutti gli enti interessati. Come al solito, c’è da chiedersi dov’era in questi anni chi ora grida allo scandalo ed ai ritardi: ma i fatti sono ostinati e gridare serve a poco. Ciò di cui i cittadini hanno bisogno è sapere come stanno le cose. Il resto, è sterile polemica”.