Scura, Sculco e le lacrime del Marrelli a cui non basta un quinto del budget provinciale

2 maggio 2018, 19:50 Il Fatto

A scanso d’equivoci e ancor prima di esser tacciati di pressapochismo se non addirittura di indifferenza e insensibilità verso gli infermi - soprattutto quelli più gravi - è bene metter in chiaro che chi scrive vive in famiglia - come tanti - la costante presenza e pervasività non di una ma di ben due malattie oncologiche.


di Vincenzo Ruggiero

È bene chiarirlo perché altrimenti si rischia di cadere facilmente vittima dei tanti leoni del web, sempre pronti a defecare dalle tastiere cazzeggi gratuiti e fuori luogo. Né tantomeno, sempre chi scrive, è scevro da lezioni di vita sui drammi del male del secolo.

All'incirca tre anni fa, in tempi non sospetti, avevamo avuto il coraggio, controcorrente, di prendere una velata difesa del commissario ad acta calabrese, il lumbard ingegnere Massimo Scura, ricordando in quell’occasione come la situazione economico-finanziaria della sanità regionale fosse arrivata al bandolo della matassa, più volgarmente “alla frutta”, dopo decenni di un massacro ordito egoisticamente da una classe politica ingorda che l’ha utilizzata per i suoi più biechi propositi nepotistici, affaristici ed elettorali. E che ora fa pure spallucce (LEGGI).

Il motivo che spinge a ritornare su questo argomento, spigoloso, difficoltoso, nasce da una presa di posizione del consigliere regionale Flora Sculco (di Calabria in Rete) che ha affidato alla penna una dichiarazione di guerra indirizzata al commissario governativo, vergandogli contro parole di fuoco in nome e per conto di un gruppo (privato) a suo dire oggetto di un “attacco mirato e ricorrente”: tal Marrelli Hospital che, sostiene Sculco, “fin dalla sua nascita” si è “dedicato ad attività di eccellenza” e di elevazione dello “standard qualitativo della sanità crotonese e calabrese” (LEGGI).

Ben vengano sempre le difese istituzionali delle aziende come dei lavoratori di un territorio, quello crotonese, già di per sé martoriato, ma vale la pena puntualizzare, a tal proposito, che l’elevazione a “standard” di “eccellenza”, soprattutto di un servizio sanitario surrogato del pubblico, non è che si conquisti solo con belle parole, bei muri e nomi altisonanti, ma con prassi continuate nel tempo (lungo), con dati di reportistica e casistica scientifica riconosciuti e convalidati; insomma e per farla breve dopo un lungo percorso esperienziale ed operativo, non d’emblée.

Ma il punto non è questo, quantomeno non il solo: il casus belli è sempre e comunque una questione di “denaro”, chiamiamolo pure budget ma sempre di soldoni si parla e pure tanti.

L’ira di Sculco fa eco a quella di Marrelli, Massimo. Sia chiaro, imprenditore e professionista d’indubbie capacità: ma qui stiamo a discutere di interessi pubblici e non di singole persone o di semplici privati, che possono decidere di investire i loro quattrini come e dove meglio gli aggrada ma che conto ce ne devono tenere se alla fine le loro attività imprenditoriali si reggano grazie ai nostri borsellini.

Un’ira, quella di Marrelli, che non nasce da un taglio ma da un asserito insufficiente stanziamento di risorse per la nuova Casa di Cura crotonese (LEGGI): per far funzionare la sua clinica, secondo Marrelli, non basterebbero infatti 4.799.253,44 euro (volutamente riportati al centesimo per sottolinearne l’imponenza, almeno per chi scrive).

Un budget che sarebbe talmente striminzito per i progetti del gruppo crotonese - che come sottolinea la Sculco vuole “sviluppare ulteriormente la propria encomiabile e altamente professionale attività” - da mettere a rischio l’operatività della struttura e, tanto per cambiare, anche le solite e ricorrenti decine di posti di lavoro, a ogni piè sospinto brandite minacciosamente. Come dicono i reggini? Palumba muta non poti essiri servuta?

Fin qui la cronaca ma i numeri a noi pare dicano ben altro, onorevole Sculco!

Dicono per esempio che nel primo anno di attività al Marrelli Hospital sono arrivati da zero oltre 2,9 milioni di euro, il che significa che quest’anno sono stati aumentati dunque di oltre due terzi rispetto a quello precedente, esattamente di poco più di 1,8 milioni.

E se la matematica non è un’opinione allora la domanda è: ma di che stiamo parlando?

Stiamo parlando, ad esempio, di un budget complessivo - ovvero di soldi che “piovono” su tutte le cliniche private del Crotonese - che nel 2017 era di poco più di 32 milioni di euro, per il 2018 elevato a 33,8 di milioni: 1,8 in più.

Se tanto ci dà tanto, non vorremmo sbagliare ma guarda caso corrispondono proprio all’extra budget del Marrelli che, in totale, intercetta esattamente un quinto delle intere risorse sanitarie quest’anno riservate alle case di cura di tutto il territorio (sono sette).

Per dirla ancora in numeri, secondo il decreto di Scura, rispetto al 2017 nel 2018 nel crotonese è stato stanziato oltre il 70% in più di risorse, delle quali il 63% proprio al Marrelli.

E non se ne escano fuori i soliti soloni pronti a urlare istericamente che sia sempre la città di Pitagora la cenerentola della regione.

Delle cinque provincie calabresi, tutte hanno subito tagli che oscillano dal 10 al 12% (rispetto ad una media totale del 21% di sforbiciate), eccezion fatta per Crotone e Catanzaro, rispettivamente con un +5,6 e un +6,8.

Se Scura fosse un complottista, insomma, sarebbe il caso cambiasse mestiere?

Di “accanimento terapeutico” o di “attacco mirato e ricorrente” dovrebbero semmai e forse - a nostro avviso - lamentarsi ben altre strutture, oltre che l’onorevole Sculco!

Strutture, quelle sì, già da tempo accreditate non solo col Servizio Sanitario Nazionale quanto anche dai cosiddetti nodi che ne hanno decretato un livello d’eccellenza ma dopo un lungo e vorticoso percorso esperenziale.

Strutture che hanno al loro attivo decenni d’attività, migliaia di interventi, ricerche scientifiche, pubblicazioni e, non per ultimo, anche loro qualche centinaio di risorse umane e professionali equamente stipendiate, garantite e qualificate.

Strutture, in fine, che in qualche caso si sono viste decurtare da un anno all’altro cifre importanti - secondo uno schema ed una metodologia oscura a noi semplici cittadini - e di cui non c’è traccia di alcuna lamentela mediatica o politica (se non per i laboratori d’analisi, ma solo dopo la loro eclatante protesta).

L’impressione, probabilmente sbagliata, è dunque che l’onorevole Sculco - forse presa nella sua foga letteraria e battagliera - il Dca 70 del commissario Scura non se lo sia letto affatto o che, magari, abbia glissato proprio sulle tabelle allegate con tanto di cifre a sei e sette zeri.

Politica e ragioneria, d’altronde, non è che siano mai andati molto d’accordo mentre politica e imprenditoria, invece, d’accordo pare si siano sempre trovati.