No al Decreto Sicurezza, il Croas aderisce al sit-in dell’Anpi
L’Ordine degli Assistenti Sociali della Calabria aderirà al sit-in che si terrà mercoledì prossimo, 12 dicembre, organizzato dall’Anpi in piazza Prefettura di Catanzaro, per dire un fermo No al Decreto Sicurezza.
Un provvedimento che secondo Danilo Ferrara, presidente del Croas Calabria, sarebbe di “dubbia costituzionalità” e che “annullerà la protezione umanitaria in cui gli assistenti sociali sono da sempre impegnati in prima linea”.
Tra gli elementi di criticità della legge per l’ordine degli assistenti sociali calabresi spicca l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, “che porterà un maggiore tasso di irregolarità e una conseguente maggiore vulnerabilità dei più deboli”.
“Peraltro – spiega ancora Ferrara - seppur nel disposto normativo sarebbe contemplato il rilascio di permessi per gravi motivi di salute, non risultano chiari i criteri attraverso i quali questi verranno assegnati, mentre la loro minore durata e non convertibilità in permessi di lavoro, limiterà la possibilità di accedere all’assistenza sociale e ai percorsi di integrazione”.
A preoccupare è poi la riforma del sistema di accoglienza Sprar che, sebbene a livello europeo venga considerato come un modello virtuoso, secondo l’Ordine “sarà destinato esclusivamente alle persone titolari di protezione internazionale e dei nuovi permessi di soggiorno per casi speciali, nonché ai minori stranieri non accompagnati”.
Il timore è che comporterà “che le persone richiedenti asilo resteranno escluse dai percorsi di formazione e integrazione previsti dagli Sprar e saranno costrette a lunghe permanenze nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), con ripercussioni anche gravi in termini di salute fisica e psichica”.
Una situazione che Ferrra definisce “grave” e che coinvolgerà anche “persone vulnerabili come anziani, donne incinte, persone affette da disabilità, genitori soli con figli minori, vittime di tortura o violenze, che verranno inserite in centri sprovvisti di misure adeguate alle loro specifiche vulnerabilità”.
A incrementare le perplessità, infine l’allungamento dei tempi di trattenimento negli hotspot e nei Centri di Permanenza e Rimpatrio (ex CIE), “per cui persone che non hanno commesso alcun reato potranno esser sottoposte a periodi di detenzione fino a 7 mesi, al termine dei quali il loro futuro resterà comunque incerto”.
Ed ancora, la mancata iscrizione all’anagrafe dei residenti “che, nonostante le rassicurazioni, rappresenta di fatto un ostacolo per l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale; il divieto di ingresso in alcune aree delle città (il cosiddetto Daspo urbano) che, quando applicato ai presidi ospedalieri, ostacola l’accesso alle cure, limitando i diritti costituzionali”.
Di fronte a un provvedimento che viene giudicato “contrario ai principi su cui si fonda la professione dell’Assistente Sociale” l’Ordine ribadisce che “non può che manifestare profondo dissenso”