Reati ambientali nell’area industriale di Lamezia. Sequestro da 24 milioni
Scaricava l’acqua piovana, venuta a contatto con rifiuti speciali anche pericolosi, nei piazzali all’esterno dello stabilimento e nella condotta della rete consortile delle acque bianche: il tutto senza alcun trattamento.
Per questo è scattata la denuncia di una persona e il sequestro di un’azienda locale specializzata nell’attività di trattamento di zincatura di materiali ferrosi.
La persona deferita è l'amministratore della società di capitali, considerato responsabile di diversi reati ambientali, mentre i sigilli sono scattati per il sito di circa 40 mila metri quadrati e per un valore di oltre 24 milioni di euro.
Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica della città della Piana, Salvatore Curcio, e dal Sostituto Marica Brucci, hanno inoltre permesso di accertare che l’impianto di depurazione dello stabilimento era quasi costantemente inattivo.
Nel corso delle attività i militari hanno trovato diversi cumuli di rifiuti speciali pericolosi, tra cui pneumatici fuori uso, batterie al piombo, fusti contenenti olii minerali esausti, con evidenti fuoriuscite del contenuto sul suolo, ponteggi e strutture metalliche visibilmente ossidati.
Ma anche fusti metallici all’interno dei quali era depositata cenere di zinco e masse solide di scorie prodotte durante le fasi di zincatura, oltre che rifiuti solidi urbani frammisti a quelli speciali (bombolette spray di zinco).
Questi materiali senza protezione erano stati lasciato sul piazzale attiguo allo stabilimento, in aree non pavimentate, esposte all’azione degli agenti atmosferici e meteorologici.
I militari hanno quindi constatato che le attività di lavorazione delle polveri prodotte dallo zinco non venivano filtrate, dato che l’impianto di abbattimento delle emissioni in atmosfera non era conforme alle autorizzazioni, e per questo sono state rilevate esalazioni all’interno dello stabilimento.
Il personale tecnico dell’Arpacal, intervenuto nelle operazioni, ha accertato che l’azienda non avesse ottemperato a diverse prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrale ambientale rilasciata dal Dipartimento ambiente e territorio della Regione Calabria.
L’operazione è stata condotta dai finanzieri di Lamezia Terme insieme ai Carabinieri del Noe di Catanzaro (nucleo per la tutela ambientale e transizione ecologica), il Nucleo Operativo di Polizia Ambientale della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia e l’aliquota Ambiente della polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Lamezia Terme.