Assunzioni e bilanci falsi per frodare la finanziaria e far fallire la società, due indagati
False assunzioni ed altrettanti bilanci falsi con l’obiettivo di frodare una finanziaria e fare fallire la società. Un passivo di oltre 220 mila euro venuto fuori da operazioni ritenute illecite che sarebbero state realizzate da tre persone che hanno così portato al tracollo un’azienda del cosentino che operava nei settori alberghiero, dei supermercati, del commercio di carni ed altro.
A questa conclusione sono arrivate le indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Paola, e dirette dal Procuratore Capo della Repubblica Pierpaolo Bruni e dal Sostituto Maria Francesca Cerchiara.
Secondo gli inquirenti sarebbe stato attuato un “complesso sistema fraudolento”, ideato ed attuato dall’amministratore di fatto della società (che è deceduto), in concorso con l’amministratore e legale rappresentante.
Vittima, come dicevamo, una società finanziaria che aveva erogato dei prestiti ingenti a fronte di contratti “fittizi” stipulati da cinque “falsi” dipendenti dell’azienda fallita, rispetto alle cui obbligazioni quest’ultima aveva assunto il ruolo di “garante”.
Le investigazioni sono state particolarmente difficili avendo riguardato un lungo periodo, di oltre dieci anni, esattamente dal 2007, ma anche per la mancata esibizione dei libri e delle scritture contabili che sono prescritti per legge.
La tesi è che gli indagati, per far risultare agli occhi della finanziaria che doveva erogare i prestiti una “ottima” situazione patrimoniale e reddituale della loro società - così da poter assumere il ruolo di “garante” ma, in realtà, con l’intento di non onorare le obbligazioni assunte - avrebbe redatto un bilancio di esercizio falso, inserendovi un importo non veritiero di oltre 3,3 milioni.
A fronte di contratti di lavoro fittizi, riferiti a persone realmente esistenti, parenti di uno degli indagati, ma contenenti dati non reali (come la qualifica, la retribuzione e la data di assunzione), sarebbero state predisposte ed utilizzate anche delle buste paga finte.
Infine, dato che i finanziamenti dovevano essere erogati con la cessione del quinto dello stipendio dei dipendenti, per ciascuno dei falsi contratti sarebbero stati redatti e sottoscritti altrettanti “atti di benestare” fasulli, così da far risultare le trattenute previste che la società, datore di lavoro e garante, avrebbe effettuato a carico dei lavoratori.
Operazioni, tutte queste, che a causa della totale inadempienza nella restituzione dei finanziamenti, avrebbero provocato il fallimento della società, sentenziato dal Tribunale di Paola su richiesta del creditore.
Uno degli indagati - subentrato in qualità di amministratore nel 2011 – è stato denunciato per bancarotta documentale essendo ritenuto responsabile della mancanza dei libri e delle scritture contabili dell’azienda.
I magistrati hanno dunque emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari, che è stato oggi notificato ai difensori ed agli indagati.