Cosenza: al Rendano convegno sul “Rigoletto”, metafora tra deboli e potenti
Il tema era dei più suggestivi, “Egemonici e subalterni – Rigoletto come metafora tra deboli e potenti, tra gli inermi e gli arroganti del potere, tra rassegnazione e delirio di onnipotenza.” Alla fine il convegno di ieri sera nella Sala “Quintieri” del “Rendano” nel corso del quale il melodramma verdiano che andrà in scena venerdì 24 febbraio nel teatro di tradizione cosentino (ore 20,30) con replica domenica 26 in pomeridiana (ore 17,00), ha offerto il destro per passare al setaccio l’opera di Verdi e rivoltarla quasi come un calzino tra disquisizioni colte, discettazioni sulla partitura e le arie e parallelismi con pagine drammaturgiche, come quelle di Shakespaere. A salire in cattedra, con il direttore artistico del “Rendano” Albino Taggeo a fare da gran cerimoniere, sono stati soprattutto il prof.Carlo Serra, docente di Filosofia della musica all’Università della Calabria e il Prof.Paolo Mechelli, docente di storia della musica al Conservatorio “Giacomantonio” di Cosenza. Prima che i due accademici si spingessero nell’analisi del “Rigoletto”, si sono avvicendati in sala “Quintieri” anche alcuni dei cantanti che saranno impegnati nell’opera: il baritono Damiano Salerno (Rigoletto), il tenore Alessandro Liberatore (il Duca di Mantova), il soprano spagnolo Sandra Pastrana (Gilda,la figlia di Rigoletto). Assente giustificato il regista Francesco Antonio Castaldo, impegnatissimo in platea a dare ai tecnici delle luci le ultime direttive prima del debutto.
Non ha fatto mancare il suo contributo al dibattito, invece, il direttore dell’Orchestra lirico-sinfonica del Teatro “Rendano” Giovanni Pelliccia. Sulla deformità interiore di Rigoletto si è soffermato il baritono Damiano Salerno che darà corpo e voce al protagonista del melodramma verdiano e che per scelta del regista Castaldo, dopo essersi presentato al cospetto del pubblico nella sua postura tradizionale con tanto di gobba, la dismetterà quasi subito per restare in giacca e cravatta. Il soprano Sandra Pastrana ha tratteggiato la figura del suo personaggio, Gilda, mettendone in risalto la grande spiritualità. E’ stata poi la volta del prof.Carlo Serra per il quale “il Rigoletto appartiene alla categoria estetica del grottesco e nell’opera si assiste ad uno scontro tra due grandi deformi, il Duca di Mantova innamorato del potere e Rigoletto che è l’immagine deformata del potere stesso”. Nel dibattito si è inserito anche il Direttore d’Orchestra Giovanni Pelliccia che ha definito il Rigoletto “un’opera quasi cameristica, piena di colori che mette a dura prova soprattutto gli archi e che richiede molta attenzione e concentrazione.” Pelliccia ha evidenziato anche l’enorme capacità verdiana di commentare persino i recitativi. Sul ripetersi costante, quasi ossessivo, nell’opera del Tema della Maledizione ha parlato poi il prof.Paolo Mechelli che a questo proposito lo ha considerato “una ricorrenza tormentosa che rode l’animo del personaggio e che ritorna in tutta l’opera, dal preludio al monologo, all’ingresso di Monterone. E’ come una goccia che scava la pietra dell’ascoltatore”. Sulla forza espressiva dell’aria di Gilda si è, infine, soffermato il pianista Luca Bruno.