Sud: Censis, 1 famiglia su 4 è materialmente povera
Si allargano le distanze sociali. Il Mezzogiorno resta un territorio in cui le forme di sperequazione della ricchezza non diminuiscono, ma anzi si allargano. Calabria, Sicilia, Campania e Puglia registrano indici di diseguaglianza più elevati della media nazionale. Il 26% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno è materialmente povero (cioè con difficoltà oggettive ad affrontare spese essenziali o impossibilitate a sostenere tali spese per mancanza di denaro) a fronte di una media nazionale del 15,7%. È quanto emerge dal rapporto "La crisi sociale del Mezzogiorno" realizzato dal Censis.
E nel Sud sono a rischio di povertà 39 famiglie su 100 a fronte di una media nazionale del 24,6%. Il persistere di meccanismi clientelari, di circuiti di potere impermeabili alla società civile e la diffusione di intermediazioni improprie nella gestione dei finanziamenti pubblici contribuiscono ad alimentare ulteriormente le distanze sociali impedendo il dispiegarsi di normali processi di sviluppo.
Al Mezzogiorno 60% posti lavoro persi tra 2008 e 2012 | Dei 505.000 posti di lavoro persi in Italia dall'inizio della crisi, tra il 2008 e il 2012, il 60% ha riguardato il Mezzogiorno (più di 300.000). A renderlo noto il rapporto "La crisi sociale del Mezzogiorno" realizzato dal Censis, secondo il quale al Sud un terzo dei giovani tra i 15 e i 29 anni non riesce a trovare un lavoro, mentre la media italiana del tasso di disoccupazione giovanile è al 25%, la disoccupazione femminile è del 19% contro un valore medio nazionale dell'11%. I disoccupati con laurea sono in Italia il 6,7% a fronte del 10% nel Mezzogiorno.
"Il Sud - spiega il Censis - paga la parte più cospicua di un costo già insopportabile per il Paese e si conferma come un territorio di emarginazione di alcune categorie sociali, come i giovani e le donne". Tra il 2007 e il 2011, inoltre, gli occupati nell'industria meridionale si sono ridotti del 15,5% (con una perdita di oltre 147.000 unità) a fronte di una flessione del 5,5% nel Centro-Nord. Oltre 7.600 imprese manifatturiere del Mezzogiorno (su un totale di 137.000 aziende) sono uscite dal mercato tra il 2009 e il 2012, con una flessione del 5,1% e punte superiori al 6% in Puglia e Campania.
17,1% dei malati al Mezzogiorno si cura altrove | Il 17,1% dei residenti meridionali si è spostato in un'altra regione per farsi curare, non fidandosi della qualità e della professionalità disponibili nella propria. È quanto emerge dal rapporto "La crisi sociale del Mezzogiorno" realizzato dal Censis, secondo il quale il progressivo deterioramento dei servizi sanitari negli ultimi cinque anni è riferito dal giudizio dei cittadini: lo afferma il 7,5% al Nord-Ovest, l'8,7% al Nord-Est, il 25,6% al Centro e addirittura il 32,1% al Sud. Il Censis fa inoltre sapere che nel Mezzogiorno si prevede al 2030 un incremento della popolazione anziana di oltre il 35% contro dinamiche di crescita meno marcate nelle altre aree geografiche. In parallelo crescerà molto anche il numero dei non autosufficienti, destinati a superare i 783.000, con un balzo di oltre il 50%.
La spesa pubblica per l'istruzione e la formazione nel Mezzogiorno è molto più alta di quella destinata al resto del Paese: il 6,7% del Pil contro il 3,1% del Centro-Nord con il tasso di abbandono scolastico del 21,2% al Sud e del 16% al Centro-Nord e livelli di apprendimento e competenze decisamente peggiori. Lo rivela il rapporto "La crisi sociale del Mezzogiorno" realizzato dal Censis. La spesa per l'istruzione si attesta a 1.170 euro pro-capite nel Mezzogiorno rispetto ai 937 del resto d'Italia, ovvero il 24,9% in più. Secondo il Censis, inoltre, l'incidenza del "fenomeno Neet" è superiore alla media nazionale: il 31,9% dei giovani di 15-29 anni non studia e non lavora, con una situazione da emergenza sociale in Campania (35,2%) e in Sicilia (35,7%). Il 23,7% degli iscritti meridionali all'università si è spostato verso una localizzazione centro-settentrionale, contro una mobilità di solo il 2% dei loro colleghi del Centro e del Nord. (AGI)