Donne e infanzia, la relazione del garante Campolo al convegno Rotary
In occasione di due importantissime occasioni: il 20 novembre, Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia, e il 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne, Giovanna Campolo, Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza presso il Comune di Reggio Calabria, ha fatto pervenire la seguente nota, che riprende la relazione dalla stessa tenuta in occasione di un recente Convegno organizzato dal Rotary Club di Reggio Centro.
Se ne riporta il testo integrale
***
“Tutti conveniamo che dal 20 novembre 1989, data della sottoscrizione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, molte conquiste siano state fatte, ma tutti conveniamo anche sul fatto che ancora oggi, cura, tutela, sicurezza ed educazione siano questioni irrisolte nelle quali istituzioni ed organi preposti hanno il dovere di far convergere ogni sforzo possibile.
La strada da compiere sulla via della piena, compiuta ed autentica attuazione dei principi fondamentali che stanno alla base del documento approvato dall’Assemblea Generale dell’Onu è, dunque, ancora particolarmente lunga e complessa, ma la legge istitutiva dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza del 2011, con l’istituzione della figura dei Garanti anche a livello locale è uno strumento valido di supporto per la promozione dei diritti fondamentali e di sorveglianza e per il loro rispetto.
Una lucida analisi delle complessità che riguardano i minori anche nel nostro territorio ha rafforzato il mio convincimento che il compito più gravoso per un Garante è quello del rapporto con la macchina dell’Amministrazione locale, da qui l’importanza dell’azione sul fronte della concertazione, per rilanciare le politiche rivolte ai minori e, più in generale, alle famiglie ed alle scuole. I punti di riferimento dovranno, comunque, essere l’articolo 31 della Costituzione che al secondo comma recita “La Repubblica protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tali scopi” e l’articolo 3 della Convenzione che richiama l’attenzione sulla “preminente considerazione dell’interesse superiore del fanciullo”.
Ne consegue che è assolutamente necessario il rafforzamento delle sinergie tra tutte le Istituzioni che perseguono il benessere fisico, educativo e sociale del minore onde evitare discrasie e dispersione di energie. In una società che sia “comunità educante” ciascuno, nella molteplicità di ruoli che riveste e vive nella quotidianità, dovrebbe sentirsi impegnato nella tutela dei minori, ma la società “complessa e globalizzata”, sempre meno attenta all’individualità e unicità della persona, rende tutto più difficile e rende particolarmente vulnerabile la situazione dei più piccoli.
L’osservazione della realtà ci porta ad un’amara riflessione antropologica: si è rotto il patto educativo fra genitori e figli e tra famiglie ed insegnanti e ciò non può non influire sul benessere psico-fisico del bambino attuale e dell’adulto che, talvolta solo anagraficamente, egli diventerà.
Il fenomeno più preoccupante che i fatti di cronaca quotidianamente ci presentano è quello della “violenza assistita”, la violenza, cioè, cui il minore è costretto ad assistere, già spesso anche prima della nascita, all’interno delle mura domestiche.
E’ del tutto evidente che la “violenza assistita” può danneggiare il benessere fisico e psichico del bambino e può portare allo sviluppo di patologie psichiche quali il disturbo post-traumatico da stress. Si provi ad immaginare la differenza tra il vivere continuamente l’esperienza del terremoto in una casa antisismica o in una casetta di pietre! Oppure ancora la diversa sensazione che si prova se cade un bicchiere di vetro o un bicchiere di plastica!
“Che fare?” è una domanda che, per non cedere allo sconforto, ha bisogno di una strategia di intervento immediato che si può così riassumere: investire sulla prevenzione, soprattutto difendendo la relazione madre-bambino; effettuare una valutazione tempestiva e competente sia sul minore che sui genitori; proteggere i minori interrompendo con tutti i mezzi, compreso l’allontanamento dal domicilio, il ciclo della violenza, di cui gli adulti non sembrano avere consapevolezza.
La lettura del fenomeno dovrà prevedere tre livelli di intervento psicologico clinico e forense: riconoscimento delle manifestazioni sintomatiche, diagnosi ed eventuale terapia, condivisioni di prassi e raccomandazioni del sapere scientifico consolidato sociale: riconoscimento emersione e riconoscimento delle disfunzioni sociali e giuridico: ordine di protezione e provvedimenti “de potestate” in sede civile e repressione in sede penale.
Farsi carico delle priorità dei minori significa, in conclusione, adottare una “lente sostenibile per una migliore ed efficace lettura della realtà”. I minori sono, infatti, veri e propri “indicatori di sostenibilità”, sono e saranno i nostri cittadini “privilegiati”. Pertanto l’attenzione, l’impegno e la dedizione che poniamo in essere nei loro riguardi sono i più fedeli ed autentici misuratori della qualità di vita che stiamo costruendo per tutti”.
Nota Stampa - Garante comunale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
dott-ssa Giovanna Campolo