Legambiente: rigettare l’ampliamento della discarica di Scala Coeli

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foto: cariatiweb

"L’ampliamento della discarica privata per rifiuti speciali non pericolosi non può essere realizzato nella zona agricola in località Case Pipino a Scala Coeli perché sottoposta a vincoli di tutela".

È quanto sostiene Legambiente Calabria che, nei giorni scorsi, ha presentato alla Regione alcune osservazioni sullo Studio d’Impatto Ambientale ed ha chiesto di rigettarne il progetto e di poter intervenire nelle eventuali conferenze dei servizi che l’autorità competente vorrà programmare.

Secondo Legambiente, contrariamente a quanto riportato nel paragrafo 3.11.2 della SIA, la zona agricola in cui ricade il progetto di ampliamento sarebbe riconosciuta tra i beni identitari sottoposti a vincoli di tutela in quanto le aziende agricole presenti adottano il metodo della coltivazione biologica.

Il Dipartimento Ambiente, in qualità di autorità competente al rilascio del parere di compatibilità ambientale e dell’Aia, e, per esso, all’organo tecnico che fa capo alla Direzione Generale dello stesso Dipartimento, per l’associazione “deve necessariamente tenerne conto nelle valutazioni previste dal Cap. 2.1 del D. Lgs. n. 36/03 in materia di localizzazione degli impianti di discarica di rifiuti pericolosi e non pericolosi”.

“Le aziende agricole contigue ai terreni oggetto dell’ampliamento della discarica – spiegano ancora da Legambiente - sono fornite di Documento Giustificativo e di Certificato di Conformità riportante l’elenco delle produzioni agroalimentari certificate. I terreni hanno infatti una destinazione urbanistica agricola ed il comma 3 dell’articolo 51 della Legge Urbanistica regionale vieta in quelle aree “ogni attività di deposito, smaltimento e lavorazione di rifiuti non derivante dall'attività agricola o da attività ad esse complementari, situate all'interno o in contiguità di zone agricole direttamente investite da coltivazioni di pregio con tutela o marchio di qualità, o da produzioni agroalimentari certificate”.

IL PROGETTO, spiega Legambiente nel dettaglio, impatterebbe “fortemente su aree sensibili quali beni paesaggistici, identitari ed aree archeologiche e in particolare sul centro storico e sul Castello di Scala Coeli, sull’area archeologica di Pruija e le fortificazioni denominate Torre di Terravecchia. Inoltre, l’area si trova in prossimità di una sorgente di acqua di uso pubblico. In caso di ampliamento della discarica, con la continua e intensa circolazione dei mezzi carichi di rifiuti e autocisterne cariche di percolato, e del conseguente aumento dei volumi di traffico sulla Statale 106, già di per sé pericolosissima, i territori dei Comuni di Crucoli e Cariati, attraversati dall’arteria, sono destinati a subire un forte impatto negativo sul piano della sicurezza e della vivibilità dei centri abitati”.

Legambiente evidenzia anche che l’accesso alla discarica avverrà attraverso la SP1 e SP6 (di competenza della Provincia di Crotone) e dalla strada Comunale Capoferro/Cordarella nel Comune di Scala Coeli, “che – afferma - presentano forti criticità perché soggette a continui dilavamenti e frane che provocano crolli e smottamenti del corpo stradale interessato. Per tali carenze strutturali, la Provincia di Crotone ha emesso l’ordinanza di divieto di transito n. 9/2004, l’ordinanza n. 8/2004 di limitazione al transito e in ultimo con l’ordinanza n. 5 del 31/03/2015 ne ha disposto il divieto assoluto al transito”.

“Appare del tutto ovvio – conclude - che le condizioni AIA, sulla viabilità di accesso all’impianto di discarica esistente, contenute nel DDG 4180/10 non sono state rispettate e che non poteva essere autorizzato l’avvio dei conferimenti da parte dell’organo competente come purtroppo è avvenuto nel maggio 2015 e successivamente a luglio 2015, con il quale veniva ordinato il conferimento di rifiuti provenienti da altri siti di smaltimento. In vigenza dell’ordinanza n. 5/2015 da parte della Provincia di Crotone il transito sulla SP6 di mezzi carichi di rifiuti e autocisterne cariche di percolato, prodotto dai rifiuti già abbancati, costituiscono un grave pericolo per la salute e l’incolumità pubblica”.