Discarica in fondo allo Stretto di Messina. Più di 4mila rifiuti trasportati in mare dalle fiumare
C’è una vera e propria discarica abusiva sui fondali dello Stretto di Messina. Bambole, scarti, pneumatici e una cucina, giacciono a oltre 600 metri di profondità del Mar Mediterraneo.
È la singolare scoperta fatta dai ricercatori del Cnr, Martina Pierdomenico, Daniele Casalbore e Francesco Latino Chiocci e dell’Università La Sapienza di Roma pubblicata sulla rivista Nature scientific reports.
Gli studiosi hanno infatti documentato, grazie alle telecamere piazzate su un robot subacqueo Rov, la presenza di centinaia di rifiuti che ogni giorno vengono trasportati in mare dalle fiumare tanto calabresi, quanto siciliane.
Una scoperta fatta per la prima volta fai geologi che si sono avvalsi di una telecamera subacquea che ha percorso più di 6 chilometri fino a 600 metri di profondità, in quattro punti dello Stretto, 2 di fronte a Reggio Calabria e 2 sul versante siciliano, a una decina di chilometri a sud di Messina, a distanze di 1-2 chilometri dalla costa.
Situazione che Martina Pierdomenico, naturalista del Cnr, non avrebbe mai pensato di trovare, come testimonia sulle pagine di Repubblica. La stessa Marina è stata poi impegnata per mesi a contare e classificare gli oggetti fotografati sul fondale dello Stretto. Ha detto di aver trovato ben “quattromila pezzi in tutto, solo fra quelli identificabili. Quasi la metà ha dimensioni fra 10 e 50 centimetri”.
Anche se la concentrazione maggiore è “sul versante siciliano, con un record di 200 rifiuti in 10 metri. Ma l’automobile era di fronte alla costa calabrese”. Una discarica sottomarina che non verrà mai bonificata, anzi con il passare del tempo verrà ricoperta da fango o da altri rifiuti.
La plastica morbida, quella dunque delle buste e dei sacchetti di plastica, è la categoria più diffusa, tanto da rappresentarne il 52,4% dei detriti totali, seguita poi dalla plastica dura che rappresenta il 26,1%.
Il 3,4% dei rifiuti in fondo allo Stretto è costituito da materiali da costruzione, il 2,5% da metalli, il 2,4% da tessuti, l’1,8% da pneumatici, mentre in quantità ancora minori si trovano attrezzi per la pesca, legname, vetro, carta e altri materiali non identificati.
E sono diversi gli oggetti di grandi dimensioni nei canali Tremestieri (Sicilia) e San Gregorio (Calabria). Degno di nota, un’auto sepolta si trova a 510 m nel canale di San Gregorio, mentre quattro piccole imbarcazioni sono osservate nel canale 1 di Tremestieri tra 580 e 520 m di profondità.
Uno di questi è stato identificato come una piccola barca appartenente ad una struttura turistica situata nella costa siciliana, a circa 40 km a sud della testa del canale 1 di Tremestieri. La concentrazione massima di rifiuti è stata osservata in corrispondenza o subito dopo la confluenza dei rami di canale nel canale 1 di Tremestieri.
Dunque i fondali del canyon sono delle vere e proprie discariche dove rifiuti e sedimenti si mescolano in ammassi caotici quasi come se si osservassero i depositi di una frana che si è abbattuta su un centro abitato. Presenza che secondo gli studiosi sarebbe imputabile al “trasporto dei sedimenti da parte di flussi gravitativi che prendono in carico i rifiuti affondati nei pressi della testa dei canyon (principalmente scaricati dai fiumi, oppure portati in acqua dal vento o ancora gettati deliberatamente a mare) e li trasportano proprio come melmose frane verso i fondali dello Stretto”.
Maggiori rifiuti nel tratto siciliano, dunque forse per il maggiore grado di urbanizzazione e quindi alla “maggiore pressione antropica”, ma anche alla “differente morfologia del fondale: i canyon del versante siciliano sarebbero meno ripidi di quello calabrese, dunque è possibile che i primi siano caratterizzati da fenomeni di deposizione preferenziale dovuta proprio alla minore pendenza del fondale”.