La ‘ndrangheta davanti all’altare, dibattito a Reggio
«I mafiosi si ritengono uomini e, addirittura, “uomini d’onore”: se c’è qualcuno che invece non è uomo è il mafioso, e se c’è qualcuno che non ha onore è il mafioso, i mafiosi non sono uomini e i mafiosi non hanno onore; questo dobbiamo dirlo tranquillamente con tutta la comprensione e la pietà». Questo uno dei passaggi fondamentali dell’omelia con cui don Italo Calabrò rispose, nel suo consueto modo diretto e duro, al rapimento dell’undicenne Vincenzo Diano. Era il 27 luglio 1984. Oggi queste parole risuonano ancora più attuali, continuando a porre domande e a esigere risposte.
“La ’ndrangheta davanti all’altare” è il titolo provocatorio individuato da Stop’ndrangheta e sabbiarossa Edizioni per la serata di dialogo e confronto che si terrà al Pepy’s Beach, sulla Marina bassa di Reggio Calabria, lunedì prossimo, 10 settembre, alle ore 21. Partendo dalla frase che amava ripetere don Italo, “nel coraggio dei suoi pastori la gente ritrova il suo coraggio”, tramite il dossier di Stop’ndrangheta, che sarà illustrato da Francesca Chirico, Alessio Magro e Cristina Riso, la storia si intreccerà con il presente, attraverso i tre sacerdoti protagonisti di senza targa, il viaggio nella Calabria della buonavita raccontato da Paola Bottero e Alessandro Russo, sabbiarossa ED. Una conversazione a più voci con don Pino Demasi, referente Libera Piana di Gioia Tauro, don Giacomo Panizza, fondatore di Progetto Sud a Lamezia, don Ennio Stamile, parroco di S. Benedetto a Cetraro, e Giuseppe Creazzo, Procuratore della Repubblica di Palmi, per continuare a farsi domande e non smettere di cercare risposte, insieme.
Ha un senso particolare la scelta di organizzare la serata durante le festività in onore della Madonna della Consolazione di Reggio Calabria: focalizzare al meglio l’attenzione sui bianchi e sui neri di un territorio in cui la Chiesa ha un ruolo fondamentale, che è quello di aiutare la società civile e le istituzioni a diradare, fino a cancellare, i grigi che si stanno appropriando di ogni spazio lasciato libero dai non detti. Non importa se si è laici o praticanti: oggi, più ancora che un tempo, è necessario chiamare le cose con il loro nome, liberare le parole dalle paure e dai silenzi per aiutare tutti coloro che, a vario titolo, operano in prima linea per restituire la Calabria ai calabresi. Quelli della buonavita.