Arcidiocesi di Bova, la Scuola, educazione e libertà per la sfida del futuro
Arcidiocesi di Bova, la Scuola, educazione e libertà per la sfida del futuro.
La riflessione della quarta giornata della Settimana dell’Educazione, promossa dall’Arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova, ha focalizzato il mondo della Scuola e dell’Università, le sue istanze e proposte educative. Protagonista d’eccezione è stato il Prof. Giuseppe Mari, Ordinario di Pedagogia Generale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Il prof. Mari ha avuto modo di sviluppare la sua riflessione in tre momenti distinti: al mattino ha incontrato i sacerdoti, nel pomeriggio gli insegnanti, in particolar modo quelli di Religione Cattolica, e in serata un gruppo di Universitari radunatisi presso i locali della Parrocchia S. Maria Cattolica dei Greci.
Al mattino, presso l’Aula Magna del Seminario Pio XI, il prof. Mari ha guidato i sacerdoti del clero reggino a riflettere su come l’emergenza educativa, che oggi si registra negli ambienti parrocchiali e non solo, può diventare un’autentica sfida. Come tutte le sfide, anche quella educativa va colta e affrontata nel modo giusto: “è necessario approcciarsi al disagio giovanile non come ad una malattia, ma come ad una questione morale”. La società dei consumi, che produce per consumare e consuma per produrre, prospera solo sui bisogni, veri ed indotti. “Così l’autostima è fondata solo sulla conquista dei beni: il mio valore sono i beni che possiedo. È necessario recuperare, invece, il senso vero del valore di ogni persona”. La strada suggerita è quella già tracciata dal filosofo Kant. Per il filosofo tedesco “l’umanità è essa stessa dignità”, ossia: “l’uomo non può mai ridursi ad essere trattato dall’uomo stesso come un semplice mezzo, bensì deve essere trattato sempre anche come un fine”.
Ma la Chiesa non è da sola in questo percorso di recupero dell’autostima del mondo giovane. Anche la Scuola gioca un ruolo chiave nel contesto educativo in cui gli studenti crescono e maturano. Alle 17, presso l’Aula Magna del Liceo Classico Campanella, il prof. Mari, accolto dalla preside Rao e dal Direttore dell’Ufficio per l’Insegnamento della Religione Cattolica, don Umberto Lauro, si è rivolto agli insegnanti parlando loro da insegnante. La sua riflessione è stata articolata in tre ambiti: Cosa significa educare? La relazione educativa e La sfida dell’empatia. “Se l’educazione è soltanto un allestimento cognitivo allora non incide sulla persona. Piuttosto l’insegnante deve instaurare una relazione educativa, una relazione che possa promuovere l’umanità dell’alunno”. Non si tratta, però “di una relazione di simpatia, ma di empatia: il docente deve manifestare la sua prossimità e nello stesso tempo mantenere la distanza, promuovendo così l’autonomia e la crescita nella maturità del discente”.
Alle 20.30 tocca ai giovani. Il Prof. Mari ha stuzzicato la loro partecipazione al dibattito con alcune riflessioni: Perché studiare? L’università è una sfida o un’opportunità? Stai viaggiando verso il mondo del lavoro? La riflessione del professore ha trovato origine in una frase di Seneca, scritta in una Lettera a Lucilio: “Anche negli studi, come in tutto il resto, soffriamo di mancanza di moderazione: impariamo non per la vita, ma per la scuola”. La vera motivazione dello studio “è la sfida al futuro. Occhio al trabocchetto del vivere alla giornata, o a leggere il futuro soltanto come una minaccia: essere liberi significa non rassegnarsi”. Mari ha insistito tantissimo sulla libertà: è garanzia di un’educazione efficace, di una maturità raggiunta e ancora da perfezionare allo stesso tempo. È il vero fine di ogni educatore: educare non è soltanto trasmettere conoscenza, ma soprattutto promuovere la libertà dell’altro.