‘Ndrangheta. Per la Dda sono imprenditori collusi, maxi confisca da 140mln
Ammonta all’imponente cifra di 140 milioni di euro il valore totale dei beni confiscati stamani a cinque imprenditori reggini coinvolti nell’inchiesta Andrea Doria, nota come operazione Petrolmafie Spa (QUI), contro l’infiltrazione della ‘ndrangheta nell’economia legale.
Coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo dello Stretto, i finanzieri sono entrati in azione sull’intero territorio nazionale ma anche in Germania, eseguendo due provvedimenti emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale locale.
Le triangolazioni societarie
Secondo gli investigatori si sarebbe fatta luce su un articolato sistema di frode fiscale, realizzata nel settore del commercio di prodotti petroliferi, imperniata su delle triangolazioni societarie ritenute fittizie e finalizzate ad evadere l'Iva e le accise, nonché sull'impiego di dichiarazioni di intento anch’esse false, si tratta in questo caso di un istituto che consente di acquistare in regime di non imponibilità.
La tesi è che il gruppo abbia gestito l’intera filiera della distribuzione del prodotto petrolifero dal deposito fiscale fino ai distributori stradali finali, interponendo una serie di operatori economici: imprese, considerate mere “cartiere”, che commerciano carburante; depositi commerciali e brokers locali. Il tutto allo scopo di evadere in modo sistematico le imposte.
"Al servizio dei clan"
Gli investigatori sostengono quindi che gli imprenditori che hanno subito oggi la confisca fossero “collusi” con le cosche della Piana di Gioia Tauro e della Locride, in alcuni casi si sospetta anche ne facessero proprio parte essi stessi.
Si ipotizza inoltre che fossero al servizio di altri clan collegati, con il compito di riciclare i proventi derivanti da attività illecite per il tramite delle loro aziende che operano nel settore della distribuzione e del trasporto dei carburanti petroliferi.
Il patrimonio sproporzionato
L’indagine patrimoniale, anche valorizzando precedenti risultanze investigative, ha consentito di rilevare, più nel dettaglio, il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità degli indagati, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità economico-reddituale manifestata.
Pertanto, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha prima disposto il sequestro del patrimonio riconducibile a tutti: si tratta di società, immobili, beni mobili tra cui orologi di lusso, denaro contante e risorse finanziarie ubicati in tutta Itala ed all’estero, e del valore stimato in circa 122 milioni di euro.
Successivamente, al termine di altri approfondimenti, la misura è stata estesa al altri beni, ovvero a società e immobili in Calabria, nel Lazio ed nel Piemonte, e posizioni finanziarie accese all’estero, in questo caso per altri circa 19 milioni.
I beni cautelati
Per tutti è stata quindi disposta la confisca che, nel dettaglio, ha colpito l’intero compendio aziendale, comprensivo di 79 immobili (58 terreni e 21 fabbricati) nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Roma, Frosinone e Novara.
Cautelai poi 85 tra automezzi ed autoveicoli di 28 imprese, tre delle quali con sede in Germania, attive prevalentemente nei settori del commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, della manutenzione e riparazione di containers, della locazione immobiliare di beni propri e del trasporto merci su strada.
I sigilli sono scattati, ancora, per una ditta individuale operante nel settore agricolo, per le quote di una società che opera nella locazione immobiliare di beni propri; per altri beni immobili (8 fabbricati di cui 6 a Roma) e mobili registrati (un motoveicolo e sette autoveicoli). Infine, per quattro orologi di lusso, circa un milione di euro in contanti e disponibilità finanziarie, accese anche all’estero, per un valore complessivo stimato in oltre 140 milioni di euro.