Reggio: lettera aperta all’assessore Lamberti “tra teatro e politica”
Riceviamo e pubblichiamo una lettera firmata con alcune riflessioni da parte di un privato cittadino:
"Nei giorni scorsi, il Prof. Aldo Schiavone, rivolgendosi a giovanissimi studenti reggini nell'Aula Magna dell'Università Mediterranea, ha esaltato il valore della Storia quale esercizio di Libertà, anche in vista del superamento dell’attuale, gravissima crisi che sta attraversando l’Italia.
Il raffinato intellettuale ha richiamato l’altalenante ruolo esercitato dai partiti politici, sottolineandone l’efficacia di azione inversamente proporzionale alla autorevolezza rivestita dallo Stato nel corso dei decenni che ci siamo lasciati alle spalle.
Se la spinta propulsiva del sistema dei partiti in Italia si è rivelata fondamentale e trainante nel secondo dopoguerra, contesto nel quale ne ha tratto beneficio uno Stato che si presentava debole e da rilanciare, si assiste, oggi, allo scollamento tra l'elettorato e la classe politica, ed a tale condizione si è giunti dopo il progressivo logoramento del sistema partitocratico, il cui contraltare è un eccesso di presenza statale diffusamente percepito, in ogni ambito, alla stregua di un autoritarismo con il quale non si riesce ad avere dimestichezza.
Questa invasiva ed indiscriminata "presenza", se da un lato appaga una pericolosa deriva che pure fa leva su lodevoli e vitali finalità che lo Stato deve necessariamente perseguire, al tempo stesso finisce per tradursi in veri e propri sconfinamenti dall'alveo naturale entro il quale deve dispiegarsi il democratico corso della Vita di una Nazione.
E dunque, non appare casuale che la forma più immediata ed allarmante di questa anomalia venga offerta dalla massività dell'intervento statale sulla vita amministrativa degli enti locali, cellule fondamentali all’interno delle quali si esprime il pensiero e si concepisce l’azione di una Comunità che lo Stato, lungi dalla innaturale cannibalizzazione, deve far sentire parte integrante di un unico progetto nazionale.
E deve farlo con atti concreti ed urgenti, che non possono identificarsi con “mozioni” funzionali alle esigenze personali del singolo o del sedime di incrostato potere che quel singolo rappresenta.
È di drammatica attualità la superficiale semplicità con la quale vengono sciolti i consigli comunali del Reggino, fenomeno che ha ormai assunto proporzioni tali da rendere non ulteriormente differibile il momento di un confronto in funzione del recupero di condizioni minime, quando non apprezzabili, di serenità ed autorevolezza a beneficio di quanti si trovano per mandato popolare a gestire la cosa pubblica in quelle comunità che proprio lo Stato, nel corso dei decenni, talvolta in preda a strabismo più o meno interessato, ha lasciato in balia di quei poteri criminali che oggi pretende di debellare in un batter d’occhio, senza aver cura delle sorti degli ultimi, che vedono irraggiungibile anche il meno grigio tra i commissari.
Date queste premesse, si è registrato lo spunto, offerto da più voci, per dare vita ad un dibattito grazie al quale concorrere ad individuare il giusto punto di equilibrio tra gli interessi in gioco, che non sono, e non devono nemmeno apparire, contrapposti ed inconciliabili.
Riforma della normativa sugli enti locali nei termini auspicati dal documento dei Sindaci della Locride, ovvero interventi più contenuti, magari con la semplice ed opportuna rimodulazione legislativa in termini coerenti con la distinzione, peraltro già esistente, tra le funzioni proprie degli organi di indirizzo politico e quelle gestionali?
Presto per dirlo.
Certo è che le prese di posizione del Vescovo di Locri e dei Sindaci della Locride, senza tacere della disinvolta ed ignominiosa disinformazione sul caso di Roccaforte del Greco, giusto per porre in risalto l’aspetto comico insito in ogni tragedia umana, danno conto dell’impossibilità di restare in balia di tsunami che si abbattono sulla provincia reggina dalle aride stanze dei Palazzi Romani, dove quei fenomeni hanno il loro epicentro.
