Reggio Calabria, il Progetto Incipit fa il punto su caporalato e Decreto Rilancio

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“Rispondere in modo integrato e sistematico ai bisogni dei migranti che lavorano sulla Piana di Gioia Tauro”. È stato questo il tema di dibattito al tavolo tecnico sul Progetto Incipit, incentrato sugli interventi di contrasto allo sfruttamento lavorativo e sulle azioni da intraprendere a favore dei lavoratori migranti.

Il progetto, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Pari Opportunità, e co-finanziato dalla stessa Regione Calabria, ha visto la partecipazione di diversi ospiti: l’avvocato Lucia Lipari per il progetto Incipit, assieme a Maria Rosa Impalà e Pasquale Costantino, la dirigente Edith Macrì per la Regione Calabria, Massimo Mariani, Prefetto di Reggio Calabria, Concetta Gangemi, dirigente immigrazione presso la Questura reggina, assieme ad Andrea Tripodi, Giuseppe Idà e Roy Biasi, rispettivamente sindaci di San Ferdinando, Rosarno e Taurianova.

“Negli ultimi 4 anni e mezzo si possono riscontrare oltre sei milioni di sanzioni, sono state ispezionate 1092 aziende, sono state fatte 4075 perquisizioni personali e sono state elevate sanzioni per oltre 833 mila euro ed ovviamente si continuerà” afferma il Prefetto di Reggio Calabria, Massimo Mariani. “Si registra inoltre la continuità di un problema, quello delle migrazioni di persone che vengono da teatri di guerra e che in molti casi entrano a far parte di reti e business criminali. L’impianto dell’art. 40 del D.lgs. 286/98 sui centri di accoglienza fissa il tema sul piano della concertazione tra Regioni, Comuni ed associazioni. Urge trovare soluzioni condivise per andare oltre i ghetti. Al di là della questione umana, bisogna considerare il rispetto della legalità, del controllo, della sicurezza”.

“La sanatoria correlata al Decreto Rilancio e all’emersione del lavoro nero ha consentito la regolarità del soggiorno del migrante e del rapporto lavorativo”, dichiara Concetta Gangemi. “Nella provincia di Reggio Calabria si sono presentate 2373 pratiche sanatoriali, di cui 929 sono istanze di migranti di origine georgiana e operanti nel settore domestico. I rischi di reato sono molteplici, così come i risvolti sul piano penale”.

“È fondamentale un approccio che venga ‘dal basso’, che accompagni le vittime di sfruttamento lavorativo nelle varie fasi dell’emersione, che vanno dall’acquisizione di un permesso di soggiorno, alla possibilità di un lavoro regolare, alla stipula di un contratto di locazione”, affermano i coordinatori del progetto. “Questi passaggi consentono l'acquisizione di diritti e l'uscita dai circuiti dello sfruttamento e dell’emarginazione sociale. Il tutto fino ad oggi è stato possibile solamente grazie ad un lavoro di rete con le istituzioni e con gli altri attori presenti sul territorio: Cgil e Flai-Cgil, Caritas, Emergency, Medu e Usb”.