Bufera Misericordie, Cassazione conferma: “Sacco nel clan Arena a livello apicale”
Sono state depositate le motivazioni della sentenza della Cassazione - del febbraio dell’anno scorso - con la quale gli ermellini avevano respinto il ricorso presentato dai legali di Leonardo Sacco per l’accusa di associazione mafiosa.
L’unica imputazione da riscontrare, riesaminando le convenzioni tra Prefettura e Misericordie, è ora quella relativa a sei presunti episodi di malversazione, e per la quale è stata già fissata la nuova udienza davanti al Tribunale del Riesame di Catanzaro.
La Cassazione ha dunque confermato l’accusa di far parte del clan Arena, a livello “apicale”, nei confronti dell’ex vicepresidente nazionale delle Misericordie che nel ruolo di governatore della fraternita di Isola di Capo Rizzuto è stato individuato dalla Dda di Catanzaro come colui che avrebbe “garantito e assicurato” alla ‘ndrangheta il servizio di catering dei pasti del Cara per migranti di Sant'Anna.
Un business che sarebbe durato per circa dieci anni, ovvero a partire dal 2006, e che secondo l’accusa avrebbe assicurato dei proventi milionari attraverso “un sistema di fatture gonfiate, documentanti prestazioni e costi totalmente o parzialmente inesistenti”.
Un metodo che, sempre secondo i magistrati, sarebbe stato utilizzato per “accaparrarsi la quasi totalità delle risorse stanziate per l'assistenza ai migranti ricoverati nel centro” che, dopo il Cara di Mineo, è il secondo più grande hub di accoglienza.
A ricostruire l’infiltrazione mafiosa nel Cara del crotonese è il verdetto 4087, depositato dalla Cassazione il 28 gennaio scorso dopo una “gestazione” durata quasi un anno: la relativa udienza risale al 6 febbraio dell’anno scorso, infatti, quando è stato respinto il ricorso di Sacco contro la custodia in carcere, convalidata dal Tribunale del Riesame di Catanzaro il 15 giugno 2017.
Ad avviso degli “ermellini”, dunque, il materiale accusatorio dimostrerebbe una “plausibilità logica e giuridica” concernente “la responsabilità” di Sacco - che è attualmente recluso a Rebibbia – “in ordine al delitto di cui all’art. 416bis cp”, ovvero l’associazione mafiosa.
Intanto per l’ex governatore della Misericordia è in corso il processo di primo grado con rito abbreviato - scelto da 85 degli oltre cento indagati nell’inchiesta scaturita dalla nota operazione “Jonny” (LEGGI): la Procura ha chiesto venti anni di reclusione per Sacco.
Gli “ermellini” lo ritengono come il “figlioccio adottivo” di don Eduardo Scordio, personaggio definito “insospettabile” ed anche lui in carcere: sua sarebbe stata la “proposta di affari” agli Arena (LEGGI).
Il clan - sostengono i magistrati - nel 2006 avrebbe raggiunto la “pax mafiosa” con la famiglia rivale dei Nicoscia “al fine di meglio sfruttare la fonte inesauribile di erogazione di denaro pubblico che si riversava sul territorio per la gestione del centro di accoglienza”.
“Una parte degli utili così conseguiti – aggiungono i supremi giudici - secondo il piano abilmente congegnato, sarebbe rimasta nella disponibilità del suo artefice, Eduardo Scordio, e nella disponibilità dell’altro sodale che avrebbe garantito e assicurato l’attuazione dell’illecito sistema: Leonardo Sacco, governatore della Misericordia e figlio adottivo dello Scordio, colui che avrebbe preparato i bandi di gara, assegnato i subappalti, erogati i pagamenti ai fornitori”.
Uomini della ‘ndrangheta - il riferimento è a Angelo Muraca e Antonio Poerio - che fino a poco prima “avevano redditi al limite dell’indigenza, erano divenuti nel giro di poco tempo, gestori di fiorenti attività di ristorazione, finanziate con capitali della cosca, ed avevano ottenuto in subappalto l’assegnazione” del catering del Cara crotonese “aggiudicato alla Confederazione delle Misericordie d’Italia e da questa affidato alla sua articolazione periferica di Isola di Capo Rizzuto”.
Secondo le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, per gli “ermellini” “tutt'altro che generiche”, il clan dava a Sacco anche il 10% dei proventi dell’usura per fare “investimenti” dato che era “un abile broker”.