Donne di Futuro e Libertà Calabria sulla Procreazione medicalmente assistita
Riceviamo e pubblichiamo una nota del Coordinamento delle Donne di Futuro e Libertà Calabria sulla “Procreazione medicalmente assistita. Una questione morale”
“La notizia dei giorni scorsi della coppia cui un Tribunale piemontese ha tolto la figlioletta di un anno e mezzo per essere stata concepita da genitori troppo anziani con metodo PMA fuori dai confini dello stato italiano, suscita un senso di irritazione e di rabbia in coloro che si pongono ogni questione sotto un profilo rigorosamente etico, di legalità e, soprattutto di uguaglianza. Ogni notizia è suscettibile di una valutazione di coscienza e anche noi vogliamo affrontare la questione sviscerandone gli aspetti cogenti. La prima domanda che ci viene da porci è la seguente: fino a quale età è moralmente giusto diventare genitori? La domanda richiama alle qualità che un genitore deve avere per adempiere alla sua funzione che è, naturalmente, quella di prendersi cura della propria prole fino a quando questa non sia in grado di gestirsi autonomamente. Il fatto anagrafico penalizza fortemente questa responsabilità, in quanto un genitore settantenne sicuramente, o quasi, non avrà il tempo di accudire un figlio fino a vent’anni, età che gli consentirebbe di essere autonomo e di pensare al proprio sostentamento; ma neanche di accudirlo in età infantile e adolescenziale nella misura in cui lo richiede la vita moderna! Dunque, forse è “moralmente giusto” diventare genitori fino all’età di cinquant’anni, età che è quella naturale della fertilità di una donna.
Questa valutazione morale, se ritenuta valida dal punto di vista etico, dovrà trovare un riscontro legale applicabile nei confronti di tutti; per cui se la regola, etica e civile, ha determinato l’emanazione di una sentenza sfavorevole nei confronti dell’anziana coppia di Mirabello, dovrà avere uguale peso in tutte quelle fattispecie nelle quali sono rilevabili le stesse limitazioni dell’esercizio del “compito di genitore” e questo non sempre accade, perché non è di troppo tempo fa’ la notizia della maternità di una nota cantante italiana che, ultracinquantenne, è diventata mamma per la prima volta e, di sicuro, da concepimento non naturale! Accanto all’aspetto meramente etico, si affianca una questione di uguaglianza civile! Ma ahimè “La legge è uguale per tutti” che è frase impressa in tutte le aule di tribunale, non sempre è principio applicato con quella coerenza e con quel senso di equità che dovrebbero contraddistinguere coloro che si occupano di Giustizia.
Affrontare l’argomento dal punto di vista legale, significa inabissarsi nelle anse della legge n. 40 del 19 febbraio 2004, propriamente la legge con la quale viene disciplinata la Procreazione Medicalmente Assistita che, in realtà, altro non è che un’insieme di regole che limitano l’applicazione delle tecniche mediche tese a favorire la soluzione di problemi riproduttivi dovuti a sterilità, ovvero infertilità. Corollario dell’argomento è la sentenza n. 151/2009 della Corte Costituzionale, con la quale sono state praticate ulteriori restrizioni. Tutto ciò ha favorito il cosiddetto “turismo procreativo”verso quei paesi la cui legislazione consente una più agevole soluzione. E’ ovvio che la PMA nel nostro Paese è gestita dal Legislatore nei limiti delle barriere imposte dal Vaticano, ma la laicità che ci caratterizza imporrebbe di affrontarlo da una più elastica prospettiva, rispettosa sì di un’etica sana, ma pur tuttavia non totalmente o prevalentemente afferente a questo o quell’orientamento religioso; precisiamo, un “orientamento” che riuscì a determinare le sorti del referendum abrogativo della legge n. 40/2004, non essendosi raggiunto il quorum.
Una giusta ed equa legislazione della procreazione assistita, consentirebbe un maggiore controllo della casistica ed limiterebbe l’abuso che potrebbe farne chi si reca in quei Paesi più distanti dalla nostra cultura. Eviteremmo che soggetti reputati al ruolo di nonni, possano pensare di diventare genitori e chissà quante altre paradossali situazioni in grado di generare solo confusione e distorsioni sociali. Posto il nostro punto di vista, comunque ci chiediamo e vi chiediamo se la sentenza del tribunale piemontese non sia stata troppo rigida nei confronti degli attempati genitori di Mirabello e della loro piccola dichiarandola adottabile da altra coppia “avente i requisiti di legge”?! “
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