Processo “Stop”: collaboratore di giustizia condannato a due anni per maltrattamenti

Cosenza Cronaca

Il Tribunale di Castrovillari in composizione collegiale ha condannato G.G., un pregiudicato rossanese sentito come collaboratore di giustizia nel processo della Direzione Distrettuale Antimafia denominato “Stop”, dichiarandolo colpevole del reato di maltrattamenti in famiglia aggravati dalla recidiva.

L’uomo è stato condannato a due anni di reclusione, al pagamento delle spese processuali, al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede, in favore della parte civile, oltre al pagamento delle spese di costituzione e difesa sostenuta dalla stessa parte civile.

LE ACCUSE

All’imputato si contestava di avere - con ripetute vessazioni e con violenza fisica e psicologica - maltrattato la convivente, in una occasione brandendo un coltello da cucina e minacciandola di morte.

A dare il via alla vicenda era stata una telefonata effettuata dallo stesso G.G. ai Carabinieri di Rossano Centro, durante la quale si era autodenunciato per aver tentato di accoltellare la ex moglie.

Giunti nell’abitazione i militari avevano raccolto la confessione dell’uomo, che aveva ribadito il proprio proposito omicidiario prendendo un coltello e mimando il gesto di accoltellare la donna all’addome.

In quella circostanza, i Carabinieri lo avevano bloccato e disarmato, sequestrando il coltello e procedendo anche alla redazione di un fascicolo fotografico.

Dichiarato in arresto, su disposizione del Pm venne poi condotto nella Casa Circondariale di Castrovillari.

IL PROCESSO

Rinviato a giudizio all’esito dell’udienza preliminare, per l’imputato ha preso il via il processo di primo grado dinanzi al Tribunale di Castrovillari in composizione collegiale.

Nel corso della fase dibattimentale sono stati escussi come testimoni la ex moglie e i figli, che hanno ripercorso le tappe della vicenda, illustrando i comportamenti e gli atteggiamenti tenuti dall’uomo nel corso degli anni, dando piena prova e conferma all’impianto accusatorio.

All’esito della camera di consiglio il collegio giudicante, in accoglimento delle richieste avanzate dal Pubblico Ministero e dall’Avvocato Francesco Nicoletti, difensore di parte civile, ha condannato l’imputato disponendo la confisca e la distruzione di quanto sottoposto a sequestro.