Confindustria e Ance Vibo Valentia su caso Restuccia
Questa nota potrebbe iniziare così: “Esprimiamo solidarietà e vicinanza all’imprenditore Vincenzo Restuccia …”
Ma crediamo che la stagione della solidarietà sia abbondantemente trascorsa. Definitivamente superata.“Centouno” attentati, intimidazioni, danneggiamenti, tentativi di estorsione, furti, minacce, che hanno segnato indelebilmente la vita di Vincenzo Restuccia, già UOMO dall’età di 17 anni ed imprenditore da sempre e che parlano chiaro: ci dicono che solo un eroe o un folle può ancora svegliarsi al mattino con la voglia di tenere, di resistere di non mollare. Centouno “attenzioni”dicono anche tanto altro … Parlano di una stagione del terrore infinita che non ha mai lasciato spazio alla libertà d’impresa, ad una cappa vischiosa che tutto opprime, all’impossibilità di guardare dentro gli occhi dei propri collaboratori e dei propri familiari e affermare che è ancora possibile cambiare le cose. Tutto questo è paradossalmente diventato, non solo per noi imprenditori, ma anche per molti cittadini “ordinari”, un format, una routine a cui tutti pensiamo come condizione genetica con cui si è imparato a convivere. Una sorta di male incurabile ed inestirpabile congenito. Questo ovviamente fin quando si assiste da spettatori, da non protagonisti, fin quando non tocca direttamente ciascuno di noi. È il modo di vedere di chi sta fuori il dramma che vive Restuccia e tutti gli imprenditori che hanno posto il cartello sopra il cancello della loro azienda con su scritto "chiuso per 'ndrangheta". Dalla Calabria e dai calabresi il Governo centrale attende il riscatto delle coscienze, la rivolta del popolo, la marcia di liberazione, la campagna di denuncia e di affrancamento.
I Calabresi in verità aspettano ancora e da decenni, la possibilità di vedere lo Stato, di sentirlo vicino. Ciò che avvertono vicina è la presenza degli strumenti di esazione dello Stato, per nulla in ritardo e molto efficaci. La cosa più vicina allo Stato che ogni cittadino conosce bene è Equitalia. Lo Stato siamo noi, frase di retorica ormai consunta ma vera. È vero lo Stato siamo noi, ma soprattutto lo è ancor di più, almeno in questi casi, un sistema giudiziario certo ed efficiente ed in particolare una Procura dotata del minimo di risorse professionali necessarie a tenerla efficacemente in opera. Abbiamo registrato da qualche giorno l’addio di Fabrizio Garofalo, rimarrà in forza a Vibo non sappiamo per quanto tempo ancora un ottimo Procuratore, Mario Spagnuolo, supportato nella sua opera da pochi altri Sostituti oberati dalla mole di lavoro a difendere questo avamposto della Repubblica in questa remota area meridionale della Bella Italia.
L’attuale sistema giudiziario nel suo complesso, penalizza gli onesti e premia i farabutti e stimola sempre più il ricorso al sistema di “giustizia” privata e personale, facendo sprofondare nel degrado morale intere comunità capaci di commettere atti di irragionevole cruenza. Intanto i vari Restuccia pian piano sono andati già via, hanno pensato doverosamente al futuro dei loro figli decidendo di non investire più in questa maledetta terra. Hanno già immaginato una vita fuori dalla Calabria, sradicandosi con grande sofferenza per andare a vivere in città estranee alla loro tradizione, alla loro cultura, ai loro affetti. A questi uomini lo Stato ha chiesto è chiede un tributo troppo grande, essere imprenditori coraggiosi, adempiere agli obblighi nei confronti dell’erario e delle maestranze anche quando è proprio lui a non pagare i debiti, tenere lontano i criminali dalle loro attività e qualche volta non avere neppure il merito di aver resistito a tulle le pressioni possibili ed impossibili, sui propri beni, sulla propria famiglia. A tutti loro non possiamo far altro che stare vicini, dimostrando che non è possibile abbattere la parte sana di questa Calabria. Non sappiamo più come o cosa fare e forse è anche giunto il momento che “cosa fare” e “come fare” venga stabilito da chi detiene le responsabilità di mantenere uno Stato libero ed indipendente anche in Calabria, dove forse la gestione della cosa pubblica è passata di mano, cadendo nella disponibilità dell’antistato. La stagione del riscatto e degli uomini mandati a far capire che oggi a differenza di ieri lo Stato è presente in Calabria, forse è già iniziata ma non ha ancora dato conferme e segnali che il popolo calabrese attende.Alle forze politiche di governo e di opposizione, di ogni ordine e grado chiediamo di dare concretamente alle imprese calabresi la forza di resistere, di restituire ai tanti calabresi onesti la fiducia di un futuro possibile.