Rassegna sui documentari etnografici. Omaggio al cineasta Vittorio De Seta
Un omaggio al grande regista e documentarista Vittorio De Seta per la Rassegna Internazionale di Documentari Etnografici – personaggio che nel corso della sua carriera, ha sempre mostrato particolare attenzione all’approccio etno-antropologico, diventando, di fatto, uno dei più importanti rappresentanti in Italia dell’Antropologia visuale che, come è noto, completa e perfeziona, tramite le immagini fotografiche e cinetelevisive, le descrizioni nel passato realizzate soltanto con le parole.
L’evento è voluto dalla Federazione Italiana Tradizioni Popolari, si terrà dal 25 al 26 ottobre prossimo, a Castrovillari. A tale riguardo è opportuno sinteticamente ricordare che il primo vero inizio dell’Antropologia visuale è stato il lavoro Robert Flaherty nel 1922 con il film «Nanook of North» che documenta la vita degli Esquimesi Inuk della penisola Ungava nel nord del Quebec in Canada. Altri esempi importanti sono le documentazioni di Franz Boas sui Kwakiult della Columbia britannica, di Margaret Mead e del suo compagno Gregory Bateson sulla realtà socio-culturale dell’Isola di Bali (1936), di Marcel Griaule e Michel Leris nella missione Dakar-Djibouti (1931-1933), di Jean Rouch (1917-2004), con l’indirizzo del «cinema verità», grazie al quale vengono documentate dal vivo numerose realtà culturali africane.
Molto vicino a questa scelta teorico-metodologica è quella di Vittorio De Seta, che a partire degli anni ’50 del secolo scorso ha documentato e analizzato numerosi aspetti delle culture popolari meridionali. Sono da tempo definiti capolavori del cinema etnografico Lu tempu di li pisci spata, Isola di fuoco, Sulfatara, I dimenticati, Banditi ad Orgosolo, solo per citare alcuni titoli della produzione filmica di Vittorio De Seta. Si tratta di film che documentano i ritmi, i rituali e il lavoro che, negli anni ’50, cominciano ad entrare in crisi per il sopraggiungere dell’industrializzazione.La Fitp, istituendo la Rassegna sulla scia dell’insegnamento del grande cineasta, intende raccogliere e sostenere cortometraggi e produzioni video che raccontino il patrimonio culturale delle tradizioni di comunità italiane e straniere realizzato con la lente dell’Antropologia visuale. L’edizione del 2018, come si rileva dal bando di concorso, è a tema libero; l’invito è rivolto a tre categorie di partecipanti: professionisti o Istituzioni, dilettanti e gruppi di volontariato italiani, associazioni o singoli associati a organismi internazionali interessanti a valorizzare le culture popolari.
Un’apposita Giuria premierà le prime tre produzioni cinematografiche che sono riuscite a documentare dal vivo fenomeni e fatti culturali che costituiscono patrimoni etnografici attuali. La Giuria è composta da otto esperti in ambito etno-antropologico, cinematografico, giornalistico e tecnico: Mario Atzori, Università di Sassari - Presidente Consulta Scientifica della Fitp; Ignazio Emanuele Buttitta, Università di Palermo; Roberto De Gaetano, Università della Calabria; Maria Pia Ammirati, Direttore Rai; Aldo Patruno, Direttore Dipartimento economia e turismo. Regione Puglia; Aldo Samengo, Vicedirettore Rai Parlamento; Gabriele Cippolliti, Regista; Gianfranco Donadio, Università della Calabria: Andrea Simonetta, Presidente Centro Studi Memorandum Fitp.
Alla Rassegna hanno partecipato 54 documentari provenienti da diversi Paesi; in base al regolamento sono stati ammessi 37 filmanti dai quali la Giuria, entro il 30 settembre, ne sceglierà 10 tramite un sistema informatico. Infine, dopo la proiezione pubblica dei 10 documentari finalisti, la stessa Giuria individuerà i primi tre da premiare nella cerimonia del prossimo 27 ottobre a Castrovillari.
La Rassegna, quindi, non cerca l’arcaicità o i tratti originari del patrimonio folklorico, ma si propone di raccontare gli influssi che la «modernità» ha esercitato su riti e pratiche locali di fronte al contrasto con l’attuale sistema globalizzato. Pertanto, la Rassegna, sulla scia del maestro De Seta che, nelle ultime produzioni si è interessato anche al contatto - non sempre dialogico - tra culture e tradizioni differenti), si propone di porre al centro del dibattito anche il ruolo di veicolo di conoscenza, di scambio e di riconoscimento fra comunità italiane e straniere che il patrimonio folklorico sta assumendo negli ultimi tempi con il confronto sempre più ravvicinato e frequente tra le differenti culture.