Le Muse hanno ricordato Antonio Trifoglio
Ancora una domenica inedita alle Muse, un appuntamento per ricordare, per fare memoria ha così dichiarato Giuseppe Livoti presidente e critico d’arte nell’ultima manifestazione del Laboratorio delle Arti e delle Lettere reggino. Noi associazioni ha detto il giovane presidente, abbiamo il dovere morale e soprattutto intellettuale di fare conoscere e porre fine alla dimenticanza di artisti calabresi d’eccellenza che hanno caratterizzato tutto il novecento e che spesso non conosciamo o promuoviamo, anche se le nostre pinacoteche o collezioni private conservano pezzi importanti di pittori, scultori ed artisti in genere.
Una manifestazione che si è potuta realizzare in sinergia con il Circolo Letterario Mario La Cava, altra realtà positiva dell’area jonica di Reggio Calabria, sodalizio per anni presieduto e seguito da Pasquino Crupi ed oggi invece con il suo presidente Domenico Calabria. Il sodalizio presente a Bovalino non è nuovo a scambi culturali ha riferito Domenico Calabria e promuoviamo anche noi la cultura che parte dalla nostra terra: noi teniamo viva la memoria su La Cava scrittore definito “ingegnere dell’anima” che ancora non ha avuto il grande riconoscimento che dovrebbe avere, un amico di Sciascia come dimostrano le numerose corrispondenze epistolari. La casa La Cava –aggiunge- da sempre è stata frequentata dalle intelligenze italiane come Ignazio Buttitta o ancora Saverio Strati.
Alle Muse l’occasione è la presentazione del libro sulla storia dell’artista Antonio Trifoglio, maestro e pittore completo dell’arte calabrese del novecento. Trifoglio attraverso opere e fonti iconografiche è stato presentato nell’ambito della sua produzione dedicata alla Calabria, ai suoi paesaggi, ai suoi personaggi con particolare attenzione all’area di appartenenza dello stesso, ovvero il Comune di Sant’Ilario sullo Jonio. Antonio studia al Mattia Preti di Reggio Calabria, si diploma al Liceo Artistico di Napoli e poi all’Accademia di Belle Arti di Firenze con il grande maestro Primo Conti. Fu aiuto di Salvatore Cascone, fece parte nel 1945 del gruppo “Mantova”, allievo di Giacomo Manzù in decorazione a Brera, frequenta la scuola del Beato Angelico. Fu amico di Ernesto Bergagna artista divisionismo del Segantini.
Storie, aneddoti e ricostruzioni della sua attività artistica sono state ricordate dal figlio Alberto Trifoglio: mio padre amava la terra di origine, aveva nel dna quella dote di raccontarla in pittura nonostante le grandi frequentazioni, le appartenenze a scuole diverse e mi ritornano in mente i taccuini di papà sempre pronto con il lapis a raccontare ciò che vedeva. La preside e critica d’arte Maria Macrì ha ricostruito le dinamiche del Trifoglio caparbio e tenace, sempre dedito al disegno, alla concentrazione sulla disciplina, all’amore per la storia dell’arte che ha portato l’artista a dare un contributo alla storiografia del Mezzogiorno d’Italia. La Macrì è tornata indietro nel tempo mettendo in evidenza il ruolo strategico che doveva avere la Pinacoteca Nosside a Locri che riunisce opere d’arte europea e tra l’altro una sala dedicata allo stesso Trifoglio, sala intitolata nel tempo in cui l’artista viveva, per l’epoca una vera e propria provocazione. La Toscana terra di adozione per Antonio, un ponte di passaggio, un luogo dove dare sfogo alla funzione consolatoria della pittura: ed ecco la partecipazione emotiva alle sue radici con immagini legate alle tradizioni polari, o ancora ai paesaggi rupestri o al mondo degli affetti.
Di impatto la testimonianza di Peppe Aprile direttore della rivista “IL paese possibile”, che ha ribadito con fermezza che essere intellettuali al Sud è difficile, Trifoglio come La Cava si possono annoverare insieme a Alvaro, Strati, Perri o ancora a Fortunato Seminara e se gli uomini costruiscono la loro strada, la politica invece dimentica; i tempi sono cambiati ma ancora al Sud sono poche le strategie culturali ed occorre fare tutto da soli: da qui la crisi dell’editoria che al nord ha lanciato grandi come Strati. La zona ionica è ricca di talenti, in piccole aree geografiche grossi nomi che il contemporaneo dovrebbe ricordare e alle Muse questo merito, ovvero di fare memoria per non dimenticare, custodire e tramandare raccontando una storia e facendo vedere alcune tra le opere pittoriche più importanti del bravo maestro di Calabria.