LETTERE. Una “preghiera” al nuovo sindaco della Catanzaro che verrà

Catanzaro Attualità

"Ma perché al Duca D’Aosta sì e ai profughi catanzaresi dell’unità d’Italia no? Sì Signor nuovo sindaco di Catanzaro all’entrata del comune di Catanzaro c’è una targa intitolata ad Amedeo Duca D’Aosta e ne lì né in tutta la città c’è qualcosa intitolata ai catanzaresi emigranti e profughi dopo l’unità d’Italia.

"Amedeo Duca D’Aosta - continua la nota - venne a Catanzaro all’età di otto anni al seguito della zia Regina Margherita moglie di Umberto I re d’Italia il 21 gennaio del 1881 in occasione dell’inaugurazione della Villa Margherita (Villa Trieste) poi non ebbe altri contatti con la città di Catanzaro. Da grande partecipò alla prima guerra mondiale poi diventò un bravo alpinista ed esploratore.

Quindi l’unico motivo per intestargli la targa è stato il fatto che era il nipote di Vittorio Emanuele II primo re d’Italia che, per fare l’unità d’Italia, non esitò ad inviare nel sud un esercito di ben centoventimila uomini contemporaneamente per sedare le rivolte delle popolazioni meridionali e dei cosiddetti briganti, mentre aveva utilizzato per ognuna delle tre guerre d’Indipendenza al massimo trentamila uomini.

La guerra più importante di re Vittorio Emanuele II è stata quindi contro le popolazioni del sud Italia razziandoli di ogni loro bene come ad esempio i quattrocento milioni delle casse borboniche o come le ferriere di Mongiana in Calabria, smantellate e trasferite a Genova. Ferriere dove, 50 anni prima della Fiat, si costruivano le locomotive, unico posto al mondo insieme a Londra e forse la Cina.

Guerra che, oltre alle razzie, ha calpestato il giusto diritto delle popolazioni meridionali e calabresi di ribellarsi alla mancata distribuzione delle terre per come promesso da Garibaldi, alla leva obbligatoria di sei anni e che ha causato ben centomila morti, ben quarantamila deportati e oltre due milioni (circa il 25% degli abitanti del sud) di profughi ed emigranti (il detto era o brigante o emigrante) oltre oceano e la maggior parte senza ritorno. Esodo paragonabile a quello degli Ebrei e quello attuale della Siria di cui tanto oggi si preoccupano le cancellerie europee.

Ma la cosa peggiore fatta da re Vittorio Emanuele II è stata permettere che al seguito del suo esercito venisse in Calabria un medico il dott. Lombroso Cesare che, avendo facoltà di studiare i cosiddetti briganti dopo la esposizione dei loro cadaveri appesi a mo’ di esempio alle popolazioni nelle pubbliche piazze, misurando la foltezza delle sopracciglia, l’attaccatura dei capelli, la misura delle mascelle e delle mandibole e altre amenità del genere coniò il concetto del “criminale costituzionale” e cioè che i calabresi fossero dei criminali genetici e per questo contro di essi era giustificato ogni atto compiuto da quell’esercito di centoventimila uomini, anche se ciò ha segnato la condanna del sottosviluppo del sud fino ai giorni nostri e purtroppo ha sviluppato nelle popolazioni meridionali e, specialmente nella nostra Calabria, in anteprima, la cosiddetta Sindrome di Stoccolma.

Sindrome che fa si che la vittima si identifica con il suo carnefice lo giustifica e ne diventa finanche “dipendente”, cioè si sviluppa quella sudditanza psicologica per cui siamo noi calabresi che ci sentiamo inferiori a priori senza che siano gli altri a ricordarcelo e per questo giustifichiamo qualsiasi atto lesivo e oltraggioso fatto nei nostri confronti senza protestare. Tutto ciò quindi sig. Sindaco ha fatto sì che qualche suo predecessore abbia fatto apporre la targa, all’entrata del comune, per onorare Amedeo Duca D’Aosta nipote di re Vittorio Emanuele II comportatosi come un “carnefice” nei confronti dei calabresi. Purtroppo la teoria del calabrese criminale costituzionale e la sindrome di Stoccolma colpisce ancora ai giorni nostri.

Infatti negli ultimi otto anni la Calabria è soggiogata, da parte dei governi nazionali, al piano di rientro sanitario ingiusto e dannoso per i malati, e non, calabresi. Piano che non ha nessuna giustificazione razionale e scientifica perché la Calabria ha nei suoi circa due milioni di abitanti circa trecentomila malati cronici in più che in altri due milioni di altri italiani e riceve, ormai da 16 anni, come finanziamenti sanitari molto meno delle altre regioni specialmente del nord, e il presunto deficit sanitario (come i presunti e cosiddetti briganti di allora) non è altro che la spesa dovuta per le necessarie cure dei molti malati cronici in più della Calabria.

Quindi la Calabria con molti malati in più, riceve meno fondi, spende meno delle altre regioni (del nord) ma viene ingiustamente sottoposta ai sacrifici del piano di rientro sanitario che aggravano sia la salute dei calabresi (infatti dopo sei anni di piano di rientro l’ultimo rilevamento ha segnalato i LEA (livelli essenziali di assistenza) abbassati ai minimi storici) sia l’intera economia calabrese.

Visto che l’evidenza scientifica non giustifica il piano di rientro rimane a giustificarlo ancora una volta, e ancora dopo 150 anni, soltanto il criterio Lombrosiano del “calabrese criminale costituzionale (questa volta sanitario)”. Il dramma è che 150 anni fa a salvare l’onore dei calabresi c’è stata la ribellione delle popolazioni (anche se represse nel sangue) mentre oggi sembra prevalere la Sindrome di Stoccolma prima di tutto in noi operatori sanitari, poi nei parlamentari (tranne M5stelle), nei partiti, negli amministratori, nei sindacati e perfino nelle popolazioni calabresi.

Per cui sig. Sindaco faccia onore alla sua carica, alla verità storica, ai nostri bis e trisnonni (per come già richiesto con documento firmato e depositato in Comune) e ai malati calabresi. Faccia rimuovere la targa in onore del Duca D’Aosta e ne faccia apporre una in nome dei moltissimi “profughi catanzaresi dell’unita d’Italia”, anche come segnale di protesta contro l’attuale e ingiusto maltrattamento dei malati calabresi. Niente è cambiato, 150 anni fa l’esercito piemontese che ha provocato milioni di emigranti, oggi gli “scafisti” commissari alla sanità Scura e Urbani, non più a loro insaputa, a provocare “emigranti della sanità” fuori regione o a buttare giù dal “barcone sanità Calabria in mezzo al Mediterraneo” i malati calabresi.

Grazie Sig. Sindaco da parte sia dei migliaia di catanzaresi emigrati subito dopo l’unità d’Italia e dei loro discendenti e sia da parte dei malati calabresi.

P.S. in allegato alla presente richiesta di cittadini catanzaresi, già depositata in passato in comune, per l’intestazione di una via o altro a ricordo dei molti emigranti catanzaresi a causa del modo in cui Emanuele II ha fatto l’unità d’Italia per almeno pareggiare quanto intestato a Cavour, Amedeo d’Aosta, Garibaldi, Margherita di Savoia, etc.".

Giacinto Nanci, medico di famiglia di Catanzaro

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