Quando Salvini strinse la mano a Leonardo Sacco accusato e condannato di ‘ndrangheta dal giudice Gratteri

10 agosto 2019, 14:31 100inWeb | di Vito Barresi

Via col vento e l’afa meridiana. Misteri e Ministeri di Viaggi estivi verso sud. Ognuno prenda la propria via, imbocchi il proprio destino. La travolgente marcia di Matteo Salvini a Mezzogiorno punta dritto verso la Calabria, destinazione l'Isola, Le Castella. E nella berlina blindata della Polizia di Stato tornano a galla, come moto d’acqua in un rondò veneziano secessionista e differenziato, i ricordi di poco meno di qualche anno fa, la memoria condivisa sulla stampa, sul web, in televisione che si fa data base di una storia, di un'altra, ennesima autobiografia italiana, di un uomo solo al comando.


di Vito Barresi

Era il 2 luglio del 2015 quando Salvini venne in Calabria, ad Isola Capo Rizzuto. Giornata memorabile per le contestazioni subite, i vattene a fare gridati da molti giovani (QUI), all'allora caporalmaggiore leghista che ancora in qualche modo era in “mano” di Maroni, Bossi, Belsito e pure la Trota.

Altri tempi, protagonisti, comparse. Ed evidentemente altri fotografi che dietro o accanto a quelli ufficiali immortalarono l’incontro davvero storico tra il Capitano russofilo che sarebbe divenuto il più acerrimo nemico dei profughi, fin quasi a farli morire in mare, e colui che a qual tempo era il più grande “monopolista” quasi uno schiavista ai tempi della Guerra di Secessione Americana, che “gestiva e controllava” in nome e per conto dello Stato in appalto, ingenti flussi migratori globali tra Africa, Asia, Mar Mediterraneo e Italia, il governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto, Leonardo Sacco.

Nell’album sociale della Misericordia spicca la foto molto friendly, molto ammiccante, molto d’intesa estemporanea tra Matteo Salvini e Leonardo Sacco, Presidente del sodalizio volontario travolto da una maxi inchiesta giudiziaria (QUI), che rase al suo il sistema di accoglienza e di allegra gestione dei migranti.

Lo stesso Sacco di recente condannato a quasi venti anni di carcere (QUI), dopo una sconvolgente verifica del suo operato condotta dal Procuratore Capo Antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri, che lo inchiodò alle sue colpe non da solo ma in compagnia di numerosi affiliati ai principali clan di ‘ndrangheta del comune crotonese.

Di quel giorno, dell’attimo sfuggente che collegò senza alcun grado di distanza, restano i ricordi e ovviamente le parole dette, le dichiarazioni scritte, diffuse a proposito dell’attuale Ministro degli Interni che in questi giorni pure recalcitra a presentare le proprie dimissioni, insieme a quelle della sua delegazione di governo, nelle mani di qualcuno costituzionalmente abilitato, tipo ovviamente il Presidente del Consiglio Conte o della Repubblica Mattarella.

Nelle foto dei ricordi come spesso accade si può rapidamente e sommariamente sfogliare la memoria politica italiana, non fosse altro che oltre la simpatia di allora e la stretta di mano amichevole tra Sacco e Salvini, sembrò combinarsi una certa chimica che sfociò nell’immediato in questa dichiarazione da parte della Misericordia pubblicata dalle principali agenzie di stampa nazionali:

“l’onorevole Salvini ha visitato il centro di accoglienza di Sant’Anna gestito dalle misericordie, ad accompagnarlo durante la visita il vice presidente nazionale delle Misericordie e Leonardo Sacco e la vicedirettrice Caterina Ceraudo, davanti ai giornalisti l’onorevole Salvini si è complimentato per l’efficienza della gestione da parte degli operatori delle Misericordie.”

Caspita, corbezzoli! Se Salvini ha governato la sicurezza e l’ordine pubblico come ci ha visto lungo con Leonardo Sacco, prima e dopo gli italiani stanno davvero freschi in questi giorni di torrida calura agostana.

Sacco, nella foto con un Salvini quando non era ancora ministro, è stato poi condannato a 17 anni e quattro mesi di reclusione (l’accusa ne aveva chiesti 20), oltre a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici.

Nei riguardi dell’ex vicepresidente nazionale delle Misericordie che nel ruolo di governatore della fraternita di Isola di Capo Rizzuto, la Cassazione confermò l’accusa di far parte del clan Arena, a livello “apicale”, poiché ritenuto dalla Dda di Catanzaro come colui che avrebbe “garantito e assicuratoalla ‘ndrangheta il servizio di catering dei pasti del Cara per migranti di Sant'Anna (QUI).

Un business durato per circa dieci anni, a partire dal 2006, e che avrebbe assicurato dei proventi milionari attraverso “un sistema di fatture gonfiate, documentanti prestazioni e costi totalmente o parzialmente inesistenti”.

Metodo che venne utilizzato per “accaparrarsi la quasi totalità delle risorse stanziate per l’assistenza ai migranti ricoverati nel centro” che, dopo il Cara di Mineo, è il secondo più grande hub di accoglienza.”