La droga dal Sudamerica nel porto “amico” di Vado Ligure, con la ‘ndrangheta dietro le spalle

Calabria Cronaca

Gli uomini della Guardia di Finanza di Savona e di Genova, con l’ausilio dei colleghi dello Scico e del Roan, nell’ambito dell’inchiesta denominata “Baluardo”, hanno arrestato diciassette persone, tredici italiane e quattro albanesi, tra cui anche alcuni presunti rappresentanti di note cosche della ndrangheta.

Dieci indagati sono accusati di essere componenti di una associazione per delinquere operativa sin dal luglio 2019 nella provincia di Savona occupandosi dell’acquisto, importazione dal Sud America, trasporto, detenzione e vendita di cocaina e hashish.

L’organizzazione avrebbe avuto la disponibilità di magazzini al cui interno collocare i carichi di stupefacenti così come di mezzi per gli spostamenti e per il trasporto della droga, in particolare delle auto con “doppio fondo”.

Inoltre, avrebbe contato su strumenti per comunicare tra loro, come telefoni cellulari criptati, collegati a server collocati in Francia, utilizzati da alcuni componenti anche all’interno della casa circondariale dove si trovavano detenuti, per parlare con l’esterno: uno di loro, ad esempio, sarebbe stato colui che portava messaggi per dissuadere gli altri associati che venissero arrestati dal collaborare con la giustizia).

In base a quanto accertato nel corso delle indagini la presunta associazione avrebbe fornito la droga anche ad altre organizzazioni criminali, che ne acquistavano ingenti quantitativi e li spedivano via nave in Italia, nel Porto di Vado Ligure, garantendo un servizio di recupero e distribuzione dei carichi.

La struttura, poi, sarebbe stata in grado di assicurare il pagamento delle spese legali dei componenti dell’associazione o di quanti lavorassero per essa, se tratti in arresto, come anche dell’eventuale sostentamento delle loro famiglie.

L’UOMO NEL PORTO

Gli inquirenti hanno accertato che la il gruppo si avvalesse di un dipendente di una società di trasporto di merci e pacchi che operava nel porto di Vado Ligure – azienda risultata totalmente estranea alle vicende - con mansioni di gruista, e che forniva informazioni sulla posizione dei container in cui erano nascosti i carichi di cocaina provenienti dal Sud-America e sbarcati nello scalo ligure, anche spostandoli all’interno dell’area portuale in caso di necessità, così da agevolarne il recupero dai container per conto dell’organizzazione.

L’organizzazione - ancora - poteva contare anche su soggetto “esterno” che durante la sua latitanza avrebbe procurato ingenti carichi di cocaina provenienti dal Sudamerica ed approdati presso il porto di Vado: in particolare avrebbe agevolato la spedizione di 84 panetti di cocaina di cui 69 recuperati il 17 marzo del 2020 all’interno di un container frigo.

Infine, la struttura si sarebbe anche attivata per avviare una ditta di importazione di frutta dal Sud America da utilizzare per la spedizione di cocaina all’interno di carichi di copertura.

LE IMPORTAZIONI

Agli indagati sono inoltre contestati altri 42 episodi di acquisto, detenzione e cessione, oltre che di importazione dal Sud America di ingenti quantitativi di cocaina (parliamo di oltre 180 kg), hashish (per più di 40 kg), marijuana (per oltre 70 kg) e due tentativi di importare ed acquistare qualcosa come 200 kg di cocaina e 300 kg di hashish.

Le indagini sono state avviate in seguito ad una serie di recuperi intervenuti tra il 2019 e il 2020, di quantitativi di stupefacente pari a oltre 180 kg di cocaina, sempre nel porto di Vado Ligure (rivelatosi essere stato individuato dai componenti della organizzazione come struttura di approdo e smistamento dello stupefacente), che viaggiavano nascosti in container trasportati dalle navi provenienti dal Sud America e destinati ad essere ridistribuiti in varie località.

In considerazione del numero dei sequestri effettuati e dei quantitativi di droga ritrovati, le indagini, contando sulle analisi delle immagini registrate delle telecamere di videosorveglianza collocate all’interno del porto, si sono focalizzate nell’individuare chi, tra quanti lavorassero all’interno dello scalo, potessero consentire agli indagati di individuare ed aprire i containers dove lo stupefacente era stato nascosto e così recuperarlo.

Le prove sono state acquisite attraverso intercettazioni delle comunicazioni (anche tra presenti, all’interno di autovetture) e la acquisizione ed analisi delle comunicazioni tra gli indagati (avvenute per lo più sulle piattaforme Encrochat e SkyEcc), grazie alla collaborazione di Eurojust e delle Autorità francesi destinatarie di ordini di indagine europei.

GLI ARRESTATI

Le manette sono così scattate per i calabresi Alessandro Morabito, 44 anni, Alessandro Pronestì, 49 anni, Mario Palamara, 54 anni, considerato elemento di spicco della ‘ndrangheta, latitante a lungo, arrestato in Spagna l’11 ottobre 2022 e estradato in Italia.

E poi, per i fratelli Domenico e Giovanni Roccadoro, 37 e 38 anni, savonesi come sono savonesi Christian Di Staso, 43 anni, Francesco Abela, 44 anni, Roberto Adinolfi, 46 anni, Alessandro Folchi, 31 anni, Cristian Abate, 44 anni. Sono stati arrestati anche Carmine Insolito, 63 anni, di Caivano (Napoli) ma residente da tempo nel savonese, i cittadini albanesi Nik Dauti, 44 anni, Nerdojan Hoxha, 30 anni, Shllegaj Saimir 37 anni e Shllegaj Engli, 33 anni e infine Luca Rinaldi, 26 anni di Sanremo. Una diciassettesima persona è latitante.