Palestina, incontro pubblico a Soverato per “riflettere sul genocidio del popolo palestinese”
“Ovunque si trovino mandorli e fichi, uliveti o siepi di cactus, là un tempo sorgeva un villaggio palestinese: questi alberi, che rifioriscono ogni anno, sono tutto ciò che resta.”
Traendo spunto da questa frase di Ilan Pappé “e inorriditi innanzi all’orrore perpetrato dall’esercito israeliano ci chiediamo: cosa resterà della Palestina? Questo interrogativo, nel mondo delle grandi democrazie e degli stati di diritto, assume toni particolarmente macabri per il popolo palestinese e per qualsiasi altro popolo che in questo momento, o in futuro, subirà la furia di un nuovo occupante. Com’è possibile che tutto ciò avvenga da 70 anni nel silenzio più totale? Perché alcune urla giungono nelle nostre case e altre no?”
Sono gli interrogativi che si pone l’associazione culturale “Kalibreria” di Soverato, che su questo tema propone un incontro pubblico per riflettere sul genocidio del popolo palestinese.
L’appuntamento è per giovedì 15 febbraio alle 17:30 presso la sala consiliare del comune di Soverato e vedrà la partecipazione di Enzo Infantino (dell’Associazione per non dimenticare Sabra&Chatila), Bassam Saleh (Giornalista palestinese), Eliana Iorfida (Archeologa e scrittrice) e, in collegamento streaming, Moni Ovadia (Attore e scrittore). Modererà la serata Pietro Panico (consulente legale e freelance).
“Immaginate di trovarvi nelle vostre case, di notte. Immaginate di essere svegliati dal rumore di armi da fuoco, dai soldati che irrompono nella vostra abitazione intimandovi di abbandonarle, dall'avanzata delle ruspe che distruggono ciò che rimane delle vostre vite, già pesantemente mutilate dalle politiche di uno stato invasore e che viola, nel più assoluto silenzio della comunità internazionale, leggi e diritti fondamentali dell'uomo”.
“Quanta atrocità e disumanità può esserci nel gesto di un popolo che ha subito sulla propria pelle una delle vicende più orribili della storia e che ora compie un genocidio nei confronti di un altro popolo. Le ragioni sono diverse e vanno da logiche di mantenimento del potere alla necessità di spazi abitativi, da presunte promesse di carattere religioso a speculazioni storiche e storiografiche. Ma - continua l’associazione - esiste forse una sola motivazione che può giustificare questa catastrofe? Una catastrofe fatta, a partire dal 7 ottobre, di oltre 25.000 morti di cui 10.000 bambini. Diceva Vittorio Arrigoni “Gli ospedali sono stati convertiti dall'esercito israeliano in fabbriche di angeli, perché le prime vittime di questo massacro sono stati i bambini.”