Il Vice-sindaco di Catanzaro ad Udine in ricordo della presenza della Brigata

Catanzaro Attualità

Il prossimo sabato 1 ottobre il vice sindaco di Catanzaro, on. Maria Grazia Caporale, accompagnata dallo storico Mario Saccà, sarà a S. Maria La Longa, in provincia di Udine, per partecipare alla inaugurazione della Stele realizzata dall’artista Giorgio Celiberti a ricordo della presenza della Brigata Catanzaro nel paese friulano tra il 1915 e il 1917.

“La nostra presenza a S. Maria La Longa – afferma il vice sindaco Caporale, che presenzierà all’iniziativa anche in rappresentanza del sindaco on. Michele Traversa – vuole testimoniare il legame profondo tra due terre di confine, l’estremo Nord e l’estremo Sud del nostro Paese. Si tratterà di un momento di grande intensità emotiva, perché sarà ricordato il valore della Brigata Catanzaro, che si batté valorosamente durante la prima guerra mondiale, scrivendo pagine di vero eroismo, come la presa del monte Mosciagh con un sanguinoso assalto alla baionetta, ma subendo anche delle dolorose decimazioni improvvidamente ordinate dal generale Cadorna. Ci rechiamo nel comune friulano spinti dagli stessi sentimenti di orgoglio nazionale che accesero l’ardore dei nostri fanti.

Di quei ragazzi, contadini, operai, studenti ed intellettuali, che da ogni parte d’Italia vestirono la divisa dell’esercito per partecipare allo sforzo supremo della riconquista delle terre italiane: dal Trentino alla Venezia Giulia, all’Istria. Trieste, Pola, Gorizia, sono il simbolo stesso della nostra identità nazionale. Simboli troppo spesso dimenticati e persino traditi nel secondo dopoguerra, quando terre italiane come Fiume, l’Istria, la Dalmazia vennero sacrificate sull’altare degli equilibri internazionali, in spregio del sacrificio dei nostri soldati e nel colpevole oblio delle drammatiche vicende degli esuli e delle migliaia di infoibati. Da parte della nostra città è doveroso essere presenti nel momento in cui una comunità dell’estremo Nord decide di rendere omaggio alla Brigata Catanzaro. Ricordo che il sindaco Traversa, negli anni in cui fu presidente della Provincia, decise di intitolare alla Brigata Catanzaro il prestigioso Museo Militare (MUSMI) realizzato nell’area del grande Parco della Biodiversità Mediterranea”.

Insieme al vice sindaco Caporale, sarà a S. Maria La Longa lo storico catanzarese Mario Saccà, che sarà relatore al convegno che si terrà dopo l’inaugurazione della Stele.

“La Stele – spiega lo storico Saccà – ricorda la Brigata Catanzaro sia nelle sue gesta più eroiche, sia nelle due tristi pagine delle decimazioni subite dal Corpo. Proprio questi episodi hanno guidato la mia ricerca storica, iniziata con il rinvenimento nel 2004, in un muro del cimitero di S. Maria La Longa, di un biglietto scritto in omaggio dei soldati decimati. In questi sei anni ho condotto una lunga indagine, negli archivi dello Stato, dell’Esercito, dei comuni di provenienza dei soldati, riuscendo ad individuare i nomi delle vittime, fino ad oggi sconosciute perché gettate in una fossa comune senza alcuna indicazione. E’ stata una ricerca della verità nascosta per troppi anni sia alla storia del Paese che alle famiglie. Soltanto oggi, a 90 anni dalla loro scomparsa, i familiari di quei soldati possono portare un fiore sulle loro sepolture”.

La Brigata Catanzaro nella Storia e nella Memoria

Costituita a Catanzaro Marina nell’imminenza della guerra, la brigata Catanzaro, formata dal 141° e 142° reggimento, contava circa seimila fanti, per lo più calabresi. Inquadrata nella III armata comandata dal Duca d’Aosta, la “Catanzaro” partecipò ai più duri e sanguinosi combattimenti a Oslavia e sul Carso: a Castelnuovo, Bosco Cappuccio, San Martino, Monte San Michele, Nad Logem, Nova Vas, Lukatic, Hudi Log, Quota 145 Nord, Hermada, guadagnando la reputazione di brigata d’assalto tra le più salde e valorose. Nel maggio 1916 i fanti della “Catanzaro”, trasferiti in tutta fretta sull’Altipiano di Asiago insieme ai Granatieri, riuscirono ad arginare la travolgente offensiva austroungarica sui monti Mosciagh, Cengio, Belmonte e Magnaboschi. Il «brillante contrattacco delle valorose fanterie del 141° reggimento» sul Monte Mosciagh ebbe il raro onore di una citazione nel bollettino di guerra del Comando Supremo. Il 141° fu uno dei pochissimi reggimenti di fanteria a meritare la Medaglia d’oro al valor militare «per l’altissimo valore spiegato nei molti combattimenti, per l’audacia mai smentita, per l’impeto aggressivo senza pari, sempre e ovunque esempio ai valorosi». Il Reggimento gemello ebbe la Medaglia d’argento. La fedeltà al motto «portiamo i colori del sangue e della morte, ovunque vincitori», derivato dal rosso e nero delle mostrine, costò alla “Catanzaro” 2.468 morti, 12.867 feriti e 2.203 dispersi. La Brigata lasciò un segno indelebile a Santa Maria la Longa, dove tra novembre 1915 e metà luglio 1917 trascorse cinque periodi di riposo dai logoranti turni di trincea e dove avvenne il tragico e doloroso episodio della rivolta armata, «determinata da stanchezza della vita del fronte sul Carso che durava da due anni senza interruzione e dal desiderio di passare ad altro fronte più tranquillo». Nella notte tra il 15 e il 16 luglio 1917 «alcuni facinorosi, in segno di protesta contro il ritorno dei reggimenti verso il fronte», spararono colpi di fucile uccidendo alcuni ufficiali e militari di truppa e ferendone altri. La rivolta fu sedata dall’intervento degli ufficiali e di reparti di Carabinieri. Nelle prime ore del mattino del 16 luglio furono fucilati 16 militari arrestati con le armi ancora scottanti e altri 12 tratti a sorte per decimazione fra i 120 uomini della 6a compagnia del 142°, ammutinatasi in massa. Gabriele D’Annunzio descrisse la fucilazione con parole toccanti. Altri 4 rivoltosi, processati dal Tribunale di guerra, furono fucilati il 2 agosto. La Brigata, riordinata e inviata in prima linea nel difficile settore di Monfalcone, tornò presto a battersi col consueto coraggio, meritando una citazione nel bollettino di guerra per la sua «arditezza e tenacia» nell’offensiva di agosto. Dopo la Vittoria la Brigata presidiò Trieste e la frontiera per oltre un anno, finché fu sciolta. A causa della rivolta la “Catanzaro” fu vittima di una specie di damnatio memoriae che oscurò ingiustamente la sua «lunga tradizione di valore.»