Lettere. Intellettuali calabresi, se ci siete battete un colpo!
Riceviamo e pubblichiamo.
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Sul Quotidiano della Calabria si sta dipanando un corpulento dibattito intorno ai contenuti del “racconto calabrese” di Giorgio Bocca, Aspra Calabria, edito recentemente da Rubbettino, e della prefazione di Eugenio Scalfari che l’accompagna. Fatalmente si ripropone una vecchia diatriba intellettuale tra chi non è disposto più a farsi sconti, concentrandosi sulle radici autoctone di certi mali che ci attanagliano, e chi, per avendo chiari gli errori propri, propende per una lettura “storica” dei mali calabresi, in cui assumono una certa importanza il contesto relazionale e specifiche scelte delle classi dirigenti italiane dall’Unità ad oggi. E fin qui siamo nella norma. O nella normalità.
Ciò che invece sorprende, dal canto di quel poco di intellettualità calabrese che ha voglia ancora di interessarsi di certe cose, è l’assoluta afasia sulla particolare temperie che stiamo vivendo, quella che vede il sud sospinto culturalmente nel girone dei dannati, e perciò marginalizzato politicamente nella cornice di questa nuova Italia.
La pubblicazione da parte del Quotidiano della Calabria della prefazione dell’ex direttore di Repubblica al libro di Bocca poteva essere, obiettivamente, l’occasione per un confronto a largo raggio su tale stringente questione. E invece…
In questi mesi, anche sull’onda del dibattito che il mio ultimo libro sulla Lega Nord sta suscitando, ho più volte posto l’accento sulle implicazioni che il cosiddetto federalismo fiscale potrebbe avere sul futuro della nostra regione. Vox clamantis in deserto, direbbero i latini.
Eppure, come non capire che una riforma imposta da un partito a vocazione antimeridionale, che al primo punto del suo statuto ha ancora l’obiettivo della secessione del Nord, possa racchiudere rischi esiziali per il sud e la Calabria? È il punto di partenza del ragionamento leghista che impone questa amara conclusione.
Non ci vogliono speciali competenze per comprendere che quella riforma, estorta da un partito nato per difendere gli interessi egoistici di una parte del paese, non è stata concepita per aiutare un processo di riequilibrio nel rapporto tra nord e sud. Semmai il contrario. E non è solo una questione politica, come dicevo prima, ma prima di tutto una grande questione “culturale”, di visione generale della prospettiva nazionale.
A me di Bocca e di Scalfari non frega proprio niente. Né mi importa di briganti e di riviviscenze borboniche. Non credo nemmeno che siamo in fondo senza peccati e che la colpa è sempre degli altri. Così, almeno su questo punto, la chiudiamo.
Del fatto che tra qualche anno la qualità dei servizi che si erogheranno nella mia terra dipenderà sempre più dal portafoglio delle regioni del nord, attraverso un meccanismo di dipendenza formale che la riforma di fatto istituisce, invece mi interessa eccome!
Del rischio che alla fine della giostra, quando il fondo di perequazione cesserà la sua missione, la Calabria non riuscirà a camminare con le sole sue gambe, devo avere contezza.
Si sta disegnando un’altra Italia, col sud in posizione ancora più marginale, e noi dovremmo reagire in qualche modo, e sul piano culturale innanzitutto. Dovremmo…
Ma come si può tacere, fare accademia, fare a gara tra chi si flagella più forte, quando un governo a traino leghista, con la complicità dei deputati-ascari del sud, sta facendo strame della nostra dignità presente e futura?
Possibile che gli intellettuali in Calabria, oltre ad esibire erudizione ed a lisciarsi le penne dall’alto delle loro onorevoli postazioni, non abbiano una sola parola per analizzare e stigmatizzare tutto ciò?
Mi viene alla mente la distinzione gramsciana tra intellettuali tradizionali ed intellettuali organici. Latu sensu possiamo dire che in Calabria ci sono oggi intellettuali organici? Stando al torpore che ci avvolge direi francamente di no. E sono sempre più convinto che il nostro vero male oscuro, per stare al tema, sia proprio l’indifferenza.
Luigi Pandolfi, Saracena (CS)
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