Stop all’Agenzia delle Entrate che non motiva la richiesta di adozione delle misure cautelari
Una sentenza di rilevanza nazionale (la numero 226/02/13) della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce – Sezione 2 -, depositata il 2 luglio del 2013, ha rigettato la richiesta di adozione delle misure cautelari nei confronti dell’Istituto Provinciale di Vigilanza “La Velialpol S.r.l.”.
L’Agenzia delle Entrate di Lecce aveva chiesto l’adozione di misure cautelari, con il sequestro conservativo di tutti i beni mobili registrati, per la somma complessiva di € 14.149.860,00 (pari al doppio del credito fiscale vantato).
I giudici tributari hanno accolto le tesi difensive dell’impresa rappresentata in giudizio dall’avvocato Maurizio Villani ed hanno annullato la suddetta richiesta per la mancanza assoluta dei presupposti di cui all’art. 22 D.Lgs. n. 472/97, in quanto l’Ufficio fiscale non ha motivato i recuperi che intendeva operare.
Infatti, l’art. 22, comma 1, D.Lgs. n. 472 del 18.12.1997 prevede che in base all’avviso di accertamento o al processo verbale di constatazione, l’Ufficio fiscale quando ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata, al Presidente della Commissione Tributaria Provinciale competente l’iscrizione di ipoteca sui beni del contribuente e l’autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo di tutti i beni, compresa l’azienda.
Logicamente, devono ricorrere tassativamente e congiuntamente i due presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.
Nella fattispecie, l’Agenzia delle Entrate di Lecce non solo non ha evidenziato le motivazioni per il recupero fiscale, ma non ha neppure dimostrato la pericolosità del contribuente nel disfarsi dei propri beni.
Infatti, La Velialpol S.r.l., difesa dal noto tributarista leccese, ha eccepito sia la genericità dei rilievi fiscali contestati sia la correttezza contabile, fiscale e finanziaria, che non giustificavano affatto l’adozione di misure cautelari che avrebbero compromesso la stabilità della società stessa.
Giovanni D’Agata presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, tiene a sottolineare l’importanza della decisione in questione, per lanciare un segnale forte agli uffici fiscali che non devono chiedere misure cautelari invasive, che potrebbero determinare il fallimento delle società, senza prove motivate e documentate, soprattutto in un momento economico di grave crisi come l’attuale dove si deve favorire lo sviluppo delle aziende e non certo determinarne la definitiva cancellazione dal mercato.