Accoglienza e integrazione, prima e dopo il Decreto sicurezza: se n’è discusso a Soverato
“Sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione c’è bisogno di discutere e ascoltare. Una discussione che sia propositiva, senza posizioni preconcette. Piuttosto serve un dialogo imperniato sulla disponibilità a venirsi incontro, a cambiare posizione, a trovare una mediazione”. È stata l’assessore regionale al Lavoro e Welfare Angela Robbe a tirare le somme di un lungo incontro-dibattito, articolato, vivace a tratti acceso in un crescendo di interrogativi, dubbi, ma anche auspici e speranze con l’intento di coniugare umanità e sicurezza, svolto ieri mattina al teatro comunale di Soverato sul tema “Accoglienza e integrazione, prima e dopo il decreto sicurezza”.
L’iniziativa è stata organizzata dal Comune di Soverato, guidato dal sindaco Ernesto Alecci, ed in particolare dall’assessore alle Politiche sociali Sara Fazzari, alla presenza di numerosi studenti dell’Istituto alberghiero e dell’Istituto ‘Maria Ausiliatrice’. Al dibattito, concluso dall’assessore Robbe e moderato dal giornalista Francesco Pungitore, hanno partecipato il sindaco Ernesto Alecci, i parlamentari Wanda Ferro e Antonio Viscomi; i consiglieri regionali Arturo Bova e Sinibaldo Esposito, il segretario provinciale della Lega Antonio Chiefalo. Assente il Movimento Cinque Stelle, poiché il deputato Pino D’Ippolito invitato dagli organizzatori non ha partecipato.
L’assessore Fazzari ha rimarcato che l’intento dell’amministrazione comunale è stato quello di promuovere un confronto aperto sul tema “per offrire soprattutto ai giovani, un quadro articolato, oltre la retorica e le mistificazioni, su questo fenomeno complesso per tentare di separare i luoghi comuni dalla realtà. Quando parliamo di Immigrazione – dice ancora Sara Fazzari - non dobbiamo mai perdere di vista quello che è il valore umano, una realtà fatta di uomini, donne e bambini, di 49 migranti in mari per giorni: parliamo sempre di rispetto dei diritti umani”.
Il sindaco di Soverato, Ernesto Alecci, rivolgendosi agli studenti ha voluto ricordare che “i flussi migratori sono sempre esistiti: gli uomini migravano per trovare più pascoli o zone più sicure, spostarsi era naturale allora come oggi, alla ricerca di maggiori opportunità. Il nostro Paese ha fallito perché non è riuscito a gestire i flussi migratori facendo incrociare le richieste di chi arriva con le esigenze di chi accoglie”.
Alecci ha anche richiamato il fatto che in Italia lavorano circa un milione di persone tra colf e badanti che si prendono cura dei residenti di un Paese sempre più vecchio. “Accoglienza e integrazione si coniugano se riusciamo a lavorare in due direzioni – dice ancora Alecci – dobbiamo far condurre una vita normale ai migranti che arrivano e nello stesso tempo sostenere i Paesi di provenienza per aiutarli a progredire”. Questo significa, quindi, incrociare domanda e offerta.
Fermo restando che l’Italia ha bisogno dei migranti: “Il nostro è un Paese dove il tasso di natalità è crollato, questo significa che la forza lavoro è destinata a diminuire, il sistema pensionistico rischia di saltare se il numero dei lavoratori non è sufficiente. Il sistema Paese viene definito ‘bara’ proprio per la figura che richiama il rapporto di crescita tra lavoratori e pensionati”. Siamo in una piena emergenza che doveva essere pianificata venti anni fa, poiché i segnali di urgenza non erano mancati.
All’avvocato Vincenzo Vaiti è toccato approfondire l’aspetto legislativo, vale a dire come si arriva dal testo unico dell’immigrazione del 1998, che disciplinava il fenomeno prima del decreto Minniti-Orlando del 2017, al decreto sicurezza varato a ottobre 2018 e convertito in legge a dicembre, senza tralasciare il fondamento di ogni disciplina in materia quell’articolo 10 della Costituzione, e il cuore del principio: “Lo straniero al quale sia impedito l’esercizio delle garanzie democratiche deve essere tutelato, cosa che il decreto non garantisce. Così come non si calcolano le conseguenze negative determinate dalla chiusura dei Centri di accoglienza straordinaria che lascerà senza lavoro circa 40 mila operatori”.
Secondo l’avvocato Vaiti il decreto sicurezza ha dei profili di incostituzionalità proprio perché regolamenta una materia come i flussi migratori – che con Minniti erano diminuiti – con un decreto privo dei requisiti della necessità e dell’urgenza che giustificherebbero tale strumento normativo.
Coinvolgenti le testimonianze di Pino De Lucia, presidente della cooperativa Agorà e dell’imprenditrice Sonila Alushi. “L’accoglienza è concretezza. Quando abbiamo iniziato eravamo semplici cittadini che si davano da fare, anche solo portando la spesa. Ci chiamano buonisti – racconta De Lucia – invece siamo quelli che hanno fatto una scelta di vita, dalla parte dei più deboli, che oggi sono gli immigrati, prima del 1998 erano i tossicodipendenti, specie in una città come Crotone. Noi aiutiamo le persone: quando arrivano da noi non chiediamo il documento, al di là delle ideologie, chi lascerebbe morire un bambino in mare? Il mondo del terzo settore – sostiene – oggi è fatto dai partigiani del sociale”.
Sonila racconta di essere arrivata in Italia per studiare grazie ad uno zio che è arrivato su un barcone. Uno zio arrivato clandestino e rimasto come italiano, come bravissimo elettricista perfettamente integrato nella sua comunità. “Clandestino molto spesso diventa sinonimo di criminale, e questo è un limite per la nostra integrazione. E ogni volta che riceviamo un no questo diventa un limite che grava su chi arriva e su chi accoglie, e crea insicurezza negli autoctoni. L’esclusione crea rancore – spiega Sonila - e il rancore crea problemi, come la criminalità e il terrorismo, la vera integrazione porta ad essere tutti uguali nei diritti, ma liberi di essere diversi”.
I migranti producono 130 miliardi di euro l’anno, il 9 per cento del Pil: “Se il flusso migratorio viene gestito come si deve i migranti sono una risorsa, quindi mi capito necessità di parlare dell’immigrazione. La mia storia non è l’unica, è la stessa di milioni di noi, e la stessa che hanno vissuto milioni di italiani. L’Italia rimane uno dei paesi più sensibili e accoglienti, l’animo italiano deve essere salvato”. E ai ragazzi chiede di non prendere le distanze dalla politica, anzi: la politica significa scegliere per il meglio, per il bene della comunità.
“Immagino che in questo contesto la posizione di Fratelli d’Italia rispetto alle novità in materia di immigrazione introdotte dal decreto sicurezza sia la più impopolare, la meno politicamente corretta – dice la deputata Wanda Ferro, neocommissario provinciale di Fratelli d’Italia a Catanzaro -. Ma io penso che si debba combattere una vera e propria battaglia di civiltà contro l’ipocrisia di chi agita strumentalmente il tema del razzismo in un Paese che è invece civile ed accogliente. Razzista non è chi vuole il controllo dei flussi migratori, ma chi in questi decenni ha favorito la partenza dei barconi della morte e chi ha speculato e si è arricchito sulla pelle dei migranti. Ritengo che siano il mancato controllo dei flussi migratori e la cattiva accoglienza ad ostacolare una positiva integrazione e generare diffidenza e deprecabili fenomeni di intolleranza. Noi di Fratelli d’Italia abbiamo contestato il decreto sicurezza, ritenendolo ancora poco efficace e coraggioso.
Ma certamente rappresenta un piccolo passo avanti rispetto a ciò che c’era prima, perché si muove nella direzione di migliorare la sicurezza dei cittadini: ricordo che questo è stato uno dei punti cardine del programma con cui il centrodestra si è presentato agli elettori ottenendo la maggioranza dei consensi. Abbiamo giudicato il decreto insufficiente, incompleto, ma perfettamente in linea con le posizioni poco chiare di un governo che per settimane si è smarrito davanti alla possibilità di formare il Global Compact, un documento scellerato che avrebbe costretto l’Italia a rinunciare ad ogni sovranità sui propri confini e ad ogni diritto a gestire e limitare i flussi migratori”.
“Quello che è successo a Torre Melissa, il grande esempio di accoglienza a cui abbiamo assistito ci ha riconciliato con la nostra umanità – afferma Antonio Viscomi –. Di fronte questi fenomeni il rischio è di ragionare troppo, mettere insieme cuore, pancia e testa. Il Decreto sicurezza ci spinge a ragionare solo con la pancia. Wanda Ferro ha parlato di blocco navale, cuore strappato, mafia nigeriana, dando una manifestazione negativa del fenomeno. Dall’altro lato c’è Sonila che ci racconta come i suoi parenti sono diventati imprenditori e Pino che lavorare nel sociale dimostrando che non è business. Dobbiamo decidere cosa fare del futuro: non ragioniamo per avere un voto in più ma che tipo di paese dobbiamo costruire”.
Secondo Viscomi prima di tutto è necessario “distinguere, perché quando parliamo di immigrazione mettiamo insieme l’immigrazione economica con quella umanitaria”. Si continua a parlare di sicurezza, che secondo Viscomi il decreto Salvini non garantisce: e qual è il termine medio tra accoglienza e sicurezza? “Coesione sociale, c’è sicurezza quando c’è il senso della comunità, e il modo per dare coesione è prendere consapevolezza dei problemi”. È anche il modello di scegliere tra i modelli di accoglienza-integrazione da attuare: da un lato c’è la tendopoli di San Ferdinando, dall’altro Riace, Camini, Stigliano, “eliminando il modello Sprar abbiamo eliminato un modello di integrazione. Quello che dobbiamo garantire con il diritto migrare riconosciuto dalla Costituzione è il diritto alla felicità”.
“L’accoglienza per noi calabresi è la normalità. Se nel caso di Torre Melissa arriva un plauso – dice il consigliere Baldo Esposito – allora c’è un problema. La mediazione da garantire è quella tra il diritto degli uomini e l’equilibrio di chi governa, non si può parlare di buoni e di cattivi su questo tema, dobbiamo partire dal senso di insicurezza che viene sentito anche in queste zone.
Il decreto sicurezza può essere affrontato dal punto di vista ideologico o tecnico, ma purtroppo prevale il primo”. Esposito rimarca che il Decreto sicurezza garantisce il diritto alla protezione internazionale e il permesso per motivi umanitari è stato circoscritto, così come la protezione speciale salvaguarda i diritti inalienabili di chi mette piede in Italia, tipo tutela di diritto alla saluta, gli Sprar funzionano per un numero minore. Quindi “non è vero che si abbandona il migrante che arriva”.
Quello che manca è un maggiore finanziamento per l’integrazione e una moderazione politica con paesi di provenienza. Bisogna abbassare i toni, dice ancora: “Tenetevi lontano dalla politica che litiga e che in questo modo ha creato l’antipolitica”. Il Decreto sicurezza, per il presidente della Commissione regionale antimafia è una “mortificazione anche dalla tradizione legislativa italiana, si distrugge lo spirito della vecchia Europa che tanto ha insegnato con valori e principi che hanno fatto scuola, oggi ci state relegando nella barbarie del diritto. Se avessimo approvato lo ius soli, questo non sarebbe successo. I Cinquestelle parlavano di democrazia, invece arriviamo a legiferare in un argomento così importante attraverso un decreto”.
“La Costituzione parla anche di lavoro, non solo del diritto di migrare e di lavoro non si è parlato affatto in questa tavola rotonda – ha esordito il coordinatore provinciale della Lega Lino Chiefalo -. In questo momento cerchiamo di tamponare i danni creati dal governo della sinistra. Il Decreto Salvini è una necessità nata dal fatto che ci sono state politiche migratorie gestite male”. La cosa importante per Chiefalo è “dare la possibilità ai giovani di scegliere se restare o partire. E piuttosto che concentrarsi sul decreto che non mette in discussione i flussi migratori, sarebbe meglio canalizzare la nostra forza contro tutte le mafie. Il Paese che voglio – conclude Chiefalo - è quello dei giovani, nessuno è contro dell’immigrazione, ma all’interno di controlli”.
“Sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione c’è bisogno di discutere e ascoltare – ha concluso l’assessore Robbe -. Una discussione che sia propositiva, senza posizioni preconcette. Piuttosto serve un dialogo imperniato sulla disponibilità a venirsi incontro, a cambiare posizione, a trovare una mediazione”. “Solo il dialogo – ritiene l’assessore regionale al Lavoro - può portarci a trovare soluzioni per chi è accolto e per chi accoglie, l’atteggiamento da tenere è quello dell’accortezza dei Padri Costituenti”.
“A fronte di un problema così complesso, non si possono dare risposte semplificate: è necessario il contributo di tutti, non sono possibili soluzioni con la testa di una o poche persone. Questa è una grande responsabilità per chi ha un ruolo soprattutto in Parlamento – dice ancora la Robbe -. Il fine della politica è trovare un momento di sintesi”.
Sul tema dell’accoglienza “la Calabria può dare una lezione: nel 2009 il consiglio regionale calabrese ha varato all’unanimità la prima legge in Italia che non parla di Cas, Sprar e sicurezza ma di accoglienza. Una legge equilibrata che tiene conto di tutte le esigenze, quelle di chi è accolto e quelle di chi accoglie. Abbiamo il dovere non solo di fare leggi e provvedimenti, ma di portare avanti il dialogo per arrivare a quelle soluzioni anche educando al confronto per il raggiungimento di alcuni obiettivi, perché è lo Stato che fa la qualità dell’uomo, come diceva Platone”.