Teatro. L’attore Marco Falaguasta strega il Cilea
“Quello che stiamo facendo stasera succede solo in uno spettacolo dal vivo. A chi ha avuto paura di venire a teatro, parlate di questo incantesimo. Ditegli quanto è stato bello stare insieme”. Così l’attore romano Marco Falaguasta ha spezzato l’incantesimo o meglio, ha messo all’angolo l’angoscia creata dalla terribile pandemia che ha fermato i teatri, l’arte, ci ha impedito di vivere. In un divertente e reale one man show “Neanche il tempo di piacersi” scritto dallo stesso Falaguasta insieme a Tiziana Foschi e Alessandro Mancini e prodotto dal geniale Nicola Canonico per la “Good Mood”, si torna indietro nel tempo, precisamente agli anni ’80 in un periodo caratterizzato da regole severe impartite in famiglia, di rispetto, obblighi e doveri di figli e genitori ma soprattutto, si descrive una società in cui non c’era l’odierna tecnologia e si dava più importanza ai rapporti umani, alla semplice ma vera quotidianità.
Marco, per un’ora e 50 minuti, mette a nudo la sua vita, quell’adolescenza fatta di conquiste e tanta fatica, feste con gli amici, i racconti a casa della nonna, le prime cotte e le uscite con le ragazze, il Capodanno da maggiorenne, il rapporto con i suoi genitori e oggi, il legame con i suoi figli Gaia ed Edoardo. In un racconto smorzato da sketch nati sul momento con il pubblico che conquista già dai primi minuti in cui entra in scena, spicca un fuoriclasse del teatro, un attore forte ed elegante con una dialettica raffinata, mai banale, sagace e a tratti pungente.
“La nostra società è cambiata. Io per fare qualsiasi cosa, dovevo chiedere il permesso ai miei genitori - racconta Marco -. Oggi, questo uso è diventato un disuso. La nostra è stata una generazione che sapeva che sopra la sua testa c’era un’autorità, la famiglia alla quale bisognava portare rispetto e gratitudine. La vecchia generazione ha fatto delle conquiste, ha lottato per i propri diritti, si è opposta alla burocrazia perché siamo noi che scegliamo chi mandare al Governo e non siamo stupidi ma complici. Il problema dei nostri tempi è nel fatto che gli uomini non vogliono essere utili ma importanti. Dignità è uno dei valori che i genitori devono trasmettere ai figli ed io ero pronto a diventare padre in base a quei principi inculcati ma ad un certo punto, è arrivata la tecnologia”.
Il pubblico segue con attenzione la stand up commedy ritrovandosi in quelle storie di vita e si perde nelle riflessioni fatte a cuore aperto da Marco che proprio sul finale sprona i “grandi” ad ascoltare di più e a parlare di meno.
“Come è possibile non accorgersi che nostra figlia è una Baby Squillo o che nostro figlio è vittima di bullismo o è il bullo di turno o ancora peggio, che ha paura di dirci che ama un altro dello stesso sesso? – domanda Marco ai suoi amici spettatori -. “Forse, non ascoltiamo, non prestiamo loro attenzione e giudichiamo troppo. Sicuramente, aveva ragione Zenone nel dire che la ragione per cui abbiamo due orecchie ed una sola bocca è che dobbiamo ascoltare di più e parlare di meno”.
Gli applausi inondano d’affetto un interprete profondo e colto che sa di avere il privilegio di regalare sogni, amore e speranza a persone che non conosce, che non ha mai incontrato ma con le quali riesce sempre a creare un incantevole universo fatto di umanità e gentilezza.