Ddl province: intervento del presidente Upi Calabria Wanda Ferro
Riceviamo e pubblichiamo intervento del presidente dell’UPI Calabria, Wanda Ferro sul ddl province:
"Con il disegno di legge sul cosiddetto “svuotamento” delle Province, il Governo rischia di andare incontro ad un nuovo pasticcio istituzionale. Si persegue, con confusi artifici normativi, il tentativo di aggirare la Costituzione, che quando indica le Province come enti costitutivi della Repubblica, al pari dei Comuni e delle Regioni, evidentemente non si riferisce esclusivamente alle funzioni amministrative esercitate ad un livello sovracomunale, ma sottintende la necessità di garantire rappresentanza democratica alle comunità locali, che hanno il diritto-dovere, attraverso il passaggio elettorale, di decidere - e giudicare - le politiche di governo e di sviluppo dei territori. Tra l’altro lo stesso Consiglio d’Europa ha confermato che le ipotesi di riforma dirette ad abolire il mandato elettivo a suffragio universale, violerebbero la Carta europea delle autonomie locali, firmata dall’Italia nel 1985 e ratificata nel 1990.
Nel metodo, quindi, è chiaro che non si può quindi pensare di ‘svuotarè legittimamente le Province, anticipando il passaggio della modifica costituzionale con una legge destinata a creare soltanto una situazione di caos istituzionale. Una confusione che sarebbe anche aggravata dalla annunciata configurazione delle città metropolitane: una soluzione raffazzonata, che si ridurrebbe ad ampliare sugli hinterland i poteri dei sindaci ‘metropolitani’, che spesso faticano ad occuparsi delle periferie delle proprie città. Ma oltre al metodo frettoloso e superficiale, continuiamo a sottolineare nel merito la scelleratezza di una riforma che oltre ad essere anticostituzionale, finirà per aumentare i costi per i cittadini anziché produrre economie, con un complessivo peggioramento dei servizi offerti alla collettività.
Il ministro Del Rio parla dei presunti risparmi, ma dimentica che soppressione degli enti intermedi comporterebbe la necessità di riorganizzare il patrimonio immobiliare, di trasferire contratti e convenzioni, di rivedere il sistema della finanza locale, senza contare la spesa del trasferimento dei dipendenti alle Regioni, con un costo medio sensibilmente più alto. Non di minore importanza è la situazione di totale confusione con la quale dovranno confrontarsi i cittadini e le imprese durante la lunga fase di transizione, nella quale sarà difficilissimo individuare il giusto interlocutore per le tante necessità quotidiane che richiedono un rapporto diretto con la pubblica amministrazione: sarà un prezzo enorme in termini economici e di efficienza che ricadrà quasi interamente sui cittadini già colpiti dalla crisi e da una burocrazia ancora troppo macchinosa.
Infine non è da sottovalutare il danno, incalcolabile per la collettività, che verrà causato, con lo smembramento degli enti e la conseguente perdita della memoria storica, ai fini del contenzioso: se già oggi risulta particolarmente complesso ricostruire vicende amministrative risalenti nei decenni, come potranno difendersi le amministrazioni nelle tante controversie giudiziarie quando le pratiche e i dipendenti verranno dispersi in enti diversi? Se da un lato, quindi, si rende evidente la necessità di rivisitare l’intero apparato burocratico statale – enti intermedi compresi – nella direzione dell’efficienza, non si può pensare di placare il diffuso sentimento di antipolitica sacrificando le Province come un capro espiatorio. Proprio quelle Province che, più degli altri enti, hanno dimostrato di offrire servizi efficienti ai cittadini riducendo i costi ed eliminando gli sprechi."