Il punto di partenza di qualsiasi discussione non può che identificarsi in un’amara constatazione, una sorta di “mea culpa” che uno Stato credibile deve avere la dignità di recitare attraverso i suoi organi rappresentativi: la sospensione della democrazia, in non pochi centri calabresi, non è esperienza nuova, a dimostrazione della inadeguatezza dello strumento normativo al quale, nonostante l’eccezionalità della sua previsione, si ricorre sempre più sbrigativamente, sempre più scriteriatamente, motivo per il quale quello stesso strumento è ormai diffusamente percepito alla stregua di atto d’imperio, per di più esercitato con malcelato fastidio.
Qualsiasi intervento in materia deve, poi, eliminare in radice il rischio che si possa solo lontanamente ipotizzare che la sovrabbondanza nell'esercizio dei poteri solutori mascheri biechi e perversi interessi politici di parte (qualche coccodrillo in lacrime si è già manifestato) o, più semplicemente, di carriera.
Così come non può esser taciuta la colpa dei fortissimi ritardi dello Stato, se troppo a lungo sono mancate le condizioni perché le società interessate da questa piaga se ne possano liberare con dignità, cioè senza traumi aggiuntivi e, francamente, superflui.
Due anni fa, l'istituzione dell'Assessorato Provinciale alla Cultura ed alla Legalità è stata salutata come scelta indicativa di una incoraggiante consapevolezza del percorso da seguire per consegnare la popolazione della Provincia Reggina ad una idea realistica di Libertà, all’interno della quale trova primaria collocazione quella partecipazione democratica alla vita pubblica che oggi risulta compressa da interventi distanti dalla Gente, almeno in misura pari alla ampiezza del dissenso riservato da ogni angolo della Penisola al disgraziatissimo Governo dei cosiddetti tecnici che quegli interventi solutori ha azionato con cattedratico e cinico pressappochismo.
Se la massima espressione dell'Amministrazione Provinciale ha lasciato trasparire inopportuna suscettibilità rispetto a questi temi, addirittura ponendo in essere scelte espressive di un imperscrutabile fideismo, o forse avallate dal dogma secondo il quale determinate problematiche possano riguardare in via esclusiva altre rappresentanze istituzionali, ben altro approccio ci si attende dall'impegno quotidianamente profuso dall'Assessore Lamberti, del quale è certa la consapevolezza che non esistono, né si conoscono zone franche, che peraltro la legge vigente non ammette, cosi come, del resto, dimostra il rigido orientamento più e più volte manifestato sul punto dall'attuale Prefetto.
È dunque il momento che cessi il silenzio sin qui mantenuto dall'Assessore Provinciale alla Cultura ed alla Legalità, posto che, nelle condizioni attuali, rischia di apparire sterile e retorica ogni buona intenzione che ha accompagnato sul territorio provinciale le celebrazioni del 2 giugno.
Il lucido intervento del Prof. Schiavone, cui in premessa s’è fatto cenno, dopo avere ricordato l’importanza ed il valore della Storia, si è tradotto in una conclusiva esortazione agli studenti reggini ad una attiva partecipazione alla Politica, in mancanza della quale la Libertà stessa finisce per morire.
In attesa di conoscerne il pensiero, si affidano alla Mente ed al Cuore dell’apprezzato Assessore Lamberti, Uomo Libero e, soprattutto, senza tessera, le parole grazie con le quali un Grande Italiano rispondeva a chi chiedeva se per Lui la politica fosse teatro: “se per caso qualche volta lo è, vorrei che lo fosse di più, ma vorrei che lo fosse come al tempo dei guitti: bauli e treni; viaggiare incessante; mutar di pubblico restando se stessi; dipendere dal consenso ma non piegarsi al capriccio; determinare la moda ma non subirla; gustare l'applauso ma non sgomentarsi del fischio o dello zittio; rispettare e stimolare la critica, ma non procacciarsela favorevole con facile lenocinio o corruttela, anche per non essere costretti a provarne la ingiusta e provocatoria sferza; custodire le cose belle del passato, ma aprirsi ad ogni novità capace di arricchire lo spirito e, soprattutto, recitare per gli altri e non per se stessi".
La capacità di saper interpretare e autenticamente condividere il sentimento e le aspirazioni di Libertà del Popolo hanno fatto di Giorgio Almirante un Grande Italiano, la cui modernità è a disposizione di quanti intendessero realmente recitare un ruolo a favore di tutti."