Pentadattilo Film, omaggio al regista De Seta
La settima edizione del Pentedattilo Film Festival ha reso omoaggio al genio e al lavoro del regista Vittorio De Seta, proiettando il suo ultimo documentario, Art. 23 Pentedattilo.
“Un semplice ritratto, un qualsiasi panorama - spiega Tonino De Pace del Circolo Zavattini davanti ad un gremito pubblico nell’incantevole Piazza Belvedere - attraverso il suo sguardo diventava interessante, una novità. Per esempio una raccolta di grano diveniva epica del quotidiano e la pesca del pescespada un momento storico”.
De Seta, scomparso lo scorso novembre fu ospite del PFF nel 2007, quando ancora il festival era in fase di rodaggio e mentre cercava la sua identità aveva trovato già allora, il sostegno e l’appoggio di un grande regista dal fare umile e, fiducioso nelle possibilità dei giovani.
“Con i suoi consigli ci ha spronato a continuare, a non mollare, a far rivivere il borgo, a credere nel cinema e in noi stessi. Oggi possiamo dire che, parlando di Festival, c’è stato un prima e un dopo De Seta”, spiega il direttore artistico Emanuele Milasi. Voce commossa quella della coordinatrice artistica Maria Milasi e del direttore organizzativo Americo Melchionda, aiuto regia in Art.23 - Pentedattilo. “Stiamo cercando di superare quelle barriere di cui Vittorio parlava. Continueremo con il Festival e ad aiutare questo borgo a crescere”.
Durante la serata anche la proiezione de I dimenticati e di due lavori di Nino Cannatà : il trailer Suoni in Aspromonte e una delle ultime interviste in anteprima al PFF a De Seta.“
Abbiamo avuto la fortuna di confrontarci con lui che l’Aspromonte l’ha rappresentato, è stato un grande onore fargli vedere il nostro lavoro che ruota attorno ai suoni di tradizioni che sono vive ma, vanno valorizzate - dice Cannatà.
Ultima riflessione quella del protagonista di Art.23 – Pentedattilo Djbril Kebe, già attore in Lettere dal Sahara e quest’anno al Festival in veste di giurato per la sezione Corto Donna.
“Vittorio era sempre alla ricerca di un’umanità perduta, della riscoperta di tradizioni che facessero vivere bene. Vedeva il Sud come una realtà socio-culturale e non solo territoriale”.