“San Giorgio. Una rosa. Un libro”, apertura su immigrazione e accoglienza
Avviata stamattina a Palazzo Alvaro di Reggio Calabria, già sede della Provincia ed oggi della Città Metropolitana, la rassegna “San Giorgio. Una rosa. Un libro” si pone di fatto come la prima fiera del libro e dell’editoria di Reggio Calabria. La prima organizzata in città, almeno. L’apertura dei lavori non poteva che essere dedicata a “Immigrazione, accoglienza, integrazione: la cultura come trait d’union, tra sfide e opportunità”. Il convegno introduttivo organizzato da Francesca Agostino, ideatrice della rassegna, ha messo a confronto una pluralità di voci: Anna Nucera, assessore cittadino alla Pubblica Istruzione, Bruna Labate Mangiola, volontaria della casa di Lena, che ha saputo restituire alla sala “l’odore dell’accoglienza”, Pietro Marino per l’Unicef, Franco Arcidiaco, delegato alla cultura cittadina ed editore e l’Auser di Oppido Mamertina. Ma non poteva mancare un libro ed un autore. Il compito di creare suggestioni nella platea ricca di ragazzi Saverio Pazzano, che partendo dal romanzo Beltempo (sabbiarossa edizioni) ha saputo cucire i fili e le emozioni.
“Il sistema italiano - ha detto Pazzano - accoglie ma allo stesso tempo chiama clandestine le persone che accoglie fino a prova contraria. Dopo l’accoglienza c’è un viaggio che continua. E il viaggio via terra diventa sempre più difficile. Sappiamo benissimo come si comportano gli Stati: il caso di Gabriele Del Grande ce lo dimostra proprio in questi giorni. Ma troppo spesso facciamo finta di non sapere. E permettiamo che un corridoio umanitario sia affidato all’illegalità: troppo spesso vengono applicate leggi ingiuste ed inique”.
L’intervento dell’autore ha chiuso la mattinata con una cucitura tra le emozioni, le ansie politiche e sociali e la narrativa, “perché quello che noi dobbiamo chiedere alla letteratura e ai libri non è di farci innamorare: noi dobbiamo chiedere a chi scrive di scendere nell’abisso dell’umanità e tirare fuori una verità. La verità poi va espressa in una lingua. Ad esempio di tutto quello che ho detto il 60% è greco, il 20% è latino, il 10% è un pout pourri di francese, tedesco, spagnolo eccetera. E il resto è ancora da venire. Diceva Tullio De Mauro che il 10% della lingua che parliamo quotidianamente deriva dal nostro rapporto, dalla nostra relazione quotidiana che abbiamo con gli altri. E infatti in questo momento deriva dal nostro rapporto con quelli che chiamiamo stranieri: io parlo una lingua straniera. Per fortuna è una lingua che non conosce frontiere e non conosce barriere. Io penso che l’unico atto contro natura siano le frontiere. Ed è questo che scrivo”.
Gli appuntamenti nel Palazzo Alvaro di piazza Italia continuano fino a domenica. E domani pomeriggio, sabato 22 aprile, alle ore 18, nella sala conferenze del piano terra, un altro appuntamento con sabbiarossa edizioni e con Cis (centro internazionale scrittori) Calabria e Rhegion Julii, che hanno organizzato in sinergia l’evento “C’è vita oltre Faceboom? - dalle 18 vite incatenate del libro di Paola Bottero allo strapotere dei social”. Partendo dalla narrativa Loreley Rosita Borruto, Mafalda Pollidori, Pino Rotta e Paola Bottero apriranno una riflessione ad ampio raggio sulla vita – e la non vita – social.