Tra economia taglieggiata e spaccio della droga, schiaffo agli affari dei Tundis-Calabria
Avrebbero controllato il territorio compreso tra i comuni di San Lucido, Falconara Albanese, Fiumefreddo Bruzio e Longobardi con la tendenza ad espandersi anche nella aree vicine, con rapporti di alleanza instaurati con altre articolazioni criminali che operano nella città di Cosenza.
Questo quanto emergerebbe dall’inchiesta con cui la Dda di Catanzaro, stamani, con l’operazione non a caso denominata “Affari di famiglia”, ha indagato una quarantina di persone, per diciotto delle quali si sono spalancate le porte del carcere, altre sette sono finite invece ai domiciliari, nove sono quelle sottoposte all’obbligo di dimora nel comune di residenza ed all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, una al divieto di dimora e due a quello di esercitare l’attività di impresa (QUI I NOMI).
Al centro - come hanno spiegano gli stessi inquirenti - un’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetistico, e due associazioni che operano nel traffico e commercializzazione di stupefacenti, una radicata a San Lucido e l’altra a Paola.
La tesi è che la struttura di San Lucido fosse sotto l’egida degli esponenti dell’articolazione di ‘ndrangheta, mentre quella di Paola, in stretto contatto con il primo gruppo criminale, disponesse di una struttura di spacciatori attivi per livelli, in una intensa attività di vendita di droga e con canali di approvvigionamento anche nell’area reggina di Gioia Tauro.
Nel mirino, in particolare, sono finiti i presunti esponenti delle cosche Tundis e Calabria, che avrebbero imposto sul territorio il pagamento del pizzo, ad aziende affidatarie di lavori pubblici o privati così come a commercianti ed imprenditori del posto, oltre ovviamente a gestire il lucroso mercato della droga.
Sempre secondo gli investigatori entrambe i clan avrebbero poi avuto stretti contatti con la cosca confederata di Cosenza, al cui vertice si ritiene vi siano stati Francesco Patitucci e poi Roberto Porcaro, ora collaboratore ed oggi attinto dalla misura cautelare in carcere.
Agli indagati, infatti, la Dda contesta a vario titolo i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso ed associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, quanto specificatamente alle due cosche di San Lucido e Paola; ma anche quelli in materia di armi, così come l’intestazione fittizia, l’abusivo esercizio del credito, l’estorsione sia tentata che consumata ed anche mediante danneggiamenti, ai danni di aziende piccole e grandi, di esercizi commerciali e imprese del territorio di diversi settori economici, ma anche di imprese provenienti da altre aree geografiche ed impegnate, come accennavamo prima, nei lavori pubblici.
Le investigazioni fanno ritenere dunque di aver ricostruito sia la struttura che i modi d’operare delle due presunte associazioni soprattutto nel settore del traffico di stupefacenti: ovvero, cocaina, marijuana e hashish.
L’OPERAZIONE, scattata all’alba, è stata condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza, con l’ausilio di Squadre operative dei Cacciatori di Calabria e di unità Cinofile, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. L’indagine si è sviluppata attraverso investigazioni di tipo tradizionale, attività tecniche, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, riscontri sul campo e servizi dinamici sul territorio.