Reggio, attivata Rete contro la violenza di genere “25 novembre e oltre”
È stata attivata a Reggio Calabria la rete tra Istituzioni e associazioni contro la violenza di genere “25 novembre e oltre”. Il progetto è stato presentato il 25 novembre a palazzo Alvaro su iniziativa della consigliera di Parità metropolitana Paola Carbone. All’evento erano presenti le massime autorità civili reggine, il presidente della Corte d’Appello Luciano Gerardis, il procuratore distrettuale Giovanni Bombardieri, i vertici locali delle forze dell’ordine e numerosi esponenti del tessuto associativo di Reggio Calabria.
Grazie alla sinergia istituzionale la rete potrà “ottenere una “mappatura” su tutti questi fenomeni, ma anche di fare monitoraggio, educazione, formazione, condivisione di esperienze che troppo spesso rimangono patrimonio esclusivo di chi le ha vissute direttamente”, ha detto il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà. Inoltre, nei prossimi giorni, inizierà il processo per i fatti che hanno visto coinvolta Maria Antonietta Rositani, Il Comune e la Città metropolitana hanno deciso di costituirsi parte civile.
Il primo cittadino ha inoltre esortato a operare i dovuti “distinguo”: “Di sicuro non tutti gli uomini sono nemici delle donne – ha osservato l’amministratore –. È vero che la violenza di genere ha luogo per mano di barbari, di uomini che certo non amano le donne e su di loro sfogano tutte le proprie frustrazioni, però ci sono anche uomini che lottano accanto alle donne, e io vorrei che questa giornata assumesse anche questa consapevolezza: la battaglia contro la violenza di genere non è settoriale, ma ci vede tutti impegnati in prima persona, perché solo con un impegno diretto possiamo veramente cambiare le cose”.
Tra i numerosi interventi susseguitisi, ha emozionato quello di Emanuela De Vito, componente della Cpo, la Commissione Pari opportunità metropolitana. “Io ci ho provato, a denunciare. Nel 2005 – è stata la sua pubblica testimonianza –, subii sulla mia pelle un tentato femminicidio, a coltellate: solo la bravura dei sanitari degli Ospedali Riuniti ha impedito che questo scellerato progetto si realizzasse”. Ha rilevato però Emanuela De Vito di essersi sentita libera, una volta compreso d’essere sopravvissuta nonostante le gravi ferite riportate, “mi sono invece sentita entrare in una “gabbia” – ha scandito – quando ho avuto a che fare con la Giustizia, dovendo affrontare i tre procedimenti incardinati contro il mio carnefice: quello principale per tentato omicidio, un secondo per sequestro di persona e un ultimo per lesioni personali”.
“Pure la mia esperienza mi porta, purtroppo, a dire che non c’è un vero supporto alle vittime da parte dello Stato – ha aggiunto la De Vito –. Avere un magistrato che in Aula ti difenda quando certi avvocati ti fanno sentire la causa di quanto accaduto anziché la vittima incolpevole, avere accanto il sostegno dello Stato per sentirsi dire: “Ti aiutiamo noi” per le spese mediche, per quelle processuali sarebbe invece un’arma importante per convincere a uscire allo scoperto tante donne che, ancor oggi, subiscono in silenzio”.