Operazione Ares. Scattano i sigilli per imprenditore in odore di mafia
I Carabinieri di Gioia Tauro hanno eseguito un sequestro di beni disposto, in base alla normativa antimafia, dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria.
Il provvedimento ha colpito l’imprenditore Giuseppe Nasso, 40nne di Rosarno, agli esiti dell’indagine Ares, che nell’agosto scorso aveva portato in carcere 45 persone (LEGGI), ritenute appartenenti a due diverse organizzazioni territoriali della ‘ndrangheta, quella dei Cacciola e dei Cacciola-Grasso, radicate nella Piana e, quindi, riferibili alla cosiddetta Società di Rosarno del mandamento tirrenico reggino.
Le indagini, condotte dai militari e coordinate dalla Procura della Repubblica, diretta da Giovanni Bombardieri, tendono a dimostrare come Nasso - destinatario in quella circostanza di uno dei provvedimenti cautelari con l’accusa di associazione mafiosa ed altri reati - fosse un “partecipe” della cosca “Cacciola-Grasso”, per favorire la quale avrebbe messo a disposizione il patrimonio detenuto illecitamente.
Sulla base delle prove raccolte fino a quel momento sono stati eseguiti così degli approfondimenti patrimoniali - delegati ai militari di Gioia Tauro e coordinati dall’Aggiunto Gaetano Calogero Paci e dal Sostituto Adriana Sciglio - che hanno portato a ritenere vi sia una “netta sproporzione” tra il patrimonio accumulato negli anni dall’imprenditore e quello effettivamente dichiarato.
Il sequestro di oggi ha riguardato del denaro contante, dei conti correnti, polizze assicurative e un’impresa individuale, comprensiva di tutto il compendio aziendale, insieme a beni immobili tutti riconducibili a Nasso ed ai suoi familiari, per un valore complessivo di oltre 3,5 milioni di euro.