Suicidio nel carcere di Reggio. Di Giacomo, Spp: “è il secondo in 24 ore”

Reggio Calabria Cronaca

Il suicidio del detenuto livoriano di 21 anni nel carcere di Reggio Calabria, a 24 ore da quello di un altro giovanissimo detenuto (22 anni), di origini dominicane nel carcere di Udine, segna una spirale di morte nelle carceri – 75 dall’inizio dell’anno, di cui 36 stranieri – che non consente disattenzione e atteggiamenti di semplice cordoglio. Il personale di polizia penitenziaria che pure continua a salvare vite umane – l’ultimo salvataggio ieri sempre a Reggio Calabria, questa volta in un reparto ospedaliero dove era ricoverato – non ha alcuna intenzione di tenere il conteggio dei detenuti che si tolgono la vita e di rinnovare l’allarme a fare presto”.

Così il segretario generale dell’S.PP., il Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo che aggiunge: “dagli ultimi due casi emergono due nuovi allarmanti aspetti dell’emergenza suicidi: per i detenuti extracomunitari – circa 12mila - l’assenza di mediatori culturali e psicologi si fa sentire in maniera ancora più pesante. Come la difficoltà dovuta alla lingua. Il personale penitenziario fa del suo meglio ma ha oggettivi problemi di dialogo e di percepire segnali di disagio”.

“E poi – altro elemento sempre più preoccupante – si abbassa l’età dei detenuti suicidi a riprova che i giovani, insieme ai tossicodipendenti e a quanti hanno problemi psichici sono i più fragili e vulnerabili. Purtroppo – dice Di Giacomo - gli annunci per la costruzione di nuovi padiglioni lasciano il tempo che trovano. Si tratta piuttosto di prendere atto che la circolare del DAP e la task force istituita dal precedente Ministro Cartabia si sono rilevati fallimentari ad intercettare il grave disagio, soprattutto psicologico, limitandosi a trasferire ogni responsabilità ai Provveditori e ai direttori di istituto”.

“È troppo facile – continua il sindacalista – procedere al classico ‘scarica barile’ delle responsabilità pur sapendo che né provveditori né direttori dispongono di risorse umane (psichiatri, psicologi) e finanziarie, strumenti e strutture per intervenire. La Premier Meloni nella relazione programmatica ha fatto significativi riferimenti a questo come agli altri problemi del lavoro del personale penitenziario e del sistema carcerario. Anche il neo Ministro Nordio si è espresso, in verità non sempre in maniera chiara. Si deve fare di più e meglio: questa strage silenziosa deve finire con misure e azioni concreti. Si ascoltino le proposte del sindacato di polizia penitenziaria che quotidianamente si misura con l’emergenza suicidi”