Eolico off-shore: Crotone prenda esempio da Civitavecchia

10 marzo 2022, 08:29 Imbichi

In un momento storico così delicato, quanto accaduto a Civitavecchia è passato in secondo piano. Eppure dovrebbe interessarci: non bastino le similitudini con Crotone - dal passato industriale alla riconversione, fino ai difficili rapporti con le multinazionali energetiche - ecco che si affaccia l'urgente necessità di “autonomia energetica”. E lì hanno saputo far fronte comune, presentando un progetto condiviso che punta proprio su una risorsa che noi stiamo avversando.


di Francesco Placco

Lunedì prossimo (14 marzo) si terrà un consiglio comunale con un unico punto all'ordine del giorno: i parchi eolici off-shore.

I più attenti ricorderanno che il Comune di Crotone ha già tenuto un consiglio a tema, dove il progetto è stato "bocciato" (LEGGI) sulla scia di quanto già accaduto anche ad Isola Capo Rizzuto (LEGGI) ed altri comuni costieri.

Questa volta però l'invito a partecipare è stato esteso al presidente della Regione, al presidente della Provincia ed ai sindaci dei Comuni interessati dal progetto.

Il riferimento è al progetto del parco eolico Minerva (LEGGI), presentato sul finire dello scorso anno: 45 turbine eoliche posizionate tra 13 e 29 miglia nautiche dalla costa del Golfo di Squillace, per un produzione annua stimata in 2,4 terawatt.

Una notizia che, appena diffusa, ha generato un vespaio di polemiche, così come accaduto per il rigassificatore ed per l'impianto di biogas (LEGGI) e per ogni altra tipologia di impianto industriale.

Probabilmente (ma spero di sbagliarmi) il Consiglio comunale sarà l’ennesima passerella dei bastian contrari. Anche in un periodo di crisi energetica ci sarà chi si dirà contrario ad una fonte di energia rinnovabile, per altro in zona contigua.

Ed è curioso che i sindaci cerchino una posizione compatta per contrastare un impianto che non rientra nelle loro competenze territoriali, dato che per le oltre 500 pale eoliche installate nel crotonese raramente (e solo di recente, come a Cirò) è stato pubblicato anche un solo comunicato, quando era il momento.

Il rischio, in soldoni, è un classico e perentorio no a prescindere. Un no ingiustificato, se non per mero campanilismo o per ingiustificati timori.

Un allarme già lanciato da Legambiente, che ha invitato gli amministratori locali a non stigmatizzare le fonti rinnovabili (LEGGI): al contrario, andrebbero implementate in progetti di più vasta portata, soprattutto se meno impattanti.

Ma la classe politica locale, ancorata ed arroccata in un mondo ideale dove può dire sempre di no a tutto, saprà recepire la necessità di applicare questo cambio di passo?

Non lo sappiamo. Quel che sappiamo, però, è che non bisogna andare lontano per vedere un approccio diverso. E non serve andare nei paesi che producono più energia dall’eolico off-shore (QUI): bastano poco meno di 700 chilometri in auto per raggiungere Civitavecchia e prendere ad esempio un lavoro portato avanti dai sindaci, dai sindacati, dalle associazioni ambientaliste, dai comitati cittadini e persino dalla Regione. Perché li tutti si sono spesi, insieme, proprio per avere un impianto eolico off-shore.

Il problema, a Civitavecchia, riguarda la riconversione e l’alimentazione di una centrale elettrica, la Torrevaldaliga Nord dell'Enel.

L'idea iniziale del Governo prevedeva il passaggio dal carbone al gas, ma come ben sintetizzato nei pochi articoli di giornale che hanno ripreso la questione:

Civitavecchia paga 70 anni di inquinamento con una densità di centrali a carbone con pochi eguali al mondo: tre nel giro di poche decine di chilometri”.

Motivo per il quale l’idea di alimentare le centrali a gas è stata fortemente avversata, finendo al centro di numerosi dibatti e convegni (QUI) per trovare una soluzione differente basata sulle energie rinnovabili.

Il punto di convergenza si è trovato proprio su un impianto eolico off-shore, da finanziare (almeno in parte) con i fondi del Pnrr.

La centrale elettrica dunque continuerà ad esistere, a funzionare, a dare lavoro ed a produrre la preziosa corrente, ma lo farà tramite fonti rinnovabili situate grossomodo ad una trentina di chilometri della costa.

Una situazione win-win che ha trovato il sostegno anche della politica locale, oltre che di Eni ed Enel. La mobilitazione, la compattezza e forse anche la consapevolezza di dover dare una spinta a queste benedette rinnovabili produrrà un progetto apripista nel Lazio, seguito anche dalla Puglia (con un parco eolico off-shore a largo di Taranto) ed anticipato per certi versi dalla Sardegna.

In Calabria, al contrario, ci fossilizziamo (termine quanto mai adeguato) su altri aspetti. Le risorse continuano ad essere percepite come minacce, con lo spauracchio ed i timori delle possibili ricadute economiche negative che tali impianti potrebbero avere.

È un continuo ripetere che il territorio “ha già dato”, cosa vera ed incontestabile, ma usata come scusa, come alibi, per pretendere di non dare più, di non contribuire ad un cambiamento quanto mai necessario, ed oggi, con il conflitto russo-ucraino ancora in corso, ancora più evidente e con sicure ripercussioni sul nostro futuro.

Insomma, sarebbe il momento giusto per fare un discorso regionale e pretendere che quanto fatto a Civitavecchia sia fatto anche alla centrale elettrica di Rossano, ad esempio.

Riconvertire la produzione di energia elettrica da oli e gas a fonti sostenibili, con la consapevolezza che non esiste un’autarchia rinnovabile ma, bensì, che questa rappresenta un enorme aiuto sia in termini ambientali che economici.

Iniziare sfruttando i soldi in arrivo anziché buttarli in inutili progetti di cementificazione o costruzione. Questo, sarebbe un approccio strategico al futuro sempre più incerto che ci attende.

Il Comune di Crotone, il prossimo lunedì, metterà chiaramente in luce la sua posizione sul tema. La politica locale saprà recepire l'urgenza di queste misure? Si proporrà parte attiva per formulare progetti concreti da realizzare anche sul territorio? O preferirà cedere ai soliti cliché acchiappa like da social?