Bologna. Azienda cosentina “sfruttata” dopo la morte del titolare: denunciati in 11
Un provvedimento di sequestro di beni, per un valore di 17 milioni di euro, è stato eseguito dai finanzieri del Comando Provinciale di Bologna e undici persone sono finte denunciate poiché ritenute, a vario titolo, responsabili dei reati di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice ed appropriazione indebita.
Il provvedimento - emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, Roberta Dioguardi - ha colpito l’intero patrimonio mobiliare ed immobiliare della “Fondazione Cavaliere del Lavoro Carmine Domenico Rizzo”, con sede legale a Rende, nel cosentino, e sede operativa a Bologna, e di due società di capitali con sede sempre a Bologna e controllate dallo stesso ente.
Le indagini, svolte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria emiliano sotto la direzione della Procura della Repubblica locale, nella persona del Sostituto Procuratore Manuela Cavallo - fanno ritenere agli inquirenti che gli indagati abbiano amministrato la fondazione, nell’ultimo decennio, e dopo la morte del suo fondatore, ma che non ne avessero titolo in ragione di una serie di sentenze emesse dall’Autorità Giudiziaria civile che ne avevano disposto la decadenza e la sostituzione.
In più, oltre a non dare esecuzione - in maniera ritenuta “dolosa” - a questi provvedimenti, sarebbe stato appurato dalla Gdf come le persone denunciate abbiano posto in essere, nel tempo, diverse azioni di depauperamento dell’ingente patrimonio dell’Ente, gestito attraverso alcune società di capitali partecipate, e così facendo drenando beni e disponibilità finanziarie in loro favore anziché essere utilizzate per le finalità stabilite dallo statuto dell’istituzione filantropica.
In particolare è stato disposto il sequestro delle disponibilità finanziarie, dei beni mobili e di oltre 100 beni immobili (costituiti da appartamenti, negozi, garages, terreni, fabbricati rurali) tutti situati a Bologna e la cui disponibilità da parte degli indagati,s sempre secondo gli investigatori, “avrebbe aggravato la protrazione delle condotte distrattive in atto”.
Contemporaneamente all’esecuzione dei provvedimenti cautelari sono state eseguite numerose perquisizioni fra Emilia Romagna, Lombardia e Calabria